
L’ultimo giro della notte è un thriller dello scrittore statunitense Michael Connelly, pubblicato nel 2018, il primo con protagonista la detective Renée Ballard, ex giornalista di cronaca nera entrata in polizia per combattere la violenza di cui scriveva.
“La scarica di adrenalina adesso era una locomotiva lanciata nelle vene di Ballard. Trent non era più semplicemente una persona da tenere d’occhio. Il treno aveva superato quella fermata. Ora credeva che fosse il suo uomo, e non c’era nulla di paragonabile a quel momento di pura certezza. Era il sacro graal del lavoro di detective, e non aveva nulla a che fare con le prove, le procedure legali, la causa probabile. Era un istinto, che arrivava dritto dalla pancia.
Non esisteva niente di più appagante, per lei.
L’attesa era stata lunga, adesso che lavorava all’ultimo spettacolo, ma alla fine era riuscita a provare di nuovo quella sensazione. E in un attimo ebbe la certezza che era per momenti come quello che non avrebbe mai mollato il suo lavoro, in qualsiasi turno si fosse trovata a svolgerlo.”
La polizia di Los Angeles non è stata gentile con Renée Ballard: ex reporter di nera, è entrata in polizia stufa di scrivere di crimini, e impaziente di risolverne qualcuno, e in poco tempo è diventata detective alla Omicidi. Ma poi qualcosa è andato storto. E adesso la detective Ballard è relegata al turno di notte, insieme al collega Jenkins, a godersi dagli scomodissimi posti in prima fila quello che in polizia chiamano “l’ultimo spettacolo”. Ciò che di peggio la notte losangelina ha da offrire. Qualunque cosa accada, però, alle sette del mattino il turno finisce: l’ultimo giro di ruota della notte non consente mai ai detective dell'”ultimo spettacolo” di vedere un crimine risolto, di seguire un caso fino alla fine. E così anche questa notte. Un travestito picchiato selvaggiamente, trovato sul lungomare in punto di morte; una cameriera aspirante attrice freddata sul pavimento del Dancers, un locale di Hollywood. Ballard e Jenkins sono subito sulle scene del crimine. Ma stavolta Renée, che non è famosa per l’amore delle regole, decide di fregarsene delle procedure: perché dietro i due crimini ha intravisto più che un casuale scoppio di violenza.
In una Los Angeles nera come non mai, Michael Connelly ambienta una nuova, maestosa storia, intrecciando più casi e soprattutto presentandoci un nuovo personaggio destinato a incontrarsi presto anche con Harry Bosch, una detective tosta, solitaria e dalla corazza durissima. Una che non ha nessuna intenzione di mollare.
Ballard scriveva in fretta. Aveva una laurea breve in giornalismo, presa all’Università delle Hawaii. La sua carriera di reporter non era durata a lungo, ma l’addestramento e l’esperienza le avevano conferito capacità che le erano di grande aiuto in quella parte del lavoro di polizia. Lavorava bene sotto pressione ed era in grado di farsi un’idea chiara dei rapporti e dei riepiloghi dei casi prima di scriverli. Usava frasi brevi e chiare che davano ritmo alla narrativa dell’indagine. Questo si rivelava utile anche quando veniva chiamata in tribunale a testimoniare. Ballard piaceva alle giurie, perché era brava a raccontare storie.
Era stato proprio in un’aula di tribunale che la sua vita era cambiata, quindici anni prima. Appena uscita dall’università era stata assunta come cronista di nera per il «Los Angeles Times». Le avevano dato un ufficio minuscolo nel tribunale del distretto di Van Nuys, dal quale copriva le notizie relative a casi penali e alle sei divisioni del LAPD che comprendevano la parte nord della città. Un caso in particolare aveva attratto la sua attenzione: l’omicidio di una quattordicenne scappata di casa, che una notte era stata sequestrata dalla spiaggia di Venice. Era stata condotta in una casa di drogati a Van Nuys, dove era stata ripetutamente violentata nel corso di diversi giorni, poi strangolata e abbandonata nel cassone del camion dei rifiuti di un cantiere edilizio.
La polizia era riuscita a costruire un caso, portando due uomini a processo per l’omicidio. Ballard aveva coperto le udienze preliminari. Il detective incaricato aveva testimoniato, raccontando tutte le torture che la vittima aveva dovuto sopportare prima di morire. E a un tratto si era messo a piangere. Non era uno show per ingraziarsi la giuria, perché non c’era alcuna giuria, solo un giudice che doveva decidere se il caso era abbastanza solido per un processo. Vedendo piangere quel detective, Ballard si era resa conto che non voleva più limitarsi a scrivere articoli su crimini e indagini. E il giorno dopo aveva fatto domanda per entrare nell’accademia di polizia, per diventare una detective.