L’isola dell’abbandono è un romanzo scritto da Chiara Gamberale, pubblicato a febbraio 2019. Una Storia sull’abbandono, un dolore profondo con cui tutti, prima o poi, dobbiamo fare i conti. Ma che può rivelarsi una grande occasione per ritrovarci e capire finalmente chi siamo.
“No. Non aveva mai creduto che potesse venire qualcosa di buono da persone afflitte dallo stesso problema che stabiliscono programmaticamente di aiutarsi. Credeva semmai che la salvezza, come la sventura, ci sorprende, e arriva da dove meno ce lo aspetteremmo.”
Pare che l’espressione “piantare in asso” si debba a Teseo che, una volta uscito dal labirinto grazie all’aiuto di Arianna, anziché riportarla con sé da Creta ad Atene, la lascia sull’isola di Naxos. In Naxos: in asso, appunto. Proprio sull’isola di Naxos, l’inquieta e misteriosa protagonista di questo romanzo sente all’improvviso l’urgenza di tornare. È lì che, dieci anni prima, in quella che doveva essere una vacanza, è stata brutalmente abbandonata da Stefano, il suo primo, disperato amore e sempre lì ha conosciuto Di, un uomo capace di metterla a contatto con parti di sé che non conosceva e con la sfida più estrema per una persona come lei, quella di rinunciare alla fuga. E restare. Ma come fa una straordinaria possibilità a rivelarsi un pericolo? E come fa un trauma a trasformarsi in un alibi? Che cosa è davvero finito, che cosa è cominciato su quell’isola? Solo adesso lei riesce a chiederselo, perché è appena diventata madre, tutto dentro di sé si è allo stesso tempo saldato e infragilito, e deve fare i conti con il padre di suo figlio e con la loro difficoltà a considerarsi una famiglia. Anche se non lo vorrebbe, così, è finalmente pronta per incontrare di nuovo tutto quello che si era abituata a dimenticare, a cominciare dal suo nome, dalla sua identità più profonda…
“Eppure si ritrovava lì, perché Damiano aveva insistito e, nonostante tutto, aveva ancora il potere di condizionarla se si trattava di stare bene, stare male, provare a stare meglio.”
Dialogando in modo esplicito e implicito con il mito sull’abbandono più famoso della storia dell’umanità e con i fumetti per bambini con cui la protagonista interpreta la realtà, Chiara Gamberale ci mette a tu per tu con il miracolo e con la violenza della vita, quando ci strappa dalle mani l’illusione di poterla controllare, perché qualcosa finisce, qualcuno muore o perché qualcosa comincia, qualcuno nasce. E ci consegna così un romanzo appassionato sulla responsabilità delle nostre scelte e sull’inesorabilità del destino, sui figli che avremmo potuto avere, su quelli che abbiamo avuto, che non avremo mai. Sulle occasioni perse e quelle che, magari senza accorgercene, abbiamo colto.
A cominciare era stato l’unico uomo presente in sala, che teneva lo sguardo incollato alla punta delle scarpe da ginnastica e masticava ossessivamente una radice di liquirizia: “Ciao, mi chiamo Franco e, come molti di voi ormai sanno, sono gengle da un anno e tre mesi”.
“Ciao, Franco,” lo avevano salutato gli altri, in coro. Il responsabile dell’Associazione Genisoli le aveva fatto cenno di non essere timida e lei aveva obbedito. Ciao, Franco.
“Difficile da credere, ma negli ultimi giorni le cose sono perfino peggiorate. Ho pregato la stronza di farmi sapere quali settimane di agosto potrò passare con la bambina, ma se la chiamavo non mi rispondeva, allora ho insistito su WhatsApp, e lei: dipende dalla tua Samy, o meglio, da quando la tua Samy ci fa la grazia di sparire, mi ha scritto. Capito? Se ne va, si mette con un altro, evidentemente con quell’altro già ci stava da non voglio nemmeno sapere quanto, io muoio, ma non per dire, nessuno lo sa meglio di voi: muoio, e quando finalmente incontro Samy, che meritava molto, ma molto di più del cadavere che ero, che fa, la stronza? Dice o passi le vacanze con Samy o le passi con la bambina. Cioè, o la mia donna o mia figlia… Perché naturalmente quell’altro nel frattempo si è reso conto di quant’è stronza la stronza e l’ha lasciata. Ma io che colpa ne ho? E Samy? E mia figlia, soprattutto. Che colpa ne ha lei? Per un anno è stata con me quattro giorni a settimana, quando la stronza doveva correre dietro al suo pilota…”
Intercetta lo sguardo di lei, incuriosito, e spiega: “Tu sei nuova, ma gli altri lo sanno bene: la stronza si era messa con un pilota della Air Dolomiti: hai mai preso questa compagnia aerea? No? Ecco: nemmeno io. Nemmeno la stronza, ma da quel momento, non avendo niente da fare, perché come sapete per lavoro gioca a occuparsi degli appartamenti che i suoi affittano, ha cominciato a seguire tutti i voli Air Dolomiti. Su e giù fra Verona e Monaco di Baviera, Verona e Francoforte, Verona e sto cazzo… E con chi rimaneva Benedetta? Con me, sempre con me. Poi però, all’improvviso, il pilota la molla, e allora basta: si ricorda di avere una figlia, e decide che quella figlia può essere anche mia solo se io non mi rifaccio una vita. È giusto? Vi pare giusto?”.
“Grazie, Franco,” avevano risposto gli altri, sempre in coro. No che non è giusto, aveva pensato lei, invece. E non riusciva a capire perché nessuno dicesse la sua, se avessi una minima confidenza con te, Franco, prenderei la parola io, ti direi coraggio, non soccombere, la stronza ha evidentemente più personalità di te, ma tu hai la consapevolezza dalla tua, oltre a Benedetta che sicuramente ti adora, chissà quanti bastoncini di liquirizia succhiate quando state insieme, e insomma, dai, l’importante adesso è proteggere la piccola da tutto questo e sicuramente Samy saprà starti vicino… Ma era arrivato il momento di una signora con i riccioli a lumache, stretta in un tailleur di panno rosa salmone: “Ciao, sono Michela e sono gengle da sette anni”.
Ciao, Michela.