Il Dio della colpa è il romanzo scritto da Michael Connelly, pubblicato in Italia il 24 Novembre 2015, il quinto thriller con protagonista Mickey Haller, l’avvocato fuori dagli schemi, dal passato difficile alle spalle, che prepara i processi dal sedile posteriore della sua Lincoln, un uomo pieno di difetti e fratellastro del detective Harry Bosch.
“Sentii vibrare il telefono, segno che mi era arrivato un messaggio. Lo controllai e vidi che era stata Lorna a inviarmelo. Aveva dedotto che non potevo rispondere o ascoltare la segreteria telefonica, quindi aveva ripiegato sull’unico mezzo che le restava. Chiamami subito – 187”
Mickey Haller non può certo definirsi un avvocato modello: l’accumularsi di anni di eccessi nel passato e una figlia che ormai è quasi un’estranea e non vuol sapere nulla di lui sono eventi che hanno lasciato il segno e che continuano a condizionare la sua vita.
E, oltre a questi pesi, c’è anche l’esigenza di mandare avanti il suo studio professionale, che molto spesso si riduce a lavorare sui casi dal sedile della sua Lincoln, cercando di affannarsi per mandare avanti una carriera a volte traballante.
Ed è proprio l’attenzione e la ricerca di nuovi casi che lo portano a rispondere immediatamente a un massaggio che gli arriva sul cellulare. Si trova in aula a difendere un cliente da una accusa di aggressione, ma le parole che legge sul suo telefonino lo distraggono dal processo: è la sua segretaria, Lorna, a scrivergli, chiedendogli di mettersi in contatto con lei quanto prima, “chiamami subito. Si tratta di un 187”, queste le parole della donna.
187 in California significa omicidio, e provare a difendere in un caso di omicidio, fra le altre cose, può essere incarico ben remunerativo. Quando però Haller scopre l’identità della vittima le cose cambiano in fretta: si tratta di una prostituta che in passato era già stata sua cliente e per Mickey la questione diventa molto personale.
Credeva di aver convinto la donna ad abbandonare il giro, e invece lei era tornata a prostituirsi: il caso diventa una grande occasione per cercare di confrontarsi con certe sue azioni passate e per capire se anche per lui ci può essere occasione di redenzione o se, al contrario, non ci sia più speranza di fuggire dalle colpe…
Le recensioni parlano di poca suspance e la storia non cattura come le precedenti, ma si fa legge con piacere e Michael Connelly è una garanzia in ogni suo libro, sia che riguardi il dective Bosch sia che riguardi l’avvocato Haller, insomma è un romanzo indicato per chi ama i legal trhiller.
Mi avvicinai al banco dei testimoni sfoggiando un sorriso caloroso e bonario che celava le mie vere intenzioni, e cioè distruggere la donna che era seduta lì con gli occhi fissi su di me. Claire Welton aveva appena identificato il mio cliente come l’uomo che l’aveva costretta a scendere dalla sua Mercedes la vigilia di Natale dell’anno precedente puntandole una pistola alla testa. Aveva dichiarato che era stato lui a buttarla per terra prima di filarsela con l’auto, la sua borsetta e tutti i sacchetti della spesa che aveva caricato sul sedile posteriore nel parcheggio del centro commerciale. Come aveva appena detto al pubblico ministero che la stava interrogando, l’uomo le aveva anche sottratto la sua sicurezza e la fiducia negli altri, anche se non erano questi i furti per cui era stato incriminato.
«Buongiorno, signora Welton.»
«Buongiorno.»
Pronunciò quel saluto con lo stesso tono con cui avrebbe potuto chiedermi: “Per favore, non mi faccia del male”. Ma chiunque in quell’aula sapeva che il mio lavoro era proprio quello di ferirla, per poi fare a pezzi il processo indetto dallo stato contro il mio cliente, Leonard Watts. La signora Welton era una donna matronale sulla sessantina. Non sembrava fragile, ma io mi auguravo che lo fosse.
Viveva a Beverly Hills e faceva la casalinga, ed era una delle tre vittime che erano state aggredite e rapinate poco prima di Natale, un evento che aveva procurato a Watts nove capi di imputazione. La polizia l’aveva soprannominato il Tamponatore, un ladro violento che seguiva le donne dopo averle adocchiate nei centri commerciali, le tamponava quando si fermavano a uno stop in qualche quartiere residenziale, per poi rubare loro la vettura con tutto quello che conteneva nell’attimo stesso in cui le vittime scendevano dall’auto per valutare il danno subito. Dopodiché il ladro impegnava o vendeva il bottino, si teneva i contanti e si liberava della macchina davanti a uno dei negozi della Valley specializzati nello smontare auto per ricavarne pezzi di ricambio.
Ma l’impianto accusatorio dipendeva dall’eventualità che qualcuno identificasse in Leonard Watts il colpevole davanti alla giuria. Era questo che rendeva Claire Welton così speciale, la testimone chiave del processo. Era l’unica delle tre vittime che aveva indicato in Watts il rapinatore, sostenendo senza possibilità di dubbio che era stato lui ad aggredirla. Era il settimo testimone che il pubblico ministero aveva presentato in due giorni ma, per quanto mi riguardava, era l’unico che contasse qualcosa. Era il birillo numero uno, quello che, se l’avessi colpito con la giusta angolazione, sarebbe caduto trascinando con sé tutti gli altri.
Ed era adesso che dovevo effettuare il mio tiro o i giurati avrebbero fatto rinchiudere in carcere Leonard Watts per un tempo indefinito.
Mi piazzai davanti al banco degli imputati, portando con me un unico foglio. Era il verbale compilato da un agente di pattuglia che aveva risposto alla chiamata effettuata da Claire Welton con un telefono cellulare preso in prestito dopo l’aggressione. Il documento era già stato messo agli atti. Dopo aver chiesto e ottenuto l’approvazione del giudice, lo appoggiai sulla mensola ricavata nella parte anteriore del banco dei testimoni. Mentre lo sistemavo, Claire Welton si ritrasse istintivamente da me, cosa che, ne ero certo, non passò inosservata ai membri della giuria.
Cominciai a formulare la prima domanda mentre tornavo verso il leggio posto tra i tavoli dell’accusa e della difesa.
«Signora Welton, lei ha davanti a sé il verbale compilato il giorno in cui è stata vittima di quello spiacevole incidente. Si ricorda …