Addio alle armi è un romanzo scritto da Ernest Hemingway, fu pubblicato nel 1929, scritto dopo il suo ritorno dal fronte europeo, iniziato quando la moglie era incinta e si stava preparando al parto.
Racconta una storia d’amore e di guerra che si svolge in Italia prima, durante e dopo la battaglia di Caporetto. Ispirato dalle esperienze personali dello scrittore, infatti egli fu conducente di ambulanze per la Croce Rossa Americana nel corso della Prima Guerra Mondiale sul fronte italiano nel 1918. Nella notte tra l’8 e il 9 luglio, a Fossalta di Piave, fu ferito alle gambe e ricoverato all’ospedale di Milano, qui si invaghì di un’infermiera connazionale di nome Agnes von Kurowski.
“Il fatto che la materia del libro fosse tragica non mi rendeva infelice, perchè ero sicuro che la vita è una tragedia e finisce sempre allo stesso modo” Ernest Hemingway
La pubblicazione del libro fu vietata in Italia fino al 1945 perché il contenuto fu ritenuto lesivo dell’onore delle Forze Armate dalla dittatura fascista, nel libro viene descritta la disfatta dell’esercito italiano a Caporetto del 1917 e la diserzione del protagonista. La traduzione in italiano era stata già scritta clandestinamente nel 1943 da Fernanda Pivano, che per questo motivo venne arrestata a Torino.
“Se la gente porta tanto coraggio in questo mondo, il mondo deve ucciderla per spezzarla, così naturalmente la uccide. Il mondo spezza tutti quanti… ma quelli che non spezza li uccide. Uccide imparzialmente i molto buoni e i molto gentili e i molto coraggiosi. Se non siete fra questi potete essere certi che ucciderà anche voi, ma non avrà una particolare premura.”
Trama di “Addio alle armi”
Frederic Henry, il protagonista del romanzo, è un giovane americano giunto in Italia per partecipare alla grande guerra come volontario, lavora come autista di ambulanze della Croce Rossa Italiana.
Qui gli viene presentata da un collega la giovane infermiera inglese, Catherine Barkley. Fra i due nasce un rapporto amichevole, quasi un diversivo dalla guerra. Durante un’operazione sull’Isonzo Frederic viene ferito alle gambe e ricoverato all’ospedale Maggiore di Milano. Quando l’infermiera lo raggiunge a Milano, lui capisce di essersi innamorato, che la loro relazione non è una distrazione.
“Ci addormentavamo quando eravamo stanchi e se ci svegliavamo si svegliava anche l’altro e così non eravamo più soli. Spesso un uomo desidera esser solo e anche una ragazza desidera esser sola e se si amano sono gelosi di questo l’uno per l’altro, ma io posso dire sinceramente che per noi non è mai stato così. Potevamo sentirci soli mentre eravamo insieme, soli contro gli altri. Mi è capitato così soltanto una volta. Sono stato solo mentre ero con molte ragazze e questo è il modo in cui si può essere più soli. Ma noi non eravamo mai soli e non avevamo mai paura quando eravamo insieme. So che la notte non è come il giorno: che tutte le cose sono diverse, che le cose della notte non si possono spiegare nel giorno perché allora non esistono, e la notte può essere un momento terribile per la gente sola quando la loro solitudine è incominciata. Ma con Catherine non c’era quasi differenza nella notte tranne che era anche meglio.”
Nel frattempo la guerra va avanti, centinaia di migliaia di soldati sono morti e la vittoria è ancora lontana, nonostante la propaganda. Frederic, in una conversazione con gli altri autisti del suo gruppo, scopre anche che non tutti gli italiani sono a favore della guerra.
Il 24 ottobre del 1917 il fronte italiano crolla a Caporetto e Frederic si ritrova travolto dalla massa di soldati in caotica ritirata, tanto che gli autisti si vedono costretti ad abbandonare i mezzi. Costretto a scappare, con feriti gementi, cadaveri sparsi, truppe in fuga, soldati ammutinati che sfidano gli ufficiali. A contatto con la dura realtà della guerra capisce che purtroppo non è come se l’aspettava.
Al momento di attraversare in ritirata un ponte sul fiume Tagliamento Frederic viene fermato dalla polizia militare dell’arma dei carabinieri che aveva l’ordine di interrogare e fucilare sul posto gli ufficiali sbandati e ritenuti disertori. Si salva rocambolescamente tuffandosi nel fiume riuscendo poi a raggiungere Catherine a Stresa tra varie avventure, ma i due sono costretti a lasciare l’Italia poiché la polizia militare è sulle tracce di Frederic e sta per arrestarlo…
“«Se lei vivrà fino a esser vecchio come me, si accorgerà di molte cose strane.»
«Non ha mai avuto l’aria di esser vecchio.»
«È il corpo che è vecchio. A volte ho paura di spezzarmi un dito come si spezza un bastoncino di gesso. E lo spirito non invecchia e non diventa più saggio.»
«Lei è saggio.»
«No. È il grande inganno: la saggezza dei vecchi. Non diventano saggi. Diventano attenti.»”
Recensione
Quest’opera fa parte dei libri di formazione, il protagonista che entusiasta parte per la guerra alla ricerca di esperienze nuove e forti, inizia un percorso di consapevolezza, attraverso le drammatiche sofferenze che la guerra inevitabilmente porta, non solo sofferenze fisiche, ma anche ingiustizie, e si rende conto che la guerra è un carnaio.
La storia è narrata in prima persona dal protagonista con un’espressività asciutta e fredda, uno stile da reportage giornalistico, caratteristica che non ho amato e non amo in generale di questo autore, ci prospetta una visione negativa come deve essere quando si parla di guerra, ma non solo. E’ un miscuglio di emozioni: un grido di dolore e di speranza, fredda razionalità, malinconia e un’arresa alla vita crudele ed al male che non è nascosto solo nella guerra.
Incipit di “Addio alle armi”
I
Sul finire dell’estate di quell’anno eravamo in una casa in un villaggio che di là del fiume e della pianura guardava le montagne. Nel letto del fiume c’erano sassi e ciottoli, asciutti e bianchi sotto il sole, e l’acqua era limpida e guizzante e azzurra nei canali. Davanti alla casa passavano truppe e scendevano lungo la strada e la polvere che sollevavano copriva le foglie degli alberi. Anche i tronchi degli alberi erano polverosi e le foglie caddero presto quell’anno e si vedevano le truppe marciare lungo la strada e la polvere che si sollevava e le foglie che, mosse dal vento, cadevano e i soldati che marciavano e poi la strada nuda e bianca se non per le foglie.
La pianura era ricca di messi; c’erano molti frutteti e di là della pianura le montagne erano brune e spoglie. Sulle montagne si combatteva e di notte vedevamo i lampi delle artiglierie. Nell’oscurità erano come fulmini estivi, ma le notti erano fredde e non si aveva la sensazione di un temporale imminente.
A volte nell’oscurità sentivamo le truppe marciare sotto la finestra e passare i cannoni trainati dai trattori. C’era un gran traffico di notte e molti muli sulle strade, con cassette di munizioni ai due lati del basto, e camion grigi che portavano uomini, e altri camion coi carichi coperti da teloni, che si muovevano più adagio nel traffico. C’erano anche cannoni pesanti che passavano di giorno trascinati dalle trattrici, con le lunghe volate mascherate di rami verdi, e frasche e pampini verdi coprivano le trattrici. A nord guardavamo una valle e si vedeva un castagneto e, al di là di questo, un’altra montagna sulla stessa riva del fiume. Anche per quella montagna si combatteva, ma senza successo, e in autunno quando incominciarono le piogge le foglie caddero tutte dai castagni e i rami rimasero nudi e i tronchi neri di pioggia. Anche le vigne erano smilze e spoglie e tutta la campagna era bagnata e bruna e morta nell’autunno. C’erano nebbie sul fiume e nubi sulla montagna, e sulla strada i camion schizzavano fango e le truppe erano infangate e fradice sotto le mantelline; avevano i fucili bagnati, e sotto le mantelline le due giberne sul davanti delle cinture, scatole grige di cuoio piene di caricatori con le sottili e lunghe cartucce da 6,5 mm, sporgevano sotto le mantelline di modo che gli uomini che passavano nella strada avevano l’aria di donne incinte di sei mesi.
C’erano piccole automobili grige che passavano a grande velocità; di solito con un ufficiale accanto all’autista e parecchi altri sul sedile posteriore. Schizzavano fango perfino più dei camion, e se uno degli ufficiali seduti dietro era piccolo, così piccolo che non gli si poteva vedere il viso ma soltanto la cima del berretto e la schiena stretta, e se l’auto andava più veloce del solito, era probabile che fosse il re. Stava a Udine e usciva a quel modo quasi ogni giorno per vedere come andavano le cose, e le cose andavano molto male.
Al principio dell’inverno vennero le piogge continue e con le piogge il colera. Ma riuscirono a fermarlo e in tutto l’esercito ne morirono soltanto settemila.
Sono state realizzate tre versioni cinematografiche del romanzo:
La prima del 1932, la regia di Frank Borzage con Gary Cooper che ottenne 4 nomination al premio oscar e Helen Hayes.
La seconda del 1957, girata in Italia, la regia di Charles Vidor, con Rock Hudson, Jennifer Jones, Vittorio De Alberto Sordi.
La terza versione del 1996, Amare per sempre (In Love and War), le regia di Richard Attenborough, con Chris O’Donnell e Sandra Bullock.
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