Shirley è il secondo romanzo di Charlotte Brontë, scritto nel 1849, fu pubblicato con il pseudonimo maschile di Currer Bell, per non incorrere nei pregiudizi, comuni all’epoca, nei confronti delle donne. Oltre ad essere un romanzo storico e sociale racconta una storia d’amore che fa sognare, ricco di poesia e emozioni, i suoi personaggi vivono gli avvenimenti storici dell’epoca, le guerre napoleoniche e le lotte luddiste, facendo i conti con le contraddizioni del progresso industriale e offrendo spunti di riflessione sul lavoro, sul matrimonio e sulla condizione della donna.
“Il suo volto possedeva quel tipo di fascino che la parola “leggiadria” definisce forse meglio di ogni altra. Era naturalmente pallida, intelligente, con un viso mobile ed espressivo. Al pari di Caroline non era bionda; l’elemento dominante era un certo contrasto tra chiaro e scuro: l’incarnato era bianchissimo e i capelli molto bruni; sotto la fronte candida brillavano occhi grigi, senza la minima pagliuzza verde, bensì di un grigio schietto, intenso eppur trasparente. Aveva lineamenti nobili, ma non nel senso di faccia ossuta, naso aquilino o romano, no: erano tratti minuti, non troppo marcati, ma nobili ed eloquenti; per dirla alla francese, erano fins, gracieux, spirituels.”
Yorkshire, inizio Ottocento. Shirley, giovane donna ricca e caparbia, si trasferisce nel villaggio in cui ha ereditato un vasto terreno, una casa e la comproprietà di una fabbrica. Presto fa amicizia con Caroline, orfana e nullatenente, praticamente il suo opposto. Caroline è innamorata di Robert Moore, imprenditore sommerso dai debiti, spietato con i dipendenti e determinato a ristabilire l’onore e la ricchezza della sua famiglia, minati da anni di cattiva gestione. Pur invaghito a sua volta della dolce Caroline, Robert è conscio di non poterla prendere in moglie: la ragazza è povera, e lui non può permettersi di sposarsi solo per amore. Così, mentre da una parte Caroline cerca di reprimere i suoi sentimenti per Robert, convinta che non sarà mai ricambiata, dall’altra Shirley e il suo terreno allettano tutti gli scapoli della zona. Ma l’ereditiera prova attrazione per un insospettabile…
«Andiamo da Miss Shirley Keeldar».
«Da Miss Keeldar! È tornata nello Yorkshire? Resta a Fieldhead?»
«È qui da una settimana. L’ho conosciuta l’altra sera… quel ricevimento dove tu non sei voluta andare. Mi è piaciuta e ho deciso che devi conoscerla anche tu. Ti farà bene».
«È maggiorenne, ormai».
«Sì, è maggiorenne. Resterà qualche tempo nella sua tenuta. Abbiamo parlato anche di questo. Le ho fatto capire quali sono i suoi doveri. Non è una persona intrattabile ed è anche piuttosto una bella ragazza. Ti insegnerà cosa vuol dire avere uno spirito brillante. Niente svenevolezze, con lei!».
Durante la stesura del romanzo l’autrice subì tremendi lutti, tre dei suoi fratelli morirono. Suo fratello Branwell morì nel settembre del 1848, sua sorella Emily si ammalò e morì a dicembre e sua sorella Anne, si ammalò e morì nel maggio 1849.
Alcuni critici ritengono che il personaggio di Caroline Helstone sia stato vagamente basato su Anne, però la sua migliore amica, Ellen Nussey, sosteneva che il personaggio di Caroline era basato su se stessa.
Mentre fu la stessa Charlotte Brontë a raccontare a Elizabeth Gaskell che il personaggio di Shirley era ciò che credeva che sua sorella Emily sarebbe stata se fosse nata in una famiglia benestante.
Nel romanzo il nome da nubile della signora Pryor è Agnes Gray, che è il nome del personaggio principale nel primo romanzo di Anne Bronte.
“Aveva una tenuta che era proprietà della famiglia Keeldar da secoli e secoli. In mancanza di eredi maschi, la terra e il titolo che essa comportava erano passati a Miss Shirley Keeldar. Nella zona c’erano famiglie mercantili che potevano vantare introiti doppi del suo, ma la famiglia Keeldar – in virtù dell’antico lignaggio e del titolo di Signori di Fieldhead – veniva sempre innanzi a tutte.”
Il romanzo è ambientato nella zona di Spen Valley nello Yorkshire occidentale, conosciuta oggi anche come “paese di Shirley”. Nel romanzo la dimora Briarmains si basa sulla “Casa rossa” di Gomersal, poichè un’amica di Charlotte, Mary Taylor, viveva proprio in quella casa, adesso è un museo. Fieldhead Invece è basato sul maniero elisabettiano, Oakwell Hall , anch’esso un museo.
“E chi si preoccupa dell’immaginazione? Chi non la giudica piuttosto pericolosa, un attributo insensato… affine alla debolezza e forse anche partecipe della pazzia… non una qualità ma piuttosto un difetto della mente?
Probabilmente tutti la giudicano così, tranne quelli che la posseggono, o che s’illudono di averne. A sentirli, crederesti che il loro cuore sarebbe apatico e non vi fluisse quell’elisir; che i loro occhi sarebbero offuscati se quella fiamma non ne rischiarasse la vista; che sarebbero soli nella vita e quella strana compagna li abbandonasse. Crederesti che l’immaginazione aggiunga una serena speranza alla primavera, un meraviglioso fascino all’estate, una tranquilla gioia all’autunno, una consolazione all’inverno, cose tutte che tu non provi. È un’illusione, naturalmente, ma i fanatici si aggrappano ai loro sogni e non darebbero l’immaginazione per tutto l’oro del mondo.”
La storia è narrata in prima persona dal personaggio di Shirley, la scrittura è piacevole, per chi ama la letteratura inglese dell’ottocento è irrinunciabile e offre molte spunti di riflessione, peccato che la critica del tempo non lo abbia apprezzato particolarmente.
Incipit di “Shirley”
Capitolo I. Levitico
Negli ultimi anni, sul Nord dell’Inghilterra si è abbattuta una pioggia di pastori d’anime: più fitti sulle colline, dove ogni parrocchia ne ha uno o più di uno, tutti abbastanza giovani per essere molto attivi e recar gran giovamento. Ma non di quegli anni parleremo, né degli attuali… che in effetti sono caldi, riarsi, bruciati dal sole del meriggio. Torneremo indietro, ai primi anni del secolo e, eludendo il meriggio, dimenticandolo nella siesta, passando il cuore della giornata nel torpore, sogneremo l’alba.
Se da questo preludio, lettore, pensi che ti si ammannisca qualcosa di romantico… ebbene, non ti sei sbagliato di più! Pregusti sentimentalismo, poesia, sogni a occhi aperti? Ti vai immaginando passione, emozione e melodramma? Calmati e riporta le tue speranze a un livello inferiore. Ti sta davanti qualcosa di assai concreto, di freddo e solido. E di così poco romantico come può esserlo un lunedì mattina per chi va a lavorare e si sveglia con la coscienza di dover uscir dal letto e per giunta anche di casa. Non si afferma qui, perentoriamente, che non avrai un assaggino eccitante, almeno verso la metà o la fine del pranzo… ma sia ben chiaro che il primo a venir in tavola sarà un piatto che un cattolico (sì, perfino un cattolico anglicano) potrebbe mangiare anche nella Settimana Santa, il Venerdì di Passione. Saranno lenticchie fredde, niente olio e solo aceto; saranno radici amare e pane azzimo e niente agnello arrosto.
Negli ultimi anni, dicevo, un’abbondante pioggia di curatori d’anime (i “curati”) si è abbattuta sull’Inghilterra del Nord. Ma intorno al 1811-12 quella benefica pioggia non era ancora venuta: i curati erano scarsi …