Il maestro delle ombre è un thriller di Donato Carrisi, pubblicato nel 2016, il terzo capitolo composto da Il tribunale delle anime e Il cacciatore del buio, nel quale ritroviamo la poliziotta Sandra Vega e il penitenziere Marcus per una nuova indagine.
“A.D. 1521. Nove giorni prima di morire, papa Leone X emette una bolla contenente un obbligo solenne.
Roma non deve «mai mai mai» rimanere al buio.
Il pontefice dispone che strade, chiese e palazzi siano sempre illuminati durante la notte. Nelle lampade non deve mancare l’olio e nei depositi non devono esaurirsi per nessuna ragione le scorte di candele.
Per più di trecento anni, l’ordine papale viene rispettato. Tuttavia, alla fine dell’Ottocento, con l’avvento dell’elettricità la prescrizione contenuta nella bolla diventa superflua.
Storici e teologi si sono interrogati a lungo sui motivi che hanno spinto Leone X a imporre una simile regola. Nei secoli sono fiorite le teorie più varie e, a volte, fantasiose. Ma non si è mai giunti a una vera spiegazione.
Ciononostante, la bolla papale non è mai stata ritirata e, a tutt’oggi, il buio di Roma rimane un mistero insoluto.
Una tempesta senza precedenti si abbatte sulla capitale con ferocia inaudita. Quando un fulmine colpisce una delle centrali elettriche, alle autorità non resta che imporre un blackout totale di ventiquattro ore, per riparare l’avaria.
Le ombre tornano a invadere Roma. Sono passati cinque secoli dalla misteriosa bolla di papa Leone X secondo cui la città non avrebbe «mai mai mai» dovuto rimanere al buio.
Nel caos e nel panico che segue, un’ombra più scura di ogni altra si muove silenziosa per la città lasciando una scia di morti… e di indizi.
Tracce che soltanto Marcus, cacciatore del buio addestrato a riconoscere le anomalie sulle scene del crimine, può interpretare. Perché Marcus è sì un prete, ma appartiene a uno degli ordini più antichi e segreti della Chiesa: la Santa Penitenzieria Apostolica, conosciuta anche come il tribunale delle anime. Ma il penitenziere ha perso la sua arma più preziosa: la memoria. Non ricorda nulla dei suoi ultimi giorni, e questo dà un enorme vantaggio all’assassino.
Soltanto Sandra Vega, ex fotorilevatrice della Scientifica, può aiutarlo nella sua caccia. Sandra è l’unica a conoscere il segreto di Marcus, ma ha sofferto troppe perdite nella sua vita per riuscire ad affrontare nuovamente il male. Eppure, qualcosa la costringe a essere coinvolta suo malgrado in questa indagine…
Ma il tramonto è sempre più vicino, e il buio è un confine oltre il quale resta soltanto l’abisso.
“Una strana euforia, simile a una follia collettiva, si era impossessata di loro, spingendoli a gesti quasi inconsulti, come riunirsi sui ponti e nelle piazze, sfidando le intemperie, per festeggiare la fine imminente e beffarda della città che si credeva «Eterna».”
La maggior parte delle recensioni affermano che questo libro non è all’altezza dei precedenti e che forse c’è troppa carne al fuoco, nello stesso tempo ci parlano di una la trama intrigante e una lettura scorrevole e incalzante.
1
Il distacco dell’energia elettrica era previsto per le sette e quarantuno del mattino. Da quel momento, Roma sarebbe piombata in un nuovo Medioevo.
Un’eccezionale ondata di maltempo si stava abbattendo sulla città da quasi settantadue ore. Un flagello ininterrotto di nubifragi con raffiche di vento che superavano i trenta nodi.
Un fulmine aveva mandato in tilt una delle quattro centrali che garantivano la fornitura energetica. Come in un effetto domino, l’avaria si era ripercossa sulle altre tre, sottoponendole a un pericoloso sovraccarico.
Per riparare il guasto era necessario interrompere l’erogazione del servizio per ventiquattro ore.
L’annuncio del blackout era stato dato alla popolazione la sera prima, con un preavviso brevissimo. Le autorità avevano assicurato che i tecnici avrebbero lavorato alacremente per tornare alla normalità entro la scadenza promessa. Ma, a causa della mancanza di elettricità, sarebbero cessate tutte le comunicazioni. Niente più linee telefoniche, Internet, cellulari. Niente radio né tv.
Un totale azzeramento tecnologico. E nel bel mezzo di un’emergenza meteo.
Alle sette e trenta, quando mancavano pochi minuti al distacco, Matilde Frai era in cucina e stava sciacquando la tazzina con cui aveva bevuto il primo caffè della giornata. La ripose su uno scaffale e recuperò la sigaretta accesa, in bilico sul marmo del lavello. Scoprì un alone giallastro lì dove l’aveva appoggiata, lo fissò per un tempo lunghissimo.
Nelle cose più insignificanti dimorava una pace inaspettata.
Matilde vi si rifugiava per sfuggire ai propri pensieri. Nell’angolo ripiegato della pagina di una rivista, nel lembo di una piccola scucitura, in una goccia di condensa che scivolava sul muro. Ma la quiete non durava mai abbastanza e, quando ormai l’aveva prosciugata con lo sguardo, il suo demone tornava a ricordarle che l’angusto inferno in cui era prigioniera non l’avrebbe mai lasciata andare.
Non posso morire. Non ancora, si disse. Ma lo desiderava tanto.