Hippie è un romanzo autobiografico di Paulo Coelho, pubblicato nel 2018. Un romanzo che ci porta a rivivere il sogno di rivoluzione e pace della generazione hippie.
“È importante condividere. Per quanto possa apparire scontato, è fondamentale non lasciarsi condizionare dal pensiero egoistico di arrivare da soli alla fine del viaggio. Chi agisce in quel modo, scoprirà soltanto un paradiso vuoto, privo di interesse, e presto si ritroverà sopraffatto dalla noia.
Non è possibile raccogliere le luci che illuminano il cammino e portarle con sé. Se qualcuno lo facesse, si ritroverebbe con uno zaino stipato di lanterne e, pur avendo a disposizione un’enorme quantità di luce, probabilmente camminerebbe senza nessuno accanto, giacché gli altri brancicherebbero nel buio.”
Karla è una ragazza olandese, che sogna il Nepal e aspetta di incontrare il compagno ideale per iniziare questo viaggio. Paulo, l’altro protagonista, è un giovane brasiliano che vuole diventare scrittore: porta i capelli lunghi e gira il mondo alla ricerca della libertà, del significato più profondo dell’esistenza.
Le loro strade si incontrano ad Amsterdam nel 1970 e insieme decidono di partire per l’Asia a bordo del Magic Bus, lungo la rotta hippie. Sulla strada vivono una straordinaria storia d’amore, in un susseguirsi di avventure e incontri occasionali destinati a lasciare il segno.
Durante il viaggio dall’Europa a Kathmandu, Karla, Paulo e i loro compagni affrontano desideri e paure, vivono grandi e piccole rivoluzioni e trasformano le proprie vite abbracciando nuovi valori che li cambieranno per sempre.
“quando le anime s’incontrano nell’esistenza terrena già conoscono la direzione del loro cammino comune e ne sono spaventate – d’altronde, la nostra vita è talmente condizionata che non concediamo loro il tempo di conoscersi e, ricercando sempre qualcosa di migliore, gettiamo alle ortiche la nostra grande occasione.”
Nel settembre del 1970, due luoghi si contendevano il privilegio di essere considerati il centro del mondo: Piccadilly Circus, a Londra, e il Dam, ad Amsterdam. Ma non tutti ne erano al corrente: infatti, la maggior parte delle persone interrogate avrebbe risposto: “La Casa Bianca, negli Stati Uniti”, oppure: “Il Cremlino, nell’Unione Sovietica”. E questo perché si trattava di individui che attingevano le proprie informazioni dai giornali, dalla televisione, dalla radio – mezzi di comunicazione che stavano declinando rapidamente e che non avrebbero mai più riacquistato la rilevanza di cui godevano nell’epoca in cui erano stati inventati.
Nel settembre del 1970, i biglietti aerei erano molto costosi e, di conseguenza, viaggiare era quasi un esclusivo appannaggio delle élite. In realtà, non era così per un’immensa folla di giovani che i vecchi media citavano soltanto per il loro aspetto esteriore: i capelli lunghi, gli abiti variopinti, la scarsa igiene personale – un’autentica falsità: ma quei ragazzi non leggevano i giornali e gli adulti erano disposti a credere a qualsiasi notizia screditasse coloro che consideravano una “minaccia per la società e il buoncostume”; inoltre, con il loro “libertinaggio”, con il loro “amore libero”, come si diceva con disprezzo, mettevano in pericolo un’intera generazione di giovani donne e uomini studiosi, il cui unico scopo era quello di affermarsi nella vita. Ebbene, quella massa sempre più numerosa di ragazzi possedeva un sistema per divulgare le notizie pressoché inidentificabile.
Di certo, il “Gazzettino Invisibile” non aveva alcun interesse a divulgare, comparare e commentare l’ultimo modello di auto della Volkswagen o i nuovi tipi di detersivo in polvere che venivano lanciati sul mercato. Gli articoli investigavano su quale sarebbe stato il prossimo grande sentiero da percorrere per quella torma di insolenti, sudici, fautori del “libero amore” e abbigliati come nessun essere umano con una parvenza di buon gusto avrebbe mai osato vestirsi. Le ragazze con i capelli sciolti o raccolti in grosse trecce – comunque sempre adornati di fiori –, le gonnellone, le bluse variopinte – rigorosamente indossate senza reggiseno –, le collane di perline versicolori; i ragazzi con le chiome e le barbe lunghe, i jeans scoloriti, lisi e bucati per l’uso prolungato – un utilizzo imposto dal loro costo elevato in ogni parte del mondo, tranne che negli Stati Uniti… Ebbene, quei giovani sciamavano dai ghetti dei quartieri popolari e si riversavano nelle aree dei concerti a San Francisco e dintorni.
Era il “Gazzettino Invisibile” a convogliarli lì, dove si scambiavano informazioni sui vari luoghi d’incontro di città e paesi diversi, sulla maniera di scoprire il mondo senza salire su un pullman turistico, ad ascoltare la guida che descriveva i paesaggi che sfilavano nei finestrini mentre i ragazzi si annoiavano e gli anziani sonnecchiavano. Era grazie al passaparola – al “GI” – che apprendevano il luogo del prossimo concerto o i passi che li avrebbero condotti al nuovo sentiero da percorrere. E non esisteva alcuna barriera finanziaria per quell’impresa, poiché il loro vate non era né Platone né Aristotele – e neppure un disegnatore di qualche comics assurto allo status di celebrità –, bensì Arthur Frommer, l’autore di Europe on 5 Dollars a Day, un libro senza il quale nessuno viaggiava più nel Vecchio Continente. Nelle sue pagine si potevano trovare alloggi, ristoranti, attrattive, ritrovi e luoghi dove ascoltare musica dal vivo senza spendere praticamente un soldo.