Alessandro Manzoni, nome completo Alessandro Francesco Tommaso Antonio Manzoni è stato uno scrittore, poeta e drammaturgo italiano, nasce a Milano, al n. 20 di via S. Damiano, il 7 marzo 1785.
E’ uno dei maggiori romanzieri italiani di tutti i tempi, gettò le basi per il romanzo moderno ed ha patrocinato l’unione della lingua italiana, con lui la lingua quotidiana diventa lingua letteraria.
“L’arte è arte in quanto produce, non un effetto qualunque, ma un effetto definitivo. E, intesa in questo senso, è non solo sensata, ma profonda quella sentenza, che il vero solo è bello; giacché il verosimile (materia dell’arte) manifestato e appreso come verosimile, è un vero, diverso bensì, anzi diversissimo dal reale, ma un vero veduto dalla mente per sempre o, per parlar con più precisione, irrevocabilmente: è un oggetto che può bensì esserle trafugato dalla dimenticanza, ma che non può esser distrutto dal disinganno.”
Figlio di Giulia Beccaria, figlia dell’illuminista Cesare, e di un gentiluomo di lei molto più anziano, il conte Pietro Manzoni, anche se Voci diffuse già all’epoca ritenevano però che il padre naturale fosse Giovanni Verri, fratello minore di Pietro.
Trascorse i primi anni di vita prevalentemente nella cascina Costa di Galbiate, tenuto a balia da Caterina Panzeri, una contadina del luogo, quando i genitori si separarono nel 1792 e il giovane Manzoni trascorse l’infanzia e l’adolescenza, fino al 1801, tra la villa rustica di Caleotto, di proprietà della famiglia paterna, una dimora in cui amerà tornare da adulto e che venderà, non senza rimpianti, nel 1818, e nei collegi religiosi.
Nel 1791 fu accompagnato dalla madre a Merate al collegio San Bartolomeo dei Somaschi, dove rimase cinque anni: furono anni duri, sia per la mancanza della madre, sia per il difficile rapporto con i suoi compagni di scuola, violenti e per le frequenti punizioni che gli insegnanti gli infliggevano.
Nell’aprile del 1796 passò al collegio di Sant’Antonio, a Lugano, gestito ancora dai Somaschi, dove conobbe il somasco Francesco Soave, celebre erudito e pedagogista che esercitò sul bambino una notevole influenza.
Alla fine del 1798 si trasferì al collegio Longone di Milano, gestito dai Barnabiti, non è chiaro quanto l’adolescente ci rimanesse, nonostante l’isolamento cui era costretto per colpa dell’ambiente chiuso e bigotto, riuscì a stringere alcune amicizie che resteranno durature nel corso degli anni a venire.
L’uscita dal collegio, a sedici anni, nel 1801 rappresenta una svolta, perché permette a Manzoni di entrare in contatto con l’ambiente culturale milanese, con quale si trova rapidamente in sintonia. L’incontro con Vincenzo Monti gli fa conoscere la poesia neoclassica, mentre quello con Vincenzo Cuoco lo mette in contatto con l’ala liberale e moderata del Risorgimento italiano.
“Il raziocinio è un lume che uno può accendere, quando vuole obbligar gli altri a vedere, e può soffiarci sopra, quando non vuol più veder lui.”
Nel 1805 Manzoni venne invitato dalla madre e da Carlo Imbonati, con quale conviveva dal 1795, a Parigi, a quanto pare dietro suggerimento del Monti. Alessandro accettò con entusiasmo, ma non fece in tempo a conoscere il conte che morì il 15 marzo, lasciando la Beccaria ereditiera universale del suo patrimonio. Il giovane giunse nella capitale francese il 12 luglio, uniti entrambi nel dolore Manzoni, che per lo scomparso scrisse l’ode In morte di Carlo Imbonati, scoprì di avere una madre, le loro strade, divise sino ad allora, si incrociarono per non lasciarsi più.
Rimase in Francia fino al 1810, sviluppando in quegli anni, in un contesto intellettuale e sociale estremamente ricco e variegato, quelle posizioni sulla politica, la letteratura e la religione che l’avrebbero accompagnato per il resto della sua vita.
A Parigi frequentò gli ambienti intellettuali degli illuministi e degli ideologi, ma il rapporto forse più importante fu quello con Claude Fauriel, che divenne un punto di riferimento per la sua attività di scrittore.
Il 20 marzo 1807, mentre era in viaggio per Torino, venne a sapere che il padre era gravemente malato, ma in realtà era già morto da due giorni, le parole con cui affronta la scomparsa del padre, nelle lettere, paiono piuttosto fredde, il padre lo nomina erede universale.
Nello stesso a Milano, incontra e si innamora di Enrichetta Blondel, figlia di un banchiere ginevrino, con la quale si sposa con rito calvinista e dalla quale avrà negli anni ben dieci figli (otto dei quali gli morirono tra il 1811 e il 1873).
Nel 1810 lo scrittore lasciò Parigi per tornare definitivamente a Milano. La sua visione della realtà era ormai completamente improntata al cattolicesimo. Il mutamento si ripercosse anche sulla sua attività letteraria, è l’anno della conversione religiosa della coppia, il 22 maggio Enrichetta abbraccia la fede cattolica e, tra l’agosto ed il settembre, il Manzoni si comunica per la prima volta.
“La ragione e il torto non si dividon mai con un taglio così netto, che ogni parte abbia soltanto dell’una o dell’altro.”
Da questo momento Manzoni, in Italia, condusse la vita del possidente, dividendosi tra la casa milanese e la villa di Brusuglio, dedicandosi allo studio, alla scrittura, alla pratica religiosa, alla famiglia. Vicino al movimento romantico milanese, ne fu parte attiva, promuovendo anche riunioni nella sua abitazione, ma mantenne un costante distacco dalle polemiche con i classicisti e non partecipò alla vita politica, contrassegnato da un sincero sentimento patriottico, ma alieno da un coinvolgimento diretto.
La poesia veniva ormai considerata da Manzoni «falsa» rispetto al «vero storico e morale» e gli interessi dello scrittore, anche in seguito al prolungato sforzo critico che aveva condotto sulla sua opera, divenivano quelli linguistici, storici e filosofici. In questa prospettiva all’amicizia con Claude Fauriel si sostituì quella con Antonio Rosmini, che divenne un interlocutore privilegiato e una guida spirituale.
“Noi uomini siam in generale fatti così: ci rivoltiamo sdegnati e furiosi contro i mali mezzani e ci curviamo in silenzio sotto gli estremi; sopportiamo, non rassegnati ma stupidi, il colmo di ciò che da principio avevamo chiamato insopportabile.”
Una salute malferma si associò a una serie di lutti familiari con la morte della amatissima moglie Enrichetta nel 1833 e quella della primogenita Giulia Claudia nel 1834.
Nel 1837 si risposò con Teresa Borri Stampa, che, più giovane di venti anni, morirà però nel 1861.
Nonostante un atteggiamento sempre schivo e appartato, il successo letterario e l’attività pubblicistica, avevano ormai trasformato Manzoni in un personaggio pubblico, l’interprete di un vero progetto culturale con il quale offriva alla nuova Italia borghese omogeneità e consapevolezza della propria funzione.
Durante le Cinque giornate, nel 1848, si schierò con nettezza, anche se con l’abituale distacco, su posizioni patriottiche e democratiche dando alle stampe Marzo 1821, che per anni aveva tenuta nascosta, e divenendo un punto di riferimento per l’area cattolico-liberale.
Il nuovo Stato non tardò a riconoscere il suo ruolo e i suoi meriti, nel 1859 gli fu assegnato da Vittorio Emanuele II un vitalizio e, nel 1860, fu nominato senatore del Regno d’Italia.
Nel 1872, dopo la conquista della città da parte delle truppe italiane, ne accettò la cittadinanza onoraria, con scandalo degli ambienti cattolici più retrivi.
Negli anni della sua lunga vecchiaia fu circondato dalla venerazione della borghesia italiana, che vedeva in lui non solo il grande scrittore, ma anche un maestro, una guida intellettuale, morale e politica. Soprattutto il suo romanzo fu assunto nella scuola con tale funzione.
“La storia è una guerra contro il tempo, in quanto chiama a nuova vita fatti ed eroi del passato.”
Morì a Milano nel 1873, a ottantotto anni, nella casa di via del Morone, in seguito a una caduta che gli aveva provocato gravi sofferenze per due mesi.
Gli furono tributati solenni funerali, alla presenza del principe ereditario Umberto. Fu sepolto nel cimitero monumentale della città. Verdi gli dedicò la sua Messa da Requiem al primo anniversario dalla morte.
“Non sempre ciò che vien dopo è progresso.”
Libri di Alessandro Manzoni
1801 – Autoritratto (sonetto autobiografico)
1802 – A Francesco Lomonaco (Dedicato all’esule lucano Francesco Lomonaco)
1802 – Alla Musa (Sonetto)
1802 Alla sua donna (Sonetto)
1805-06 – In morte di Carlo Imbonati
1810 – A Parteneide (poema idillico)
Collabora a Wikisource Wikisource contiene il testo completo di o su A Parteneide
1802-04 – I sermoni
1801 – Il trionfo della libertà (un poemetto scritto a sedici anni per celebrare la Repubblica cisalpina)
1803 – Adda (Idillio in cui il poeta dà voce al fiume Adda, affluente del Po)
1809 – Urania (Poemetto)
1812-22 – Gli Inni Sacri (cinque composizioni poetiche che celebrano le solennità più importanti della chiesa: La Resurrezione, Il Nome di Maria, Il Natale, La Passione, La Pentecoste)
1821 – Le Odi (due composizioni poetiche – Marzo 1821 e Il cinque maggio – nelle quali Manzoni riflette sui fatti storici che sta vivendo)
1814-21 – Aprile 1814 (Canzone incompiuta, composta in seguito alla caduta di Napoleone dopo la battaglia di Lipsia e alla cacciata degli austriaci dall’Italia)
1815 – Il proclama di Rimini (Canzone incompiuta, che esprime appoggio per l’appello di Murat alla lotta di tutti gli italiani per l’indipendenza)
1816 – L’ira di Apollo (Ode di carattere scherzoso dove si immagina che il Dio Apollo scenda dall’Olimpo per vendicarsi dei romantici lombardi, che vorrebbero abbandonarlo)
1821 – Marzo 1821 (Ode ispirata da entusiasmo patriottico al profilarsi di un intervento armato di Carlo Alberto di Savoia)
1821 – Il cinque maggio (Ode scritta subito dopo la morte di Napoleone dove mette in risalto le battaglie e le imprese dell’imperatore nonché la fragilità umana)
1816-20 – Il Conte di Carmagnola (Tragedia)
1820-22 – Adelchi (Tragedia)
1823 – Spartaco (Tragedia)
1823 – Fermo e Lucia
1840 – I promessi sposi
Saggi di Alessandro Manzoni
1820 – Lettre à Monsieur Chauvet sur l’unité de temps et de lieu dans la tragédie
1823 – Lettera Sul romanticismo al Marchese Cesare D’Azeglio
1850 – Dell’Invenzione
1828-30 – Lettera a Victor Cousin
1835-36 – Sentir messa
1846 – Sulla lingua italiana
1856 – Saggio sul vocabolario italiano secondo l’uso di Firenze
1868 – Dell’unità della lingua e dei mezzi di diffonderla
1868 – Intorno al libro “De vulgari eloquentia” di Dante
1868 – Intorno al vocabolario
1871 – Lettera al Marchese Alfonso della Valle di Casanova