Si dice arancino o arancina? Rotondo o a punta? Zafferano si o zafferano no? Panatura con uovo o pastella?
Tutte queste domande ne fanno la ricetta della discordia per il popolo siciliano, chiarire una volta per tutte le varie diatribe è impossibile, ma possiamo almeno divertirci a capire il perché di tale contesa.
L’origine di questa pietanza risale alla dominazione araba, è risaputo che il riso era un alimento fondante nella dieta di questi popoli, aromatizzato con zafferano e arricchito da verdure, carne e altri aromi veniva collocato su un vassoio al centro della tavola ed i convitati si servivano allungando una mano e componendo gli originali arancini, la panatura fu un’invenzione successiva, utile a rendere “trasportabile” il pasticcio di riso, qualcuno attribuisce la genialata a Federico II, il quale non voleva privarsene durante le lunghe battute di caccia.
per la Sicilia Occidentale (Palermo e Agrigento) è femmina “Arancina”.
Ad avvalorare la loro tesi ci sarebbe lo scrittore palermitano Gaetano Basile, sostenendo che “la pietanza dovrebbe essere indicata al femminile, in quanto il nome deriverebbe dal frutto dell’arancia, che in lingua italiana è al femminile” ed il professor Giovanni Ruffino, docente di Linguistica Italiana e Accademico
corrispondente dell’Accademia della Crusca che in un’intervista a cronachedigusto.it, conferma questo punto di vista.
Da questa parte della Sicilia non si usa lo zafferano e il riso risulta bianco, la forma è rigorosamente rotonda. Il 13 dicembre, il giorno dedicato a Santa Lucia, a Palermo pane e pasta vengono messi al bando e in tavola si scatena un tripudio di arancine e panelle.
per la Sicilia Orientale (Messina, Catania, Siracusa e Ragusa) è maschio “Arancino”.
Secondo il dizionario Siciliano-Italiano di Giuseppe Biundi del 1857, è innegabilmente masculo , “arancinu”, infatti in siciliano l’arancia è chiamata Aranciu.
Pare che anche dopo l’Unità d’Italia a Palermo venisse usato il termine arancinu, riportato anche nel “Nuovo Vocabolario Siciliano-Italiano” del 1868.
Anche lo scrittore Andrea Camilleri ha preso questa posizione col suo racconto “Gli arancini di Montalbano”.
In questa parte della Sicilia troviamo l’uso dello zafferano, ma non è una regola fissa, i messinesi colorano il riso anche con un po’ di sugo, mentre la forma originale tonda cambia nella forma a cono, quasi a rappresentare il fumante vulcano Etna, infatti tagliandone la punta esce dall’arancino il vapore che ricorderebbe il fumo del vulcano, mentre la superficie croccante della panatura e il rosso del contenuto ne rievocherebbero la lava.
Mentre Trapani non si è schierata, utilizza entrambi i termini.
Il ripieno dell’arancino tradizionale è preparato con il ragù fatto con il macinato, nella zona di Catania si fa anche con pezzi di carne, nel messinese possiamo trovare anche dei dadini di mortadella o prosciutto cotto.
Per quanto riguarda la panatura, la Sicilia si unisce, troviamo le due varianti un po’ dappertutto sia solo con l’uovo che con la classica pastella di acqua e farina, per poi essere impanato nel pangrattato o come diciamo noi “mollica”.
Posso affermare con certezza che maschio o femmina, rotondo o a punta, bianco o giallo, l’arancino (perdonatemi ma da Siciliana Orientale non posso chiamarlo in altro modo) è il re dello street food siciliano ed il suo gusto è superlativo.
Rientrata dalle vacanze estive ho trovato un oggetto strano e nuovo nella mia cucina, comprato da mio fratello, tutto euforico per l’acquisto. L’oggetto in questione è l’arancinotto, uno stampo che permette di creare arancini perfetti ed in poco tempo.
Sono un tipo tradizionalista e non amo queste “diavolerie moderne” come le avrebbe chiamate mia nonna ed ho provato questo oggetto con molto scetticismo, mi sono dovuta ricredere è fantastico!

Ricetta per gli arancini siciliani
Per circa 24 arancini/e
1 Kg di riso
2,2 litri di acqua
120 g di burro
20 g di sale
20 g di dado (2 dadi)
2 bustine di zafferano (oppure 100 g di passata di pomodoro)
Per il ragù:
1 cipolla
1 carota
1 gambo di sedano (io non l’ho messo)
2 foglie di alloro
250 g di macinato di maiale
250 g di macinato di manzo
200 g di piselli
500 ml di salsa di pomodoro (oppure 2 cucchiai si concentrato di pomodoro con 2 bicchieri d’acqua)
1 bicchiere di vino bianco (io ho usato il rosso)
q. b. Sale, pepe e olio extra vergine d’oliva
Formaggio tipo caciocavallo, o mozzarella, o pizzottella, o provola tagliata a dadini uno per ogni arancino.
Preparare il riso: riempire una pentola con l’acqua ed unire il dado, il sale, il burro e lo zafferano e portare ad ebollizione, appena comincia a bollire unire il riso mescolare fino a far asciugare tutta l’acqua.
Dopo versarlo in un contenitore largo, tipo un vassoio e lasciarlo raffreddare.
Preparare il ragù: fare un soffritto con cipolla, carota e olio e.v.o, poi unire le carni e rosolare.
Aggiungere il bicchiere di vino e fare sfumare, dopo unire l’alloro, i piselli, la salsa di pomodoro, sale e pepe. Cuocere a fuoco lento. Raffreddare.
Formare l’arancino utilizzando l’arancinotto secondo istruzione, è facilissimo e veloce
oppure fare come facevano gli antichi, mettere un paio di cucchiai di riso in una mano, schiacciare al centro a formare una conca, versare all’interno un cucchiaino di ragù, un cubetto di formaggio, chiudere con dell’ altro riso e modellarlo per dare la forma tonda o se ci riuscite a mano quella a punta.
Una volta che avete tutti gli arancini pronti potete scegliere se passarli nell’uovo e poi nel pangrattato oppure preparare una pastella con 100 g di acqua e 100 g di farina, immergerli nella pastella e poi nel pangrattato.
Infine friggere in abbondante olio di semi.
Noi abbiamo utilizzato metà pangrattato e metà di farina di mais mischiata per impanare.
Metà li abbiamo preparati con l’uovo e sono venuti più croccanti, personalmente mi sono piaciuti molto, mentre quelli preparati con la pastella sono più morbidi ed amalgamati, altri commensali hanno preferito questa versione. La prima volta potete provare anche voi a farli entrambi e scegliere quella che più vi piace.
Oggi esisto tante varianti alla ricetta classica e ho intenzione di provarle tutte.
Quella più comune è quella “al burro” ovvero besciamella condita con prosciutto e piselli o funghi.
Oppure potete optare per qualche versione più originale :al nero di seppia, alla zucca rossa, gamberetti e asparagi, fiori di zucca e ricotta, alla norma con melanzane, oppure quello al pistacchio di Bronte, al salmone, alla salsiccia, al gorgonzola, al pollo, al pesce, ai frutti di mare, al pesto genovese. Nella zona di palermo si trovano anche quelli dolci al cioccolato e all’amarena, ma non so se ho il coraggio di osare tanto.