Nuovissimo Testamento è un romanzo scritto da Giulio Cavalli, pubblicato il 18 febbraio 2021, da Fandango Libri. Giulio Cavalli torna nella DF di Carnaio per raccontarci con lucidità e poesia le contraddizioni di una società che ci anestetizza alle emozioni e ci priva della curiosità di sognare.
“Niente famiglia, ovviamente, la famiglia era nemica del governo di DF, la famiglia era il covo delle sensazioni e delle esperienze incontrollate. Non esistevano figli di, non esistevano padri di, non esistevano madri di, non esisteva nulla. “
Trama di “Nuovissimo Testamento
Un giorno qualsiasi Fausto Albini è sulla spiaggia, con un bastone disegna un cerchio, forse ha un ricordo e si sente male.
Portato d’urgenza al Pronto Soccorso, viene ricoverato nel reparto dei Disturbi affettivi, quello per i cittadini di DF con problemi di rotondità sentimentale. Insieme a lui, Manlio Cuzzocrea che ha pianto per giorni senza un motivo, Andrea Razzone scoperto a leggere e Angelo Siani che sogna ossessivamente la madre che non ha mai conosciuto.
Evidentemente, il sistema di DF – che prevede bambini tolti ai genitori, mogli a rotazione, nessuna aspirazione e nessuna libertà di scelta – non funziona più come un tempo. Di fronte all’aumento dei focolai di empatia incontrollata, il governo del presidente Bussoli nel chiuso della sua impenetrabile cittadella fortificata si dice preoccupato: è impossibile governare un popolo che prova paura e desideri, i casi di disturbi affettivi in aumento rappresentano un pericolo.
Intanto a confermare a Fausto Albini l’esistenza delle emozioni sarà l’incontro con la dottoressa Anna Cordio che ha in carico il suo caso e per la quale sentirà un sentimento indicibile e proibito: l’amore.
Quando Fausto e i suoi compagni si renderanno conto che dietro la mancanza di empatia potrebbe esserci un disegno politico, dall’ospedale partirà il primo nucleo della resistenza, il cui scopo è solo uno: liberare le emozioni, riportare nel mondo l’empatia, dare voce a un “nuovissimo testamento”, anche a costo di rimetterci la vita.
“Se l’uomo non si riconosce tra simili non riesce a dare un nome ai propri bisogni. Un uomo che non riconosce i propri bisogni non possiede il vocabolario della democrazia. Il potere che finge di istruire e invece governa con paternalismo ha la strada spianata. Il segreto del saper bene governare sta nel rendere i cittadini bene governabili, proni, incapaci di unirsi tra loro e con il mondo esterno. I cittadini di DF erano spiriti monchi che vagavano lì dove gli veniva chiesto di andare.”
Incipit di “Nuovissimo Testamento
Prima parte
Capitolo 1 – Un cerchio sulla sabbia
Disegnò un cerchio sulla sabbia con un ramo spezzato e gli si ruppero le vene. Gli venne in mente quando nei suoi primi giorni di università aveva letto la parola sversamento, sarebbe diventato un rinomato architetto come avevano previsto gli algoritmi del governo, ci scommettevano tutti come si scommette sulle scommesse che non hanno nessun margine di rischio e, quando era incappato in sversamento, aveva pensato a un cuore rovesciato, una tazza di latte che gocciola dalla tovaglietta fino al pavimento, un corpo che si riempie all’interno dall’interno annegando dentro se stesso. Aveva riso, quella volta, di quell’immaginazione così infantile e già allora si era preoccupato di avere sorriso. Gli era ricapitato di sorridere e non aveva mai avuto il coraggio di dirlo a nessuno. Quel crac delle vene mentre osservava il solco tondo in spiaggia fu un dolore che non lo lasciò respirare. Era svenuto di faccia, i suoi ristretti l’avevano caricato sul sedile posteriore per avviarsi verso l’ospedale come prevede la procedura se qualcuno non risponde alle sollecitazioni esterne per più di quindici minuti. Furono quindici minuti di provocazioni vocali, poi fisiche, poi un accenno di massaggio cardiaco e di respirazione forzata e infine qualche sberla, roba leggera, più di dita che di palmo, schiocchi sulla spiaggia mentre gli insiemi degli altri ristretti continuavano ad affaccendarsi nelle loro cose, un bagno svelto, qualche partita a carte, qualche lettura del giornale nazionale o locale, alcuni studiavano, altri semplicemente stavano. Solo i suoi ristretti si erano occupati di lui, come stabilito dalla legge, senza nessun cenno di affanno, come previsto dal protocollo. Durante il percorso Mario, alla guida, spiegò che la congiuntura economica prometteva tempi buoni e produttivi, raccontò che nel 1983 ci erano stati gli stessi indicatori e si era trattato dell’inizio di un tempo prospero per tutti. Fulvio rispose che sì, avrebbe potuto essere il principio di un buon tempo, da uno a dieci probabilmente un otto o forse anche un otto e mezzo, molto dipende dal tenere congruo il numero delle nascite, disse Fulvio, e certo gli rispose Mario, rimanere in linea con i concepimenti è un dato fondamentale. Roberto sul sedile posteriore non ascoltava, non era interessato, manteneva la testa di Fausto perché non sbattesse e si era perso su alcuni conti che non gli tornavano in ufficio, forse ho capito l’errore, disse tra sé, concentrandosi per non dimenticare quell’intuizione. Furono al Pronto Soccorso in diciotto minuti, non aspettare l’ambulanza era stata una scelta proficua.
Fausto non aveva recuperato i sensi, perdeva bava, filamenti, le palpebre chiuse e sfrigolate dagli occhi che talvolta schizzavano e poi restavano fermi, una statua di insetti sottopelle. Un’infermiera con un camice bordato di rosa, il nome Lucia cucito all’altezza del polmone sinistro, chiese i dati del paziente, li chiedo a voi perché non mi sembra in grado, no no rispose Fulvio, saranno ormai più di trenta minuti che è incosciente, mi segno anche questo disse l’infermiera accigliandosi, scriveva veloce e rotonda su un modulo sgranato e intanto chiamarono il dottore, la barella venne spinta all’ingresso riservato per i pazienti, la porta automatica non fece nessun rumore, nemmeno un soffio. C’era un ragazzo con qualcosa di rotto che si lamentava, sembrava un sogghigno, tenendosi il braccio con l’altra mano, una donna incinta che piangeva in silenzio dentro un fazzoletto e altri due, tutti e due con una giacca e una cravatta indossate come una divisa, la cravatta blu che a uno dei due stava troppo lunga e parecchio stropicciata, due giacche grigio nebbia tagliate nette sui polsini con una cucitura malfatta quasi rigonfia, l’uno con mocassini neri e uno sbercio che aveva scollato la suola, l’altro quello con la cravatta bislunga che si pesava il piede per sentire se era vivo ancora, se ci danno l’incidente di lavoro sono almeno quindici giorni disse quello con la scarpa bucata, noi abbiamo rispettato le norme gli disse l’altro attraversato dalla cravatta, sì ma sono almeno quindici giorni di malattia e ne approfitto per finire delle cose in casa che ho lasciato in sospeso, posso anche sentire all’Ufficio degli Affetti la scadenza della moglie, sì ma noi abbiamo fatto tutto come dovevamo farlo quando il carico è caduto disse l’altro sotto la cravatta lunga, sì questo sì gli disse la scarpa, quando ti scade la moglie? gli chiese la cravatta, a fine mese, a fine mese, perfetto, così puoi fare il cambio con tutto il tempo che serve, sempre meglio avere tempo in abbondanza, meglio sì, certo che sì, sì. Il ragazzo con qualcosa di rotto, forse il braccio, forse il polso, fermò con un dito alzato due medici che rimbalzavano sulla gomma degli zoccoli passando di lì, nella sala d’aspetto del Pronto Soccorso dove tutti aspettavano senza scomporsi e senza cedere alla fretta e senza ammalarsi di preoccupazione, dovrei solo sapere se riesco a prendere l’ultimo treno, disse il ragazzo mentre i medici lo ascoltavano dentro i camici bianchi, non possiamo saperlo noi, deve chiedere all’accettazione, gli rispose il medico con una barba a ciuffi che doveva essere difficile riordinare ogni mattina, dove abita? chiese l’altro medico con le vene del collo e una gobba sul naso che gli facevano una faccia tumultuosa, tutto nero, il ragazzo rispose dove abitava e il medico disse che sì, che i collegamenti erano davvero difficili e che probabilmente sarebbe stato meglio organizzarsi diversamente, domandando a qualche suo assegnato o male che vada al servizio navetta dell’ospedale, un ottimo servizio navetta si inserì il medico con la barba a ciuffi e gli occhi che sembravano rossi sotto la luce del neon, che faceva lo stesso rumore dei moscerini che friggono sui terrazzi in agosto, forse voglio fumare aggiunse il medico e l’altro sembrò quasi non sentirlo, anche il ragazzo ora non ascoltava più mentre teneva il braccio molle come se gli avessero spento un interruttore. Nessuno parlava troppo rumorosamente, velocemente, nessuno camminava con urgenza, nessuno soffriva con sofferenza, nessuno aspettava con impazienza, l’infermiera Lucia continuava a compilare carte dietro al bancone e sotto i numeri a pallini che indicavano la lista d’attesa, nessuno soffriva, nessuno si lamentava, non c’era nemmeno paura, perfino non c’era fastidio, il Pronto Soccorso era l’ennesima dimostrazione della rotondità sentimentale perfettamente riuscita, ora i medici si erano spostati alla macchinetta del caffè e tintinnavano di quel che dovevano fare, mentre la donna incinta parlottava al telefono sottovoce, sì sono qui c’è la carne nel secondo ripiano, diceva schiacciandosi l’apparecchio alla bocca, sicuro patate da tagliare a cubetti, sono la seconda, solo una persona, già fatto tutto, prendo un taxi, dovrebbero essere arrivate anche le bollette, le ho viste uscendo nella cassetta della posta, le chiavi sono nel cesto quello solito, così fai anche quello, alla prossima novità provo a chiamarti se non intralcio, ciao.