Il 9 ottobre del 1963 si verificò il disastro del Vajont. Alle 22.39, 260 milioni di metri cubi di roccia franarono dal versante settentrionale del monte Toc piombando nel lago artificiale della diga del Vajont al confine fra Veneto e Friuli, coinvolse prima Erto e Casso, paesi vicini alla riva del lago, mentre il superamento della diga da parte un’onda di 50 milioni di metri cubi d’acqua provocò l’inondazione e distruzione degli abitati del fondovalle veneto, tra cui il paese di Longarone, causando in pochi minuti la morte di circa 2000 persone, tra i quali 487 bambini.
L’evento fu dovuto a una serie di cause tra le quali l’innalzamento delle acque del lago artificiale oltre la quota di sicurezza di 700 metri voluto dall’ente gestore, operazione effettuata ufficialmente per il collaudo dell’impianto, che insieme a forti precipitazioni metereologiche e molta negligenza sui pericoli all’assetto idrogeologico del versante del monte Toc accelerarono la caduta di un’antica frana.
Dopo numerosi dibattiti e processi le cause furono ricondotte ai progettisti e dirigenti della SADE, ente gestore dell’opera, che occultarono la non idoneità dei versanti del bacino, a rischio idrogeologico, e coprirono con dolosità i dati a loro disposizione, con beneplacito di vari enti a carattere locale e nazionale, dai piccoli comuni interessati fino al Ministero dei lavori pubblici.
Una tragedia ancora viva nella memoria non solo della popolazione locale, ma di tutta Italia.
Molto è stato detto e scritto su questa catastrofe, ma non bisogna smettere di parlarne, quel che è accaduto deve servire da monito perché questo non accada mai più. Per non dimenticare e per ricordare le vittime del Vajont ho raccolto dei libri che hanno affrontato l’argomento.
Libri sul Vajont
Il racconto del Vajont di Marco Paolini.
Il 9 ottobre 1963 dal monte Toc, dietro la diga del Vajont, si staccano tutti insieme 260 milioni di metri cubi di roccia che piombano nell’invaso sollevando un’onda che scavalca la diga e cancella letteralmente dalla faccia della terra cinque paesi (Longarone, Pirago, Rivalta, Villanova, Faè) uccidendo 2000 persone. Non si trattò di un “disastro naturale”, come scrissero i cronisti all’indomani della strage, ma di una tragedia provocata dall’uomo.
Vajont: quelli del dopo di Mauro Corona.
Fu come un colpo di falce. Il 9 ottobre 1963, alle 22.39, duemila persone e un intero paese furono cancellati per sempre. All’osteria del Gallo Cedrone sei uomini si ritrovano a discutere fuori dai denti, tra un bicchiere di vino e l’altro, sulle responsabilità della tragedia; sul dopo Vajont, su chi ci ha guadagnato e chi ci ha perso. Dalle loro parole ruvide e coinvolte emergono accuse, notizie, fatti. E soprattutto il ritratto di un popolo pieno di inestinguibile dolore, ma mai vinto.
La storia del Vajont raccontata dal geologo che ha scoperto la frana di Edoardo Semenza.
Edoardo Semenza è il geologo che ha scoperto la frana del Vajont nell’agosto 1959, più di quattro anni prima che scivolasse provocando l’immane tragedia, ipotizzando che potesse muoversi nuovamente col riempimento del lago, ed è figlio del progettista della diga.
Vajont senza fine di Mario Passi.
Pochi istanti. E duemila persone morirono in una guerra che non seppero di avere combattuto. Così si conclude “Vajont senza fine”, per il quale Marco Paolini, il cantore teatrale del Vajont, ha scritto delle singolari “Istruzioni per l’uso”.
Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso Vajont di Tina Merlin.
Un libro sul potere e sui mostri che può generare. L’arroganza, l’assenza di controlli, la ricerca del profitto a tutti i costi, la complicità dello Stato e la vana ricerca di giustizia che fanno crollare la fiducia in una repubblica dei giusti.
Le foto della frana del Vajont.
L’opera multimediale comprende: un CD-ROM (per PC e MAC) con 300 fotografie, finora in gran parte inedite, precedenti e posteriori alla frana del 9 ottobre 1963, visualizzabili secondo: 6 album originali; 3 relazioni originali (1960-65); 39 zone attive cliccabili, su foto aeree; i punti di vista attivi cliccabili delle foto; il percorso “Le fasi della scoperta della antica frana e gli sviluppi successivi”.
Il grande Vajont di Maurizio Reberschak.
“Il Grande Vajont” è l’espressione con la quale i tecnici della Sade chiamavano l’enorme diga che il 9 ottobre 1963, con la frana del Toc e l’esondazione verso il paese di Longarone, causava quasi 1910 vittime.
Il Vajont dopo il Vajont.
Vajont, 9 ottobre 1963. Precipita una montagna, cade su un bacino idroelettrico: 1910 morti. Fatalità, natura crudele? O calcolo del profitto? Natura violentata, catastrofe inevitabile e prevedibile. Intatta la diga “capolavoro”. Distruzione e morte tutto intorno. E dopo? Compianto per i morti o per i vivi rimasti?
In meno di quattro minuti. Testimonianza sul Vajont: la strage e l’umiliazione di Giuseppe Vazza.
Appoggiato alla staccionata nel parcheggio di fronte alla biglietteria, aspetto che il gruppo di circa quaranta persone si disponga davanti a me. Inizio a parlare.
Vajont. Ottobre 1963 di Bruno Pittarello.
Nelle parole e nelle immagini del volume si svela la condizione delle vittime come apparve ai primi soccorritori nell’alba livida del 10 ottobre 1963. Memorie frantumate e disperse come i duemila morti.
Il mio Vajont di Paolo Cossi e Marco Pugliese (Con DVD)
Paolo Cossi e Marco Pugliese ritornano sul tema del disastro del Vajont per ripercorrerlo dal punto di vista opposto a quello giornalistico e investigativo.
Vajont. Storia di una diga di Francesco Niccolini, Duccio Boscoli. (Narrativa a fumetti)
9 ottobre 1963, confine tra Veneto e Friuli-Venezia Giulia. Poco dopo le dieci e mezzo di sera 260 milioni di metri cubi di roccia si staccano dal Monte Toc e precipitano nel bacino artificiale della diga del Vajont, provocando un’onda gigantesca che scavalca la struttura e travolge …
Dalla montagna il tuono. Vajont Sessantatre di Tommaso Percivale. (per ragazzi)
All’ombra della diga più alta del mondo si dipana una tela di imbrogli e segreti che nessuno ha il coraggio di svelare. Solo una giovane donna, figlia della montagna, ha la forza di scagliarsi contro i soprusi della SADE.
La storia di Marinella. Una bambina del Vajont di Emanuela Da Ros. (per ragazzi)
Dopo la visita al memoriale delle vittime del Vajont, Emanuela Da Ros non è più riuscita a togliersi dalla mente quel quaderno di scuola estratto dal fango, il quaderno di Marinella. E ha sentito la necessità di far rivivere quella bambina e i suoi sogni, perché i bambini di oggi sappiano che cos’è successo allora e non si ripetano gli errori del passato.
La diga del Vajont di Daniele Aristarco. (per bambini)
Il 9 ottobre 1963 alle 22.39 un’enorme frana si staccò dal monte Toc, dietro la diga del Vajont. Interi paesi vennero abbattuti, molte vite stroncate. Un disastro evitabile, provocato dall’uomo.
Vorrei anche ricordare la serie di due docufilm “Vajont – Per non dimenticare”, con la regia rispettivamente di Andrea Prandstraller e Nicola Pittarello.
Da vedere anche il film “Vajont” del 2001, diretto da Renzo Martinelli, con Michel Serrault e Daniel Auteuil.
Il 9 ottobre 1963 alle ore 22.39 dal monte Toc – che in dialetto friulano vuol dire “marcio, friabile” – si staccano 260 milioni di metri cubi di roccia che si riversano nel lago artificiale formato dalla diga ad alta curvatura più alta del mondo.
Progettata dall’ing. Semenza, la diga sul torrente Vajont, alta 263 metri, tra le montagne a nord di Belluno, doveva portare l’elettricità in tutte le case italiane. La giornalista dell’Unità Tina Merlin per anni, sulle pagine locali, aveva denunciato i pericoli, le omissioni e i silenzi, ma pur di vendere gli impianti all’Enel si minimizza e si preferisce credere all’anziano geologo Giorgio Dal Piaz piuttosto che al più giovane Edoardo Semenza, figlio del progettista della diga.
Nessuno comunque era arrivato ad immaginare che la frana avrebbe formato un’onda alta 250 metri e che 50 milioni di metri cubi di acqua avrebbero formato un gigantesco fungo liquido che piombando sulla valle avrebbe spazzato via tutti i paesi sottostanti provocando la morte di duemila persone. Non si tratta quindi di un film su una fatalità, una catastrofe ecologica ma di un film sul potere e sull’uso di esso da parte di chi lo detiene.