La freccia nera è un romanzo storico d’avventura scritto da Robert Louis Stevenson nel 1883, fu pubblicato a puntate sulla rivista Young Folks in America, successivamente fu pubblicato in un unico volume nel 1888.
“Nera, con la punta di piuma nera. E’ una freccia di malaugurio per la verità, perché il nero, dicono, porta la sepoltura.”
Ambientato durante la Guerra delle Due Rose, il conflitto tra le fazioni degli York e dei Lancaster che dilaniò l’Inghilterra nella seconda metà del Quattrocento, sotto il regno di Enrico VI.
La Rosa Rossa o la Rosa Bianca? York o Lancaster?
In un’Inghilterra insanguinata dalla guerra delle Due Rose, il giovane Dick Shelton, un cavaliere senza macchia e senza paura, per vendicare la morte del padre, decide di schierarsi dalla parte della Rosa Bianca e della Freccia Nera, una banda di fuorilegge che, stanca di vessazioni e soprusi, rifugiata nella foresta, combatte le crudeli ingiustizie dei potenti, soprattutto l’usurpatore Sir Daniel.
“E proprio in quel momento, una freccia nera penetrò con gran fracasso attraverso uno dei finestroni istoriati del salone, andò a piantarsi in mezzo alla lunga tavola e vi rimase confitta, oscillando.”
Stevenson offre al lettore un romanzo storico di grande respiro, ricco di avventure ben congegnate e momenti di alta tensione, il romanzo si svolge nel giro di dieci mesi e le magistrali descrizioni dei luoghi e dei costumi del tempo aiutano a entrare dentro la storia, anche se all’inizio fa fatica a decollare, la trama è ricca di avvenimenti e tiene incollati fino alla fine.
Conosciuto come un classico romanzo d’avventura per ragazzi, consiglio il libro anche agli adulti che tra castelli, dame, cavalieri e banditi ci regala una piavevole lettura.
“Se i baroni vivono di guerra, alla gente dei campi non resta che mangiare radici.”
Di questo romanzo esistono numerosi adattamenti cinematografici come il film del 1948 diretto da Gordon Douglas, con Janet Blair, Louis Hayward, George Macready.
Lo sceneggiato televisivo del 1968 prodotto dalla Raicon la regia di Anton Giulio Majano, interpretato da Loretta Goggi e Arnoldo Foà.
La miniserie televisiva del 2006, diretta da Fabrizio Costa con Riccardo Scamarcio, Ennio Fantastichini, Jane Alexander e Martina Stella.
In fine si ricorda la versione a fumetti del 1988, pubblicata su Il Giornalino.
“Avevo quattro frecce sotto la cintura
Quattro per le pene che ho dovuto soffrire.
Quattro per il numero degli uomini cattivi
Che spesso e volentieri m’hanno fatto patire.
Una è andata; una è già ben spedita;
Il vecchio Appleyard è morto.
Una è pronta per “Master” Bennet Hatch,
Che Grimstone ha incendiato, muri e tetto.
Una è per Sir Oliver Oates,
Che tagliò la gola a Sir Harry Shelton.
Sir Daniel, tu ti prenderai la quarta;
E crediamo che sia buona giustizia.
Avrete ciascuno la vostra parte,
Una freccia nera in ogni cuore nero.
Mettetevi in ginocchio per pregare:
Siete ladri già morti, che lo vogliate o no”.Giovanni Sistematutto del Bosco Verde e la sua allegra brigata.
Incipit di “La freccia nera”
ALL’INSEGNA DEL SOLE IN KETTLEY
Sir Daniel e i suoi uomini si erano sistemati dentro e intorno a Kettley quella notte, acquartierati al caldo e sotto buona guardia. Ma il Cavaliere di Tunstall non si concedeva mai posa quando si trattava di far soldi; e anche ora, alla vigilia di un’avventura che poteva portargli gran bene o conciarlo male, era su all’una dopo mezzanotte intento a spremere i suoi poveri vicini. Era un gran trafficante in eredità disputate; il suo metodo consisteva nel riscattare le rivendicazioni più improbabili, e poi, cattivandosi il favore dei grandi signori intorno al re, ottenere decisioni ingiuste a proprio favore; oppure, se giudicava troppo tortuoso questo metodo, impadronirsi del feudo disputato con la forza delle armi, e contare sulla propria influenza e sulle astuzie legali di Sir Oliver per tenersi quanto aveva arraffato. Kettley era un caso del genere; era caduto molto recentemente nelle sue grinfie; si trovava ancora di fronte all’opposizione dei feudatari; ed era per intimidire il malcontento che aveva guidato le sue truppe da quella parte.
Alle due del mattino Sir Daniel se ne stava seduto nella sala della locanda, vicino al camino, perché faceva freddo a quell’ora tra le paludi di Kettley. A portata di mano aveva un boccale di birra aromatica. Si era tolto l’elmo a visiera e sosteneva con una mano la testa calva e il viso magro e scuro, tutto avvolto nel buon calore di un mantello color rosso vivo. In fondo alla stanza una dozzina circa dei suoi uomini stavano di sentinella alla porta o dormivano sulle panche; e, un po’ più vicino, un ragazzo dall’apparente età di dodici o tredici anni era sdraiato su un mantello steso sul pavimento. L’oste del Sole stava in piedi davanti al grand’uomo.
– Ora stammi bene a sentire, mio caro oste – disse Sir Daniel, – segui i miei ordini e sarò sempre un buon signore per te. Devo avere uomini in gamba a capo dei borghi, e voglio Adam-a-More come connestabile; facci bene attenzione. Se verranno scelti altri uomini, non te ne verrà alcun bene; anzi, ti costerà caro. Nei riguardi di quelli che hanno pagato tributi a Walsingham prenderò i debiti provvedimenti; e tu sei fra loro, mio caro oste.
– Buon cavaliere – disse l’oste, – vi posso giurare sulla croce di Holywood che ho pagato a Walsingham soltanto sotto compulsione. No, eccellente cavaliere, io non amo i Walsingham furfanti; erano poveri come ladri, eccellente cavaliere. Ma datemi un gran signore come voi.
Chiedete pure ai vicini, se non sono tutto per Brackley.
– Può essere – disse Sir Daniel, secco. – Allora pagherai doppio.
Il locandiere fece una brutta smorfia; ma questa era una cattiva sorte che poteva facilmente capitare a un proprietario in quei tempi turbolenti, e forse in fondo fu contento di essersela cavata così a buon mercato.