La seconda vittima è un racconto thriller dello scrittore statunitense Michael Connelly, pubblicato a gennaio 2018, con protagonista il detective Harry Bosch.
“La speranza è dura a morire, dice il proverbio. Anche gli omicidi. Al Dipartimento di Polizia di Los Angeles, i dieci anni di successi da parte dell’Unità Casi Irrisolti, che era riuscita a portare a soluzione tanti vecchi casi di omicidio, spesso dimenticati, avevano provocato un flusso continuo di richieste da parte dei familiari delle vittime. Telefonate ed e-mail arrivavano quotidianamente da ogni parte del mondo, ovunque ci fosse un desiderio di giustizia insoddisfatto. A volte qualcuno si presentava di persona. La gente si augurava così di accendere l’interesse della squadra che setacciava il passato alla ricerca degli assassini che ancora vi si nascondevano.”
Una chiamata anonima all’Unità Casi Irrisolti, dove Bosch lavora, spinge il detective a riaprire un famoso caso di omicidio rimasto insoluto per oltre vent’anni, il cosiddetto caso del Brown Derby. Nel 1992, un ragazzo senza fissa dimora era stato ferocemente accoltellato in un famoso ristorante abbandonato della vecchia Hollywood, il Brown Derby appunto. Già sette anni prima Bosch aveva provato a riprendere l’indagine, ma la mancanza di prove sul cadavere e sulla scena del crimine gli aveva impedito di procedere.
Ora l’inaspettato informatore anonimo e la prova del DNA trovata sull’arma del delitto mettono Bosch sulle tracce di un assassino già condannato per un altro omicidio. Ma per incastrare il colpevole serve qualcosa di più di una prova scientifica facilmente contestabile da un bravo avvocato in un’aula di tribunale e il detective deve mettere in campo tutte le sue capacità, ma soprattutto il suo intuito infallibile, per ottenere una testimonianza fondamentale e soddisfare anche questa volta la sua sete di giustizia.
La speranza di ottenere giustizia e di chiudere ogni caso era così forte che l’Unità non riusciva a gestire tutte le richieste e dedicare alle indagini il tempo necessario. Il Dipartimento decise così di intaccare le sue risorse e assumere una persona che vagliasse le domande; e cioè un impiegato civile che, lavorando nell’ufficio del capo della polizia, esaminasse le dozzine di istanze riguardanti i casi sepolti che arrivavano settimanalmente, se non ogni giorno.
Il suo nome era Emily Robertson e lo strumento di cui si serviva per gestire le richieste erano i registri degli omicidi riposti negli archivi del Dipartimento. Questi quaderni, con la copertina in cuoio, contenevano l’elenco cronologico di tutti gli assassinii commessi nella Città degli Angeli fin dal 1896. Una pagina, un omicidio. Gli scaffali dietro la scrivania di Emily ospitavano una cinquantina di questi tetri volumi. Quando le arrivava una richiesta, Emily scovava i riferimenti al caso contenuti nei registri. Una volta confermato l’omicidio e identificato l’anno in cui era avvenuto, Emily sapeva a quale squadra dell’Unità Casi Irrisolti doveva assegnarlo. Ognuna delle otto squadre dell’Unità era, infatti, responsabile di un periodo specifico e quindi qualsiasi caso irrisolto avvenuto in quell’arco temporale toccava d’ufficio a una determinata squadra.
A volte le ricerche duravano settimane, altre volte mesi. Ogni detective aveva un considerevole carico di indagini, in diverse fasi di lavorazione. Con più di seimila omicidi ancora in attesa di una soluzione, i detective non erano certo a corto di lavoro. Se un caso aveva le caratteristiche per essere riaperto, e cioè se esistevano elementi che potevano essere riesaminati alla luce delle tecnologie e delle tecniche investigative di nuova generazione, Emily usciva di scena, lasciando il campo libero ai detective. Se invece si rilevava che non c’erano prove da analizzare e che quindi era impossibile procedere, il caso ritornava a Emily, cui spettava il difficile compito di informare la famiglia o la persona cara in questione che si era giunti a un vicolo cieco e che l’omicidio sarebbe rimasto senza soluzione.
Il detective Harry Bosch era contento quando, ogni venerdì mattina, vedeva entrare Emily Robertson negli uffici degli investigatori con il suo carico di richieste. Non solo per la possibilità che gli portasse qualche nuovo caso su cui lavorare, ma perché gli piaceva parlare con lei. Emily era una donna attraente sulla quarantina. Troppo giovane per lui, anche se qualche volta gli capitava di farci un pensierino.