La resa dei conti è un thriller politico scritto da John Grisham, pubblicato a gennaio 2018. Un viaggio colmo di suspense alla ricerca della verità sulla guerra degli americani contro i giapponesi.
“Lascia che parlino. In ogni caso non si aspettava un briciolo di comprensione né da loro né dal resto della contea. Non cercava comprensione, non gli importava che lo capissero, non era intenzionato a spiegare le sue azioni. In quel momento era un soldato con degli ordini da eseguire e una missione da compiere.”
Ottobre 1946, Mississippi. Pete Banning, cittadino modello di Clanton, reduce di guerra pluridecorato, patriarca di una nota famiglia locale proprietaria di campi di cotone, amato padre di famiglia e fedele membro della locale comunità metodista, in una fresca giornata di ottobre si alza presto, sale in macchina e si dirige verso la chiesa. Entra nello studio del pastore, il suo amico reverendo Dexter Bell, e con calma e determ25inazione gli spara e lo uccide. Da quel momento, l’unica cosa che Pete ripete a tutti, familiari, avvocati, uomini di giustizia, è “non ho niente da dire”. Qualunque sia stato il motivo del suo inconcepibile gesto non verrà svelato. Pete non ha paura della morte e viene giustiziato portando il suo segreto nella tomba, lasciando incredula l’intera comunità di Clanton. Ma perché l’ha fatto?
“Mentiva. La Flotta del Pacifico era stata menomata a Pearl Harbor e non era in grado di opporsi all’embargo giapponese.Le Filippine erano isolate. Washington e MacArthur lo sapevano.
Pur di non morire di fame, i soldati mangiavano di tutto.”
In questo romanzo, John Grisham, accompagna il lettore in un incredibile viaggio colmo di suspense alla scoperta della sua verità, dagli Stati del Sud alla giungla delle Filippine durante la guerra degli americani contro i giapponesi, a un claustrofobico manicomio pieno di segreti fino all’aula del tribunale dove l’avvocato del protagonista cerca invano di salvarlo senza la sua collaborazione, mostrando gli effetti che può avere a lungo termine un crimine terribile e inspiegabile.
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Un freddo mattino di inizio ottobre del 1946, Pete Banning si svegliò prima dell’alba e capì subito che non si sarebbe rimesso a dormire. Rimase a lungo sdraiato al centro del letto a fissare il soffitto buio, chiedendosi per la millesima volta se avesse il coraggio. Poi, mentre i primi raggi di luce facevano capolino da una finestra, accettò solennemente la realtà: era venuto il momento di uccidere. Il bisogno di farlo era troppo travolgente, non poteva più continuare a far finta di nulla. Non avrebbe ritrovato la fiducia in se stesso finché non avesse compiuto l’impresa, semplice da progettare ma difficile da immaginare. Le conseguenze sarebbero durate decenni, avrebbero cambiato la vita ai suoi cari e a tanta gente che cara non gli era affatto. Avrebbe creato una leggenda di malvagità, sebbene non desiderasse assolutamente la fama. Anzi, per indole sarebbe voluto passare inosservato, ma non era possibile. Non aveva scelta. A poco a poco la verità era venuta fuori e, una volta diventata palese, l’omicidio si era rivelato inevitabile come il sorgere del sole.
Si vestì lentamente come sempre, con le gambe irrigidite e doloranti per le ferite di guerra, e nel buio della casa andò in cucina, dove accese una luce fioca e fece il caffè. Mentre aspettava che fosse pronto rimase dritto come un fuso vicino al tavolo da colazione, le mani intrecciate dietro la nuca, e piegò appena le ginocchia. Sentì il dolore irradiarsi dai fianchi alle caviglie, ma restò in posizione per dieci secondi. Si rilassò, si piegò un’altra volta e poi un’altra ancora, rannicchiandosi sempre di più. Aveva barre di metallo nella gamba sinistra e schegge di proiettile nella destra.
Versò il caffè, aggiunse latte e zucchero, uscì sul portico dietro casa e, in cima ai gradini, guardò la sua terra. La luce giallastra del sole che sorgeva filtrava in un mare bianco. I campi erano zeppi di cotone che sembrava neve; fosse stato un giorno qualunque, Pete avrebbe sorriso davanti a un raccolto che prometteva benissimo. Per quel giorno, invece, niente sorrisi, ma soltanto lacrime, e tante. Evitare l’omicidio, tuttavia, sarebbe stato un atto di codardia, e lui la codardia non sapeva cosa fosse. Bevve il caffè e ammirò la sua proprietà, si sentì confortato dalla sicurezza che gli dava. Sotto la coltre bianca c’era un fertile strato di terra nera che apparteneva ai Banning da oltre cent’anni. Le autorità lo avrebbero incarcerato e probabilmente giustiziato, eppure la terra sarebbe durata per sempre e avrebbe sostentato la sua famiglia.