Sabato 12 settembre, a Venezia sul palco della Fenice, da una giuria composta da 300 lettori anonimi, è stato decretato il vincitore della 53ma edizione del Premio Campiello, premio letterario, istituito nel 1962 per volontà degli Industriali del Veneto, che viene assegnato a opere di narrativa italiana.
Il vincitore è Marco Balzano con L’ultimo arrivato (107 voti), al secondo posto Antonio Scurati con Il tempo migliore della nostra vita (75 voti), al terzo Carmen Pellegrino con Cade la terra (35 voti), il quarto posto per Paolo Colagrande con Senti le rane (34 voti) , chiudere la cinquina Vittorio Giacopini con La mappa (21 voti).
Il Premio Campiello Opera Prima è stato vinto da Enrico Ianniello per il romanzo d’esordio La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin.
Il Premio Campiello Giovani 2015 è stato vinto da Eva Luna Mascolino, ventenne di Catania, che ha scritto il racconto Je suis Charlie.
Commovente è stata la consegna del Premio Fondazione il Campiello (il Campiello alla carriera), assegnato a Sebastiano Vassalli, scomparso da poco, per la sua opera narrativa di grande spessore etico e storico, a ritirare il Premio è stata la vedova di Sebastiano Vassalli, Paola Todeschino.
La serata la finale del Campiello è stata condotta da Geppi Cucciari e Neri Marcorè per il terzo anno consecutivo. E’ stata trasmessa in diretta sul satellite, ma noi comuni mortali, con pochissima connessione, abbiamo potuto seguire la serata su twitter, grazie a Piego di Libri Blog.
Conosciamo i protagonisti di questa edizione del Premio Campiello 2015:
Cominciamo col vincitore, Marco Balzano, nato a Milano nel 1978, dove vive e lavora come insegnante di liceo. Ha esordito nel 2007 con la raccolta di poesie Particolari in controsenso (Premio Gozzano). Nel 2008 è uscito il saggio I confini del sole. Leopardi e il Nuovo Mondo (Premio Centro Nazionale di Studi Leopardiani). Il suo primo romanzo è Il figlio del figlio (finalista Premio Dessì 2010, menzione speciale della giuria Premio Brancati-Zafferana 2011, Premio Corrado Alvaro Opera prima 2012), tradotto in Germania presso l’editore Kunstmann. Seguono Pronti a tutte le partenze (2013) e L’ultimo arrivato (2014) che gli ha regalato la vittoria.
L’ultimo arrivato.
In un’epoca non troppo lontana ci si spostava dal Meridione al Nord in cerca di lavoro. E a lasciare case e famiglie non erano solo ragazzi e uomini pronti all’esperienza e alla vita, ma anche bambini, spesso di meno di dieci anni di età, che partivano da soli, senza genitori e fratelli. Questo romanzo è la storia di uno di loro, Ninetto detto Pelleossa, che da bambino abbandona la Sicilia e si reca a Milano. Come racconta lui stesso, “non è che un picciriddu piglia e parte in quattro e quattro otto. Prima mi hanno fatto venire a schifo tutte cose, ho collezionato litigate, digiuni, giornate di nervi, e solo dopo me ne sono andato via. Era la fine del ’59, avevo nove anni e uno a quell’età preferirebbe sempre il suo paese, anche se è un cesso di paese e niente affatto quello dei balocchi. Ma c’è un limite e quando la miseria ti sembra un cavallone che ti vuole ingoiare è meglio che fai la valigia e fuggi, punto e basta”. Ninetto a Milano scoprirà la vita, e se stesso, come può scoprire le cose un bambino che non capisce più se è “picciriddu” o adulto, e si trova lì nel mezzo, con gli occhi spalancati su un mondo nuovo e sorprendente e il cuore stretto dalla timidezza, dal timore, dall’emozione dell’ignoto.
Al secondo posto Antonio Scurati, ricercatore allo IULM di Milano, coordina il Centro studi sui linguaggi della guerra e della violenza e insegna all’Università di Bergamo Teorie e tecniche del linguaggio televisivo.
Editorialista della «Stampa» è anche columnist di «Internazionale».
Nel 2005 ha vinto il Campiello con il romanzo Il sopravvissuto. I suoi romanzi sono pubblicati da Bompiani; nel 2011 pubblica La seconda Mezzanotte e nel 2013 Il padre infedele. Nel 2015 arriva al secondo posto del Campiello con Il tempo migliore della nostra vita.
Il tempo migliore della nostra vita.
Leone Ginzburg rifiuta di giurare fedeltà al fascismo l’8 gennaio 1934. Pronunciando apertamente il suo “no”, imbocca la strada difficile che lo condurrà a diventare un eroe della Resistenza. Un combattente mite, integerrimo e irriducibile che non imbraccerà mai le armi. Mentre l’Europa è travolta dalla marcia trionfale dei fascismi, questo giovane intellettuale formidabile prende posizione contro il mondo servile che lo circonda e la follia del secolo. Fonderà la casa editrice Einaudi, organizzerà la dissidenza e creerà la sua amata famiglia a dispetto di ogni persecuzione. Questa è la sua storia vera dal giorno della sua cacciata dall’università fino a quello in cui è ucciso in carcere. Nel racconto rigoroso e appassionato con il quale Scurati le rievoca, accanto a quella di Leone e Natalia Ginzburg, scorrono però anche le vite di Antonio e Peppino, Ida e Angela, i nonni dell’autore, persone comuni nate negli stessi anni e vissute sotto la dittatura e le bombe della Seconda guerra mondiale. Dai sobborghi rurali di Milano convertiti all’industria ai vicoli miserabili del “corpo di Napoli”, di fronte ai fucili spianati, le esistenze umili di operai e contadini, artisti mancati e madri coraggiose entrano in risonanza con le vite degli uomini illustri. Accostando i singoli ai grandi eventi, attraverso documenti, fotografie e lettere, ricordi famigliari e memoria collettiva, Antonio Scurati resuscita il nostro passato. E’ un racconto avvincente e insieme commovente in cui si stagliano figure esemplari con il loro lascito inestimabile e quelle di persone comuni, fino a scoprirne la profonda comunanza: le nascite e le morti, i libri e i figli, le case abitate o evacuate, la vita privata che per tutti si attiene a una medesima trama elementare, in cui si risuonano fatti memorabili e trascurabili e in cui la “grande storia” incontra le storie di noi tutti.
Al terzo posto Carmen Pellegrino, storica e scrittrice italiana. Ha compiuto i suoi studi sui nodi salienti della modernità, concentrandosi sui movimenti collettivi di dissidenza (’68 napoletano. Lotte studentesche e conflitti sociali tra conservatorismo e utopie, 2008), e focalizzando successivamente le sue ricerche sul razzismo, l’esclusione sociale e le condizioni di sfruttamento dei migranti (Le ore della mia giornata, pubblicato nell’antologia Qui si chiama fatica: storie, racconti e reportage dal mondo del lavoro, 2010, vincitore del premio reportage Napoli Monitor). Nel 2011 ha curato con C. Zagaria il volume Non è un paese per donne: racconti di straordinaria normalità, mentre è del 2015 il romanzo Cade la terra che le regala il terzo posto del Premio Campiello.
Cade la terra.
Alento è un borgo abbandonato che sembra rincorrere l’oblio, e che non vede l’ora di scomparire. Il paesaggio d’intorno frana ma, soprattutto, franano le anime dei fantasmi che Estella, la protagonista di questo intenso e struggente romanzo, cerca di tenere in vita con disperato accudimento. Voci, dialoghi, storie di un mondo chiuso dove la ricchezza e la miseria sono impastate con la stessa terra nera. Capricci, ferocie, crudeltà, memorie e colpe di un paese condannato a ritornare alla terra. Come tra le quinte di un teatro ecco aggirarsi un anarchico, un venditore di vasi da notte, una donna che non vuole sposarsi, un banditore cieco, una figlia che immagina favole, un padre abile nel distruggerle. Con Carmen Pellegrino l’abbandonologia diviene scienza poetica. E questo modo particolare di guardare le rovine, di cui molto si è parlato sui giornali e su internet, ha finalmente il suo romanzo.
Il quarto posto per Paolo Colagrande, nato nel 1960, Vive a Piacenzaha, ha vinto nel 2007 il Premio Campiello Opera Prima con Fídeg, suo romanzo di esordio per Alet edizioni. Tra i suoi ultimi libri ricordiamo, Kammerspiel (2008) e Dioblú (2010). Per nottetempo ha pubblicato Senti le rane nel 2015 che lo ha fatto arrivare tra i finalisti di questa edizione.
Senti le rane.
Al tavolino di un bar, Gerasim racconta a Sogliani la storia di un terzo amico seduto poco più in là, ed è una storia molto avventurosa. Ebreo convertito al cattolicesimo per chiamata divina, Zuckermann prende i voti e diventa “il prete bello” di Zobolo Santaurelio Riviera, località balneare di “fascia bassa”: agli occhi dei fedeli passa per un santo, illuminato, alacre e innocente. Ma un pomeriggio di fine estate, mentre intorno al suo nome diventano sempre più insistenti le voci di miracoli, a Zuckermann si offre la visione della Romana, la figlia diciassettenne di due devoti parrocchiani. Da lì in poi, fra pallidi tentativi di espiazione, passioni e gelosie, cui fanno da contrappunto le vaneggianti digressioni di Gerasim e Sogliani, dall’Uomo vitruviano agli etologi fiamminghi, dagli asceti di Costantinopoli all’Ikea, da Rossella O’Hara all’olio di nespolo babilonese, lentamente si consuma una tragedia sentimentale che travolge l’intera comunità e trova il suo epilogo in riva a un fosso…
Chiudere la cinquina dei finalisti Vittorio Giacopini, giornalista e redattore; lavora nell’agenzia di stampa TMNews, collabora con «Lo straniero» ed è conduttore di trasmissioni Rai. Autore di vari saggi come Scrittori contro la politica (Bollati Boringhieri 1999), ha anche scritto alcuni romanzi: Re in fuga. La leggenda di Bobby Fischer (Mondadori 2008), Il ladro di suoni (Fandango 2010) e L’arte dell’inganno (Fandango 2011). Con elèuthera ha pubblicato Una guerra di carta, il Kosovo e gli intellettuali (2000) e No-global tra rivolta e retorica (2002), oltre ad aver curato la raccolta di scritti politici di Albert Camus, Mi rivolto dunque siamo (2009). E ancora: Fuori dal sistema. Il linguaggio della protesta (minimumfax 2004), e Al posto della libertà. Breve storia di John Coltrane (e/o 2005). Con La mappa entra tra i finalisti del Premio Campiello.
La mappa.
Monti, laghi, colline, forre, fortilizi e contrafforti, borghi, strade, slarghi: vedere tutto, come se si fosse per aria, e tutto rappresentare in una mappa, con dettagli minuti, badando a distanze, rilievi, proporzioni: squadrare il mondo, illuminarlo, dargli ordine. È questo l’obiettivo di Serge Victor, ingegnere-cartografo al seguito di Napoleone durante la Campagna d’Italia. Figlio esemplare dei Lumi, nemico di fole balzane e superstizioni, adepto dell'”Encyciopédie” di Diderot e d’Alembert – alle cui parole si aggrappa con una devozione non lontana dal fideismo che la Rivoluzione si era incaricata di smantellare -, Serge Victor riceve l’ordine dal Generale in persona di riprodurre i corsi e i ricorsi della Campagna, di fermare su carta e nel tempo i nuovi confini d’Italia, che il demiurgo Napoleone, N., l’Imperatore, va ridisegnando e riplasmando, sempre più a suo piacimento. Così, mentre il còrso conquista la penisola e, non pago, invade l’Egitto, Serge lavora alla sua magnum opus, in compagnia di uno scalcinato poeta tutto sdegno e fervore e dell’ammaliatrice Zoraide, la sua Maga, che della ragione rappresenta il doppio, il sonno, e prefigura l’assedio portato ai Lumi dalle sotterranee pulsioni che, nella Storia come nell’animo dell’uomo, non conoscono sopore.
Il Premio Campiello Opera Prima, vinto da Enrico Ianniello, attore italiano, si è diplomato alla Bottega Teatrale di Firenze di Vittorio Gassmann. Nel 2011 acquista la popolarità presso il grande pubblico interpretando il commissario Vincenzo Nappi, uno dei ruoli principali della serie TV di Raiuno Un passo dal cielo, a fianco di Terence Hill. Nello stesso periodo lavora anche al cinema nel film Habemus Papam di Nanni Moretti. Nel 2012 è attivo in diverse fiction Rai tra le quali la seconda stagione di Un passo dal cielo. Nel gennaio 2015 esce il suo primo libro La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin.
La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin.
Sulla caviglia dello stivale Italia, là dove sta l’osso pezzillo, nasce il nostro eroe, Isidoro Sifflotin. Nella casetta di Mattinella, che sta su da trecento anni e “non crollerà mai”, il prodigioso guagliunciello Isidoro affina una dote miracolosa, ricevuta non si sa come da Quirino, il padre strabico, poetico e comunista, e da Stella, la mamma pastaia. Qual è questa dote? La più semplice: Isidoro sa fischiare, e fischia in modo prodigioso. Con il suo inseparabile merlo indiano Alì dagli sbaffi gialli, e l’aiuto di una combriccola stralunata, crea una lingua nuova, con tanto di Fischiabolario, e un messaggio rivoluzionario comincia magicamente a diffondersi. Proprio quando il progetto di un’umanità felice e libera dal bisogno sta per prendere forma, succede qualcosa che mette sottosopra l’esistenza di Isidoro. “Tutto quello che cresce si separa”: con addosso questo insegnamento di mamma Stella, Isidoro, ormai ragazzo, scopre Napoli e si imbatte, senza neanche rendersene davvero conto, in un altro linguaggio prodigioso e muto: quello dell’amore.
Fonte biografie www.wuz.it