Sabato 9 settembre, a Venezia sul palco della Fenice, da una giuria composta da 300 lettori anonimi (157 donne e 143 uomini), è stato decretato il vincitore della 55esima edizione del Premio Campiello, premio letterario, istituito nel 1962 per volontà degli Industriali del Veneto, che viene assegnato a opere di narrativa italiana.
Il vincitore è L’Arminuta di Donatella Di Pietrantonio (133 voti), al secondo posto Qualcosa sui Lehman di Stefano Massini (99 voti), al terzo La città interiore di Mauro Covacich (25 voti), il quarto posto per La notte ha la mia voce di Alessandra Sarchi (13 voti) , chiudere la cinquina La ragazza selvaggia di Laura Pugno (12 voti).
Potete scoprire in dettaglio i finalisti nel post Premio Campiello 2017: la cinquina finalista
Il Premio Campiello Opera Prima è stato vinto da Un buon posto dove stare di Francesca Manfredi (La nave di Teseo).
Il Premio Campiello Giovani 2017 è stato vinto da Andrea Zancanaro con il racconto Ognuno ha il suo mostro
Il Premio Fondazione Campiello (il Campiello alla carriera) è stato assegnato a Rosetta Loy, scrittrice romana.
La serata la finale del Campiello è stata condotta da da Enrico Bertolino e Mia Ceran, la serata è stata trasmessa in diretta su Rai5, in streaming sulla pagina Facebook del Premio e successivamente in seconda serata in replica su Rai3.
Conosciamo i protagonisti di questa edizione del Premio Campiello 2017:
Premio Campiello 2017:
L’Arminuta di Donatella Di Pietrantonio (Einaudi).
Ci sono romanzi che toccano corde così profonde, originarie, che sembrano chiamarci per nome. È quello che accade con L’Arminuta fin dalla prima pagina, quando la protagonista, con una valigia in mano e una sacca di scarpe nell’altra, suona a una porta sconosciuta. Ad aprirle, sua sorella Adriana, gli occhi stropicciati, le trecce sfatte: non si sono mai viste prima. Inizia così questa storia dirompente e ammaliatrice: con una ragazzina che da un giorno all’altro perde tutto – una casa confortevole, le amiche più care, l’affetto incondizionato dei genitori. O meglio, di quelli che credeva i suoi genitori. Per “l’Arminuta” (“la Ritornata”), come la chiamano i compagni, comincia una nuova e diversissima vita. La casa è piccola, buia, ci sono fratelli dappertutto e poco cibo sul tavolo. Ma c’è Adriana, che condivide il letto con lei. E c’è Vincenzo, che la guarda come fosse già una donna. E in quello sguardo irrequieto, smaliziato, lei può forse perdersi per cominciare a ritrovarsi. Donatella Di Pietrantonio affronta il tema della maternità, della responsabilità e della cura, da una prospettiva originale e con una rara intensità espressiva. La sua scrittura ha un timbro unico, una grana spigolosa ma piena di luce, capace di governare una storia incandescente in cui l’accettazione di un doppio abbandono è possibile solo tornando alla fonte, al corpo, a se stessi. E’ inoltre capace di trasportarci lì, in quell’Abruzzo poco conosciuto, una terra ruvida e aspra che improvvisamente si accende col riflesso del mare.
Donatella Di Pietrantonio è nata ad Arsita, in provincia di Teramo nel 1963, si è laureata in Odontoiatria, vive a Penne, in provincia di Pescara, dove esercita la professione di dentista pediatrico.Ha esordito nel 2011 con il romanzo Mia madre è un fiume, vincitore della quinta edizione del Premio Letterario Tropea. Nel 2013 pubblica il suo secondo romanzo, Bella mia, per il quale è stata candidata al Premio Strega nel 2014.
Premio Campiello Giovani 2017:
Ognuno ha il suo mostro di Andrea Zancanaro
Il racconto giudicato dai selezionatori “Folcloristico. Una storia originale, divertente e caleidoscopica sul disagio psichico e la diversità e il loro significato nel mondo”.
Un uomo fortemente disturbato nasconde il suo disagio psichico e la sua sofferenza in piccolo un negozio di animali, che gestisce col massimo ordine e precisione. Un giorno entra dalla porta una donna molto particolare, che si scopre frequentare il suo stesso psichiatra. Tra i due personaggi, Holly e Victor, nasce un’intesa profonda, che è un’intersecazione delle loro diversità, riuscendo ad arginare i loro mostri raccontandosi l’un l’altra le rispettive vicende personali.
Andrea Zancanaro è studente in Medicina, ha 21 anni, vive a Feltre (Belluno).
Premio Campiello Opera Prima 2017
Un buon posto dove stare di Francesca Manfredi (La nave di Teseo).
Un bosco, una vecchia casa in montagna, la piscina di un condominio. Una bambina che nuota, una ragazza che torna a casa, un padre che scompare, un altro che trova pace nel silenzio umido di una cantina. E poi, nel pulviscolo di istanti che compongono i giorni più normali, affiora la rete dei sentimenti, dei sogni, delle scoperte che illuminano e feriscono, di una memoria in cui si è sempre salvi, ma inguaribilmente soli.
È con grazia e scrittura limpidissima che Francesca Manfredi racconta i protagonisti di queste undici storie, avvolti nella normalità delle loro vite, ma sempre colti sul principio di una soglia da cui poter guardare alle loro fragilità e alle loro inquietudini, come a un posto da cui non è necessario fuggire, un buon posto dove stare.
Questo è il libro di esordio di Francesca Manfredi, una delle voci più belle e già riconosciute all’estero della nuova narrativa italiana.
Francesca Manfredi è nata a Reggio Emilia nel 1988 e vive a Torino. Insegna alla Scuola Holden, dopo esserne stata una degli allievi migliori.
Premio Fondazione Campiello (il Campiello alla carriera)
Rosetta Loy è una scrittrice nata, nel 1931, da padre piemontese e madre romana a Roma, città in cui vive.
Scrisse all’età di nove anni il suo primo racconto, ma la ferma determinazione di diventare una scrittrice si è manifestata verso i venticinque anni. Dopo il suo esordio con il romanzo La bicicletta del 1974, con il quale ha vinito il premio Viareggio Opera Prima.
Sono seguiti La porta dell’acqua (1976), L’estate di Letuqué (1982), la raccolta di racconti All’insaputa della notte (1984).
Il romanzo Le strade di polvere (1987, Premio Campiello, il premio Supercampiello, il premio Viareggio, il premio Città di Catanzaro, il premio Rapallo e infine il premio Montalcino) descrive, in una dimensione tra realistica e fiabesca, il succedersi delle generazioni in una grande casa del Monferrato.
L’accorto intreccio di piani temporali e vicende apparentemente divergenti è la cifra di Sogni d’inverno (1992) e ancor più di Cioccolata da Hanselmann (1995).
Il nome ebreo (1997) mescola narrativa e saggistica per affrontare il tema dell’antisemitismo mentre Ahi, Paloma (2000) e Nero è l’albero dei ricordi (Premio Bagutta), azzurra l’aria (2004) sono paesaggi della guerra e del dopoguerra.
In Cuori infranti (2010), nelle due favole nere che compongono il volume, la scrittrice racconta gli omicidi di Novi Ligure e di Erba. Nel 2013 ha pubblicato Gli anni fra cane e lupo, racconto che ripercorre la storia d’Italia dal 1969 al 1994, mentre è stato edito nel 2016 il testo autobiografico Forse.