C’è chi per allontanare la sfortuna tocca ferro, gli inglesi toccano il legno e gli antichi toccavano un pene. Avete capito bene, un pene o fallo che dir si voglia.
Questa tradizione bizzarra iniziò dalle solite “fuitine” di Zeus e dall’ira funesta di sua moglie Era che, trovando un altro bastardo in famiglia, decise di vendicarsi aumentando a dismisura gli organi genitali del piccolo figlio illegittimo, Priapo. Era non solo ingrandì i suoi attributi maschili ma lo condannò anche ad un’erezione perpetua!
Priapo non fu accettato dagli altri dei e venne espulso dall’ olimpo … sicuramente per l’invidia dei maschietti divini che non reggevano il confronto. Fu comunque venerato sulla terra da tutti: i contadini costruirono statue che riportavano le sue fattezze per proteggere la semina e i campi, le donne lo pregavano per avere una prima notte di nozze piacevole. La gente iniziò a costruire falli di ogni tipo da appendere ai muri, da portare come gioielli, da scolpire sulle porte di casa perché considerati amuleti capaci di scacciare il malocchio e l’invidia.
Bastava toccare un fallo per avere una giornata propizia! Era un dio ultra venerato ma era veramente fortunato? Pensiamo un po’ ai disagi derivanti dalle dimensioni del suo pene: un uomo con un membro gigante e sempre eretto come pensate che dorma? Poteva vestirsi? Come riusciva a camminare? Poteva fare sport? Poteva fare amicizia senza che una donzella pensasse male di lui? Poteva andare a cavallo?
A parte questi disagi quotidiani che il povero dio doveva affrontare, restano in sospeso anche altre domande: perché non ci sono miti che riportano accoppiamenti di Priapo con dee? Forse questo “pen” di Dio rimase sprecato? E’ il classico esempio di “chi ha il pane non ha i denti”? Perché non ebbe figli? Era vergine?
Mi rivolgo quindi ai maschietti: non lamentatevi delle dimensioni del vostro arnese che come ci insegna il mito non vi assicurano successo con le donne … l’importante è usarlo e non appenderlo al muro!
Monia Cannistraci