Se chiudo gli occhi è un romanzo di Simona Sparaco edito da Giunti e pubblicato il 29 ottobre 2014.
“Credi solo in quello che vedi. Il fatto che tu sia l’unico a vederlo, non vuol dire che non esista.”
Torna Simona Sparaco, dopo il successo del romanzo precedente “Nessuno sa di noi” che si è meritato anche una nomination nella cinquina del Premio Strega, con questo nuovo libro, che è un viaggio alla ricerca di sé e delle proprie origini per superare gli anni del silenzio, affrontare le paure più profonde e perdonare.
“Pur di attirare l’attenzione, saresti stato capace di far suonare tutti gli allarmi del centro commerciale.
Tu, l’uomo dei grandi ritorni, e io l’ingrata che non apprezza. Invece ti sei ritratto, come un animale senza tana. Per una volta dovevo averti sorpreso, rubandoti la scena. Sei uscito dal negozio senza quasi fare rumore, appena il sibilo sommesso delle porte scorrevoli.”
Viola nella vita ha imparato molto bene una cosa: a nascondersi. I vestiti di una taglia troppo grande, un impiego ben lontano dalle sue passioni di bambina, quando inventava storie e le appuntava su fogli di carta, un bravo ragazzo come marito, con cui però, forse, l’amore non c’è mai stato. Poi un giorno, mentre sta sviluppando alcune fotografie nel negozio in cui lavora, si fa largo tra la folla del centro commerciale un uomo alto e dinoccolato, ancora bello nonostante l’età: è suo padre, l’artista famoso, l’irregolare, l’eterno bambino. È tornato, è venuto a cercarla per proporle un viaggio nella loro terra d’origine e per dirle qualcosa di molto importante. Ma come fidarsi un’altra volta dell’uomo
che l’ha abbandonata? Come credere di nuovo a una delle sue funamboliche storie? La tentazione però è troppo forte e Viola accetta. Mentre un paesaggio innevato scorre oltre il finestrino, l’inaspettata sincerità di quell’uomo disarmato inizia a far breccia nelle difese di Viola e quando insieme arrivano alle pendici dei Sibillini, dove è custodito un antico segreto, una nuova forza la travolgerà: la forza dell’amore, che Viola non ha mai conosciuto, della verità, del perdono, di un luogo che la chiama a sé con la sua luce misteriosa e avvolgente. È un viaggio davvero magico se il prezzo della felicità è abbandonarsi con gli occhi chiusi al potere della vita che è pronto ad accoglierci.
“La mitologia racconta che Circe offrì a Ulisse una bevanda in un calice per sedurlo e trascinarlo con sé nell’oblio. Mio padre citò la maga dell’Odissea per raccontarmi l’ingresso di mia madre nella sua vita. L’avevo seguito fin lì per conoscere la verità. Ma non ero preparata a scoprire che ero stata uno sbaglio del destino. Una figlia rubata.”
Le recensioni sono tutte favorevoli, parlano di un romanzo piacevole, scorrevole ed intenso. L’autrice mostra una capacità narrativa sorprendente trattando con maestria il difficile rapporto padre e figlia.
Il giorno in cui sei ricomparso nella mia vita ero al lavoro. Facevo la commessa in un negozio di fotografie al terzo piano di un centro commerciale. Un cubicolo, lungo e stretto, dove il sole era sostituito da una decina di faretti alogeni e bastava un interruttore per farlo sorgere.
La notte precedente al nostro incontro avevo fatto uno strano sogno. Ero distesa in un bosco, ombra tra le ombre, paralizzata da un terrore crescente, ma al tempo stesso sedotta da una voce che mi chiamava, remota e indecifrabile, come il canto di una sirena. Mi ero svegliata di soprassalto, pensando a te, con il presentimento che qualcosa di tremendo stesse per succedere. Puoi censurare gli affetti, ma i sogni no. I sogni vanno fino in fondo.
Quel giorno stavo sfogliando la stampa di fotografie che raccontava una passeggiata in alta montagna. Del mio lavoro, trovato per ripiego, mi piaceva solo l’idea di scrutare tra le vite di perfetti sconosciuti, un po’ come occhieggiare dalla strada l’interno illuminato di una casa. Per la maggior parte, erano vacanze. Indovinavo la vita di avvocati, giudici e ingegneri in maglietta e calzoncini, con la faccia bruciata dal sole e la famiglia sottobraccio. Con Laura, la titolare del negozio, avevamo perso interi pomeriggi a cercare qualcuno che ci sembrasse davvero felice. Ma da dietro la superficie lucida della carta, cristallizzate in un sorriso artificioso, le persone mi apparivano quasi sempre vulnerabili, spaesate. Fuori luogo.
A un certo punto ho sollevato lo sguardo, l’ho spinto fino alla soglia del negozio, e ti ho visto.
Eri invecchiato e dimagrito, e avevi un sorriso incerto, nient’altro che una curva dimessa delle labbra. Come fossi anche tu l’immagine cristallizzata di una fotografia.