Intrigo italiano. Il ritorno del commissario De Luca, romanzo di Carlo Lucarelli, pubblicato a gennaio 2017, un giallo vintage in cui si incrociano storia e cronaca nera, con protagonista il commissario De Luca, nato in parti uguali dalla inventiva letteraria e dai documenti storici, sullo sfondo delle vicende politico sociali.
“Io non sono un cane bastardo. Sono un cane da caccia. Sono un poliziotto.”
Quando il commissario De Luca, appena richiamato in servizio dopo cinque anni di quarantena, si sveglia da un incidente quasi mortale, non gli occorre troppo tempo per mettere in fila le tante cose che non tornano. Da lunedí 21 dicembre 1953 a giovedí 7 gennaio 1954, con in mezzo Natale ed Epifania, mentre la città intirizzita dal gelo scopre le luci e le musiche del primo dolcissimo consumismo italiano, tra errori, depistaggi, colpi di scena il mosaico dell’indagine, scandita come un metronomo, si compone. E ciò che alla fine ha di fronte non piace affatto a De Luca. Per il ritorno del suo primo personaggio, amatissimo dai lettori, Lucarelli ha saputo evocare una Bologna che non avevamo mai visto cosí. E ha saputo tessere il piú imprevedibile, misterioso e divertente romanzo, dove la verità profonda di un’epoca che non è mai interamente finita emerge nei sentimenti e nella lingua dei personaggi.
C’è stato un omicidio a Bologna, una città coperta di neve in cui i tram scampanellano sulle rotaie e la gente affolla i ristoranti per i tortellini di Natale: la bella moglie di un professore universitario è stata annegata nella vasca da bagno del trappolone, l’appartamento da scapolo del marito. Il Servizio vuole sapere chi è stato, e per questo c’è bisogno di un cane da tartufi come De Luca, che sembra finalmente trovarsi alle prese con un’indagine da giallo classico, fatta di indizi, tracce, impronte e orari. Ma non è cosí, naturalmente. Perché anche nell’incidente d’auto in cui un paio di mesi prima è morto il marito professore – dongiovanni, esistenzialista e appassionato di jazz – c’è qualcosa di molto strano. E cosí De Luca, assistito da un giovane agente del Servizio incaricato sia di aiutarlo che di spiarlo, si ritrova in un’indagine ambigua e pericolosa, dove quello della vita è soltanto uno – e neppure il peggiore – dei rischi che corre. Alla fine, dopo essersi innamorato di una giovanissima cantante di jazz meticcia e bravissima – la Dorothy Dandridge bolognese – il cui passato di mondina e staffetta partigiana è l’esatto opposto del suo, e dopo essere sopravvissuto a un attentato dalle gravi conseguenze, De Luca sarà costretto a scegliere se seguire il suo vecchio cuore di cane da caccia o quello nuovo, di cane bastardo.
Carlo Lucarelli
“La prima chiamata la fece a un numero che sapeva a memoria.
Erano passati cinque anni ma dubitava che fosse cambiato e infatti quando sentí in sottofondo il picchiettare della macchina da scrivere, lento e scandito, da questurino che batte con due dita, capí che era quello giusto prima ancora che il piantone gli rispondesse.
– Squadra Buoncostume, comandi.”
Recensioni molto positive per questo romanzo, Lucarelli è una garanzia, anche quando rispolvera, dopo vent’anni, il personaggio del Commissario De Luca. Una lettura scorrevole e trama ben costruita, l’autore riesce a mantenere nascosto il bandolo della matassa fino all’ultima pagina ed una volta finito viene voglia di rileggerlo per riscoprire gli indizi seminati.
2 gennaio 1954, sabato
La lancetta del contagiri si impennò vibrando nell’occhio rotondo del quadrante di destra, veloce, mentre De Luca si incassava con le spalle tra il sedile e la portiera. L’Aurelia aveva fatto un balzo in avanti ma si era fermata subito, col ruggito del motore che si spegneva in un ringhio trattenuto.
Giannino bestemmiò, la c di cane aspirata come un colpo di tosse, alla toscana, poi abbassò la levetta del cambio e la tirò indietro, scalando la marcia.
– Mi scusi, ingegnere… c’è quel bischero in motore davanti che mi fa impazzire.
De Luca lanciò un’occhiata oltre il parabrezza, alla strada buia illuminata dalla luce gialla dei fari. Tra il brillare delle gocce di pioggia spazzate dai tergicristalli c’era una sagoma ingobbita su una motocicletta e poco piú avanti il quadrato grigiastro del cassone di tela di un camion. Luccicava tutto, di acqua e di luna, e ogni volta che Giannino provava a superare De Luca si trovava quasi sul ciglio opposto della strada, stretta e abbastanza tortuosa.
– E c’ha anche un Saturno 500 sotto il sedere, Dio bonino, e corri un po’, allora! – Giannino guardò De Luca. – Mi faccia il favore, ingegnere, se mi sta seduto cosí contro lo sportello si allacci la cintura.
De Luca obbedí e già che c’era si chiuse attorno al collo le falde del soprabito, incassandoci dentro il mento. Provò ad arrivare alla rotellina del riscaldamento sul cruscotto, ma la cintura gli aveva già bloccato la vita contro il sedile e ci rinunciò. Tornò ad abbandonarsi nel suo angolo.
Anche Giannino allungò un braccio, ma non verso il riscaldamento. Premette il pulsante dell’autoradio e lo rischiacciò subito appena il gracchiare ritmato invase l’abitacolo, fastidioso e distorto. Lo aveva già fatto prima, cercando di regolare la manopola su una voce straziata dalle scariche – Teddy Reno, aveva sussurrato Giannino – e poi, con un altro tasto, su un silenzio plumbeo, attraversato da un fischio lontano. Ma era nervoso, e non ci riusciva a stare zitto.
– È stata colpa mia, – canticchiò, – soltanto colpa mia, d’amarti alla follia… tra un mesetto c’è Sanremo, ingegnere, lo so che non gliene frega nulla, ma io ci vado matto. Non mi lusingar, il romanzo finí … oh Madonna, questo bischero qui!
Ci provò di nuovo. Afferrò la levetta sul lato del volante, scalò la marcia e schiacciò l’acceleratore perché il motociclista davanti si era spostato sulla destra, lasciandogli strada. Fece per affacciarsi oltre il camion che copriva gran parte della vista ma dovette frenare addirittura, perché aveva fatto lo stesso anche la motocicletta, tornando in mezzo. Le gomme dell’Aurelia scivolarono sul nevischio bagnato che copriva la statale ma De Luca non se ne accorse neppure, perché Giannino era bravo.
– Vabbe’, abbiamo anche la guida a destra e non si vede una fava, ed è pure una strada stretta… però che due maroni, come dicono a Bologna. Cosa si fa quando arriviamo, ingegnere? Poliziotto buono e poliziotto cattivo, come nei film? Lei che sceglie? Io farei il cattivo…
De Luca non rispose e Giannino continuò a parlare. Era sempre cosí e nei giorni che erano stati insieme ormai ci aveva fatto l’abitudine, soprattutto in macchina.