I love shopping a Las Vegas è il libro, pubblicato nel 2016, con cui Sophie Kinsella regala ai suoi fan l’ottava avventura della sua amata Becky, mitica protagonista della serie “I Love Shopping”, sempre costellata dalle innumerevoli disavventure, questa volta in un esilarante viaggio on the road nel selvaggio West americano.
“«Non si può avere tutto» ripeto, mentre riprendiamo a camminare. È il mio motto preferito, è scritto anche su un magnetino che ho sul frigo. «Non si può avere tutto» sottolineo. «Perché dove diavolo lo metteresti?»”
Becky Bloomwood, da poco trasferitasi a Los Angeles con Luke e la piccola Minnie, viene raggiunta negli Stati Uniti dall’amica del cuore Suze e da suo marito Tarquin, nonché dai genitori e dalla loro vicina di casa Janice.
Quando all’improvviso suo padre scompare nel nulla insieme a Tarquin, Becky decide di intraprendere con gli altri un viaggio avventuroso sulle loro tracce a bordo di un camper che li porterà fino a Las Vegas. Ma dove sono finiti suo padre e Tarquin? Perché se ne sono andati in fretta e furia senza dare spiegazioni a nessuno?
L’atmosfera sul camper è molto tesa perché Suze, che sembra essere sempre più legata ad Alicia, la famigerata “Stronza dalle Gambe Lunghe”, le ha chiesto di unirsi al gruppo e la madre di Becky, comprensibilmente scossa per l’assenza ingiustificata del marito, decide di coinvolgere anche la temibile consuocera Elinor… Guai in vista!
Sullo sfondo di luoghi desertici e paesaggi mozzafiato ha così inizio una vera e propria “missione di soccorso” capitanata dalla nostra indomita protagonista, che si troverà di fronte a non pochi ostacoli ma inventerà mille strampalati stratagemmi per ritrovare suo padre e Tarquin e scoprire cosa si nasconde dietro il loro viaggio misterioso.
“Forse dovrei comprarmi qualcosa per tirarmi un po’ su il morale. Migliorare il mio umore e nello stesso tempo sostenere l’economia locale. Sì, lo faccio.”
Non ho mai amato questo ciclo di libri, mi sono fermata alla lettura del secondo romanzo proprio perché ho voluto dare un’altra occasione, ma invano, per la protagonista non riesco a trovare nemmeno un briciolo di simpatia. Però ho amiche a cui questi libri piacciono e secondo le loro opinioni questo libro è meglio del precedente ma lontano dai suoi primi romanzi.
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«Okay» dice Luke, calmo. «Niente panico.»
Niente panico? Luke mi sta dicendo “Niente panico”? No. Nooo. È tutto sbagliato. Mio marito non dice mai “Niente panico”. Se dice “Niente panico” può significare solo: “Ci sono ottimi motivi per farsi prendere dal panico”.
Quindi adesso sono nel panico per davvero.
I lampeggianti sono accesi e la sirena della polizia ulula ancora a tutto volume. Riesco a mettere insieme soltanto pensieri a casaccio tipo “Le manette fanno male?” e “A chi telefonerò dalla prigione?” e “Ci sono solo tute arancioni?”.
Un poliziotto sta venendo verso il camper dieci metri Classe C che abbiamo affittato. (Tendine a quadretti azzurri, tappezzeria a fiori, sei letti, anche se “letti” è un’esagerazione, meglio “sei materassi sottilissimi inchiodati a tavole di legno”.) È uno di quei poliziotti americani fighi, abbronzati e con gli occhiali a specchio, e fa molta paura. Il cuore inizia a battermi forte e automaticamente cerco un posto in cui nascondermi.
Okay, forse esagero. Ma i poliziotti mi rendono nervosa, fin da quando a cinque anni ho rubato sei paia di scarpine delle bambole da Hamleys e un agente mi si è avvicinato tuonando: “Allora, che cosa abbiamo lì di bello?” e mi è saltato il cuore in gola. Poi è venuto fuori che voleva solo farmi i complimenti per il mio palloncino.
(Quando mamma e papà hanno trovato le scarpine, le hanno rispedite insieme a una lettera di scuse scritta da me. E poi Hamleys mi ha risposto molto carinamente dicendo: “Non c’è problema”. Credo che sia stata la prima volta in cui ho capito che una lettera può essere un ottimo sistema per tirarsi fuori da una situazione complicata.)
«Luke!» sussurro frenetica. «Presto. Dobbiamo corromperli? Quanti contanti hai?»
«Becky» ribatte Luke, paziente «ti ho detto niente panico. Ci sarà qualche buon motivo se ci hanno fermati.»