Si contenderanno la vittoria nella finale del Premio Strega 2017, il 6 luglio al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia di Roma, trasmessa in diretta televisiva da Rai Tre, i cinque finalisti decretati dai voti dei 400 Amici della domenica, i voti di 40 lettori forti selezionati da librerie indipendenti italiane associate all’ALI e, da quest’anno si sono aggiunti, 200 voti espressi da studiosi, traduttori e intellettuali italiani e stranieri selezionati da 20 Istituti Italiani di cultura all’estero, per un totale di 600 aventi diritto.
Conosciamo meglio i 5 finalisti:
Le otto montagne di Paolo Cognetti (Einaudi), vincitore del Premio Strega Giovani 2017.
Un libro sui rapporti che possono essere accidentati ma granitici, sulla possibilità di imparare e sulla ricerca del nostro posto nel mondo.
Pietro è un ragazzino di città. La madre lavora in un consultorio di periferia, farsi carico degli altri è il suo talento. Il padre è un chimico, un solitario, e torna a casa ogni sera carico di rabbia. Ma sono uniti da una passione comune, fondativa: in montagna si sono conosciuti, innamorati, si sono addirittura sposati ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo. La montagna li ha uniti da sempre, anche nella tragedia, e l’orizzonte lineare di Milano li riempie ora di rimpianto e nostalgia. Quando scoprono il paesino di Graines sentono di aver trovato il posto giusto: Pietro trascorrerà tutte le estati in quella Val d’Ayas “chiusa a monte da creste grigio ferro e a valle da una rupe che ne ostacola l’accesso” ma attraversata da un torrente che lo incanta dal primo momento. E lì, ad aspettarlo, c’è Bruno, capelli biondo canapa e collo bruciato dal sole: ha la sua stessa età ma si occupa del pascolo delle vacche. Sono estati di esplorazioni e scoperte, tra le case abbandonate, il mulino e i sentieri più aspri. Sono gli anni in cui Pietro inizia a camminare con suo padre, “la cosa più simile a un’educazione che io abbia ricevuto da lui”. La montagna è un sapere, un modo di respirare, il suo vero lascito: “Eccola lì, la mia eredità: una parete di roccia, neve, un mucchio di sassi squadrati, un pino”.
La più amata di Teresa Ciabatti (Mondadori).
Mi chiamo Teresa Ciabatti, ho quarantaquattro anni e non trovo pace. Voglio scoprire perché sono questo tipo di adulto, deve esserci un’origine, ricordo, collego. Deve essere successo qualcosa. Qualcuno mi ha fatto del male. Ricordo, collego, invento.Cosa ha generato questa donna incompiuta?
È giusto obbedire alla notte di Matte Nucci (Ponte alle Grazie).
Ai margini della Roma che tutti conosciamo, dove il Tevere crea un’ampia ansa prima di correre verso il mare, vivono uomini e donne che sembrano essersi incontrati solo grazie alle rispettive necessità. Fra baracche e chiatte, uniti dalla gestione di una trattoria improvvisata, mentre si alternano in piccoli lavori nei campi e nella guida dei turisti cittadini attratti dai loro lavori arcaici, essi hanno formato una comunità fuori dal tempo e dal mondo in cui oggi siamo abituati a vivere. Già da qualche anno, hanno accolto un uomo in fuga. Lo chiamano tutti «il dottore», perché sembra venuto a offrire le sue cure a chi vive lì. Ma hanno anche intuito che quest’uomo, di quasi cinquant’anni, in realtà si è ritrovato fra loro per curare sé stesso. Qual è il suo passato? Quale il dolore che lo ha strappato alla sua casa? Mentre il respiro del fiume scandisce il tempo della lettura, veniamo attratti nella storia della sua vita, di sua moglie Anna e di sua figlia Teresa, delle sue perdite, del suo coraggio, del suo terrore. Accompagnati da racconti di nutrie, di cani, di animali fiabeschi, dai ritmi della natura che si approfondiscono nel cuore della città, conosceremo tutto di questo indimenticabile personaggio, antico e moderno assieme, e apprenderemo di nuovo come solo il dolore possa spingere l’essere umano alla rinascita. Una rinascita che passa per le mani di donne, e attraversa una notte cui è giusto obbedire.
La compagnia delle anime finte di Wanda Marasco (Neri Pozza).
Dalla splendida collina di Capodimonte nota come «la Posillipo povera», Rosa osserva Napoli e ripensa alla madre morta. C’è qualcosa che la unisce a quella donna, qualcosa che va oltre il legame di sangue e che risiede in «un guasto» che ha marchiato le vite di entrambe. Alla ricerca di quel guasto, Rosa rivive la storia di sua madre, Vincenzina, dall’incontro con il suo futuro padre, Rafele, alla nascita di un amore nato in mezzo alla povertà e alla lordura del borgo dei Vergini, dove la guerra sembra non finire mai. Come in un film proiettato solo nella sua mente, Rosa passa in rassegna la morte di suo padre Refele, la decisione di Vincenzina di iniziare a praticare il prestito a usura e la richiesta a Rosa di accompagnarla nei suoi giri per le vie del quartiere, per aiutarla a conteggiare gli interessi. Ma il flusso di memoria di Rosa è una giostra che non può fermarsi. E allora davanti agli occhi le appaiono per magia anche altre persone. «Anime finte» che, come gli attori di una compagnia teatrale, salgono sul palco e recitano la loro parte: Annarella, l’amica d’infanzia, la sua tentatrice; Angiulillo, un ragazzo assoldato dai NAR e dalla camorra per compiere la strage di Bologna; Emilia, una tenera e primitiva down; il maestro Nunziata, sognatore incandescente; il trans Maria. Una galleria di gente esclusa dalla storia a cui Rosa sente di dover restituire quella dignità che è stata rubata loro dalla società. Perché la povertà non finisce mai, pensa Rosa, è la gente che decide di dimenticarla.Con la prosa poetica e originale che le è valsa la candidatura al Premio Strega 2015, Wanda Marasco riesce nell’impresa di scrivere un secondo romanzo all’altezza delle aspettative: barocco ma accessibile, coraggioso ma spietato.
Un’educazione milanese di Alberto Rollo (Manni).
Questa è una ricognizione autobiografica ed è il racconto della città che l’ha ispirata. Si entra nella storia dagli anni Cinquanta: l’infanzia nei nuovi quartieri periferici, con le paterne “lezioni di cultura operaia”, le materne divagazioni sulla magia del lavoro sartoriale, la famiglia comunista e quella cattolica, le ascendenze lombarde e quelle leccesi, le gite in tram, le gite in moto, la morte di John F. Kennedy e quella di papa Giovanni, Rocco e i suoi fratelli, l’oratorio, il cinema, i giochi, le amicizie adolescenziali e i primi amori fra scali merci e recinti incustoditi. E si procede con lo scatto della giovinezza, accanto l’amico maestro di vita e di visioni, sullo sfondo le grandi lotte operaie, la vitalità dei gruppi extraparlamentari, il sognante melting pot sociale di una generazione che voleva “occhi diversi”. A questa formazione si mescola la percezione dell’oggi, il prosciugamento della città industriale, i progetti urbanistici per una Grande Milano, le trasformazioni dello skyline, il trionfo della capitale della moda e degli archistar.