Giordano Bruno, nato a Nola nel 1548, fu un filosofo, scrittore e monaco cristiano. Simbolo della libertà di pensiero e della persecuzione religiosa.
“Forse tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell’ascoltarla”
Fu assassinato dalla Chiesa cattolica, accusato dal tribunale dell’Inquisizione e condannato al rogo il 17 febbraio 1600, nella piazza di Campo de’ Fiori, a Roma. Il suo carnefice, cardinale Roberto Bellarmino, gesuita, fu canonizzato da Pio XI il 29 giugno 1930.
“Un’unica forza, l’Amore, unisce infiniti mondi e li rende vivi. Un cuore sacro si slancia verso l’universo intero. L’Infinito, che supera lo spazio e il tempo, che abbatte ogni parete, che trascura ogni dimensione, domina ed apprende il vuoto.”
Un rogo che arde da oltre 400 anni, quello di Campo dei Fiori in Roma, dove nella fredda mattinata del 17 Febbraio 1600 fu arso vivo Giordano Bruno. Una fiamma che da allora continua a commuovere, ma anche a riscaldare i cuori e le menti di generazioni di uomini che, sull’esempio di Giordano Bruno, si battono perché le ceneri dell’oscurantismo dogmatico non soffochino la libertà di pensiero e di ricerca.
“Dio è in ogni luogo e in nessuno, fondamento di tutto, di tutto governatore, non incluso nel tutto, dal tutto non escluso, di eccellenza e comprensione egli il tutto, di defilato nulla, principio generatore del tutto, fine terminante il tutto. Mezzo di congiunzione e di distinzione a tutto, centro ogni dove, fondo delle intime cose. Estremo assoluto, che misura e conchiude il tutto, egli non misurabile né pareggiabile, in cui è il tutto, e che non è in nessuno neanche in se stesso, perché individuo e la semplicità medesima, ma è sé.”
Il suo monumento, sorto nel luogo dove fu eretto il rogo, fu oggetto di molti tentativi di rimozione, fortunatamente falliti. Con i tempi che corrono non mi stupirei se a qualcuno venisse in mente di rimuoverla. La sua filosofia sopravvisse alla sua morte, portò all’abbattimento delle barriere tolemaiche, rivelò un universo molteplice e non centralizzato e aprì la strada alla Rivoluzione scientifica.
“Io dico Dio tutto Infinito, perché da sé esclude ogni termine ed ogni suo attributo è uno e infinito; e dico Dio totalmente infinito, perché lui è in tutto il mondo, ed in ciascuna sua parte infinitamente e totalmente: al contrario dell’infinità de l’universo, la quale è totalmente in tutto, e non in queste parti (se pur, referendosi all’infinito, possono esse chiamate parti) che noi possiamo comprendere in quello”
De infinito, universo e mondi
Trovate il post dei libri su Giordano Bruno qui
In Lode Dell’Asino
O sant’asinità, sant’ignoranza,
santa stoltezza e pia devozione,
qual sola puoi far l’anime si buone
che umano ingegno e studio non l’avanza.
Non giunge faticosa vigilanza
d’arte qualunque sia o invenzione,
né dei sapienti contemplazione,
al ciel dove ti edifichi la stanza.
Che vi val (curiosi) lo studiare,
voler sapere quel che fa la natura,
se gli astri son pur terra, fuoco e mare?
La santa asinità di ciò non cura,
ma con man giunte e in ginocchio vuol stare
aspettando da Dio la sua ventura.
Nessuna cosa dura
eccetto il frutto dell’eterna requie,
la qual ci dona Dio dopo le esequie.
La verità entro di noi
Lascia l’ombre ed abbraccia il vero.
Non cangiare il presente col futuro.
Tu sei il veltro che nel rio trabocca,
mentre l’ombra desia di quel c’ha in bocca.
Aviso non fu mai di saggio o scaltro
perdere un bene per acquistarne un altro.
A che cerchi si lungi diviso
se in te stesso trovi il paradiso?
Anzi, chi perde l’un mentre e’ nel mondo,
non speri dopo morto l’altro bene.
Perché si sdegna il ciel dare il secondo
a chi il primiero non caro non tenne;
così, credendo alzarti, vai a fondo;
ed ai piacer togliendoti, a le pene
ti condanni; e con inganno eterno,
bramando il ciel, stai ne l’inferno.
Se la farfalla
Se la farfalla al suo splendor ameno vola,
non sa ch’è fiamma al fin discara;
se, quand’il cervio per sete vien meno,
al rio va, non sa della freccia amara;s’il lioncorno corre al casto seno,
non vede il laccio che se gli prepara.
I’ al lume, al fonte, al grembo del mio bene,
veggio le fiamme, i strali e le catene.S’è dolce il mio languire,
perché quell’alta face sì m’appaga,
perché l’arco divin sì dolce impiaga,perché in quel nodo è avvolto il mio desire,
mi fien eterni impacci
fiamme al cor, strali al petto, a l’alma lacci.