Il Mediterraneo in barca di Georges Simenon è una raccolta di scritti prodotti, nel 1934, durante i sei mesi di navigazione nel Mediterraneo su una goletta in affitto, con un equipaggio di sei uomini capitanato da Angelino, un italiano con cui riesce a comunicare a gesti. Gli articoli furono poi pubblicati nel 1939. La traduzione è di Giuseppe Girimonti Greco e Maria Laura Vanorio.
“Il Mediterraneo è… Il Mediterraneo è… Il Mediterraneo…
Resto così, con la penna a mezz’aria, in seria difficoltà, come quando da bambino, in piedi davanti alla lavagna, spostavo il peso da una gamba all’altra e intanto cercavo con la coda dell’occhio un compagno compassionevole. Il Mediterraneo è…
Eppure una definizione vorrei riuscire a darla; o perlomeno vorrei delimitare sin d’ora il campo delle mie osservazioni, con la stessa facilità con cui ho tracciato sulla carta nautica una linea spezzata che va da Marsiglia a Messina fino al Pireo, da Smirne a Beirut fino a Porto Said, da Malta alla Sardegna fino a Tunisi, Tangeri, Barcellona.
Il Mediterraneo è…”
Che Simenon sia un prodigioso narratore è a tutti noto. Ma forse non tutti sanno che, in particolare fra il 1931 e il 1946, è stato un reporter non meno prodigioso – e singolare. Singolare perché, lungi dal considerarsi un inviato speciale, i suoi reportage li ha scritti per sé, per viaggiare, per finanziare la sua curiosità.
Quella curiosità nei confronti dell’uomo che ha scoperto in sé sin da quando, giovanissimo, lavorava alla «Gazette de Liège»: «Ho sempre colto la differenza fra l’uomo vestito e l’uomo nudo» ha dichiarato. «Intendo dire l’uomo com’è davvero, e l’uomo come si mostra in pubblico, e anche come si vede allo specchio».
Così, alla vigilia di ogni viaggio, Simenon andava da un amico caporedattore e gli diceva: «La settimana prossima parto. Le interessano dodici articoli?». Ma proprio perché concepiti in funzione dell’unica attività che gli stesse a cuore, la scrittura – non a caso ha voluto intitolare il volume che li raccoglie Mes apprentissages («Il mio apprendistato») –, i suoi pezzi giornalistici non fanno dunque che rivelarci un’altra faccia del Simenon romanziere.
Lo dimostra questo resoconto di una crociera compiuta nel Mediterraneo – da Porquerolles alla Tunisia passando dall’Elba, Messina, Siracusa, Malta – a bordo di una goletta: una lunga crociera durante la quale Simenon, che si era ripromesso di capire e descrivere il Mare nostrum, non potrà che confermarsi nella sua vera vocazione, la stessa di Stevenson: raccontare storie.
“Una rondine che si tira dietro un aeroplano. Però intanto la barca alla fine si muove. Alla velocità di un nodo. E per raggiungere Messina che, col suo faro perfettamente visibile, è là di fronte a noi, ci metteremo un giorno e una notte.
Per un’intera settimana, nelle ore più calde della giornata, tutti sospiravano:
«Ah, Messina! Come sarebbe bello mangiare una cassata!».
A quanto pare sono i gelati più buoni del mondo. E allora ci precipitiamo. Ne mangiamo una, ne mangiamo due, tre, e la notte abbiamo tutti mal di pancia. L’indomani la sola vista di una pasticceria o di gente che mangia il gelato ai tavolini di un caffè ci dà la nausea.”
Simenon spinto dalla sua grande curiosità, soprattutto dell’animo umano, si avventura in un viaggio in barca alla scoperta del Mediterraneo. Più volte scrive “Il mediterraneo è …”, ma fa fatica a completare la frase.
L’unico modo che ha per definire il Mediterraneo è scrivere come sa fare lui, cioè raccontando storie, di fatti e persone, di quel tratto di “mare Mediterraneo che ha dato al mondo il suo alfabeto”.
E filosofeggia sull’essenziale, sulla vita semplice, sulla miseria, sull’immigrazione, sull’apatia di un popolo che una volta primeggiava, ma anche sulla bellezza, la solidarietà e di saggezza antica. Il libro si arricchisce delle bellissime fotografie scattate durante il viaggio.
“La cultura latina è il Mediterraneo.
Al punto in cui siamo si potrebbe dire che la cultura anglosassone è tutto il resto…
Il conflitto – sempre che di conflitto si tratti – fra l’asino che si accontenta del poco che ha e il cavallo che reclama la biada…
Il conflitto – sempre che di conflitto si tratti – fra l’asino che si accontenta di murene…
Tra la frutta coltivata e quella che cresce spontaneamente…
Tra chi fa la siesta a mezzogiorno e chi gioca a calcio la sera…
Tra chi organizza la natura come un’azienda e chi la considera una vecchia puttana materna.
Tra chi ha paura di aver fame e chi è abituato ad averla…
Tra chi, infine, crede in Dio Padre e in Maometto e chi invece crede di averli colonizzati. Tre o quattro volte ho solcato questo mare Mediterraneo che ha dato al mondo il suo alfabeto.
Ricomincio da capo, quasi sperando di essermi sbagliato.
Scrivevo l’altro giorno: «Il Mediterraneo è… è…».
Il Mediterraneo è tante di quelle cose che, quest’oggi, mi sono permesso di filosofeggiare, ma vi prometto che d’ora in poi non mi dimenticherò mai più che il mio mestiere, come diceva Stevenson, è quello di «raccontatore di storie».”
Ho deciso di leggere questo libro quando ho scoperto che parlava anche della mia città, Messina. La curiosità mi ha portata ad intraprende questo viaggio per il Mediterraneo alla scoperta di occhi estranei che hanno guardato la mia terra. Sono stata piacevolmente trasportata dalla magistrale scrittura di Simenon in un viaggio pieno di scoperte, dove la mente è stata anche spronata alla riflessione. I passi che ho deciso di condividere sono quasi tutti riferiti alla città di Messina, a cui ho voluto rendere omaggio, ma non sono certo tra le migliori del libro.
“Ieri sono passato fra Scilla e Cariddi. E ho la tentazione di cimentarmi, su questo argomento, in una pagina poetica infarcita di erudizione.
Sarebbe più facile che dirvi: lo stretto di Messina è… è uno stretto, ovviamente! Da una parte c’è la Sicilia, con una città tutta bianca e l’Etna sullo sfondo del cielo. Dall’altra parte c’è la Calabria.
Ma è soprattutto – ed è sempre stato – il confine tra due mondi. Fino a Messina siete più o meno a casa, e le cose hanno ancora il loro valore, le parole come la luce, i colori come i sentimenti.
Oltre Messina, a dispetto della Grecia, è già un’altra cosa, è il Mediterraneo avanti Cristo, è l’Oriente, i popoli in marcia, le razze in pieno fermento.
Immaginate adesso, all’ingresso dello stretto, due correnti contrapposte, le famigerate correnti di Scilla e Cariddi, che creano turbolenze tali che il mare assume l’aspetto di un calderone. Gli stessi piroscafi riescono a passare solo con grande precauzione.
Ora, è di qui che sono venuti i Fenici, e poi i Greci… e passando per di qua la cultura è arrivata in Occidente…
Pensate, allora, ai negri del Ciad che, fra qualche secolo, indicando ai loro figlio letti le postazioni lungo le piste dei mezzi cingolati, diranno:
«È di qui che…».Non sono altro che due vortici sull’acqua calma e iridescente dello stretto, e tutt’intorno i pescatori danno la caccia al pesce spada come se il mare non fosse mai servito a nient’altro.
Ho forse infranto il mio giuramento? No, perché non vi ho parlato di Archimede che, da una montagna che riesco a scorgere da qui, ha dato fuoco alle navi con uno specchio, né di Ulisse, né…
Ho lasciato Messina l’altro ieri e stanotte sono arrivato a Siracusa.
Se leggete i racconti dei viaggiatori del passato, dall’antichità fino a Marco Polo, troverete sempre, a proposito di un porto dell’Asia Minore o di una qualsiasi città dell’Estremo Oriente, frasi come queste:
«… Abbiamo avvistato allora una grande città, affollata di templi e di fastosi palazzi… Il suolo era pavimentato, quasi dappertutto, di pietra e di marmo. Nei mercati si ammassavano prodotti d’ogni genere e una folla ben vestita andava e veniva, mentre a ogni crocicchio musicisti e giocolieri incantavano l’orecchio e lo sguardo… L’aria era rinfrescata da fontane di mirabile fattura… Bianchi colombi volteggiavano fra i passanti… All’ombra dei giardini, coppie di innamorati…».
Insomma, l’immagine stessa della prosperità e della gioia di vivere. A creare questa impressione sono soprattutto quei gran mucchi di cibarie, i musicisti, e la folla ben vestita che non ha niente da fare… E poi c’è anche la faccenda delle fontane e degli innamorati…”