Le Sette Sorelle. La ragazza nell’ombra è il terzo capitolo di una serie di sette romanzi scritti da Lucinda Riley, pubblicato in Italia nel 2017, da Giunti, e tradotto da Leonardo Taiuti. Segreti e destini intrecciati formano l’avvincente enigma che Star dovrà decifrare in questo capitolo della saga.
Sette stelle, sette sorelle, sette libri per sette storie, la terza storia è quella di Star, che ci accompagna alla ricerca di segreti di famiglia, tra l’amore per il mare e quello per la musica, aggiungendo un altro tassello per ricostruire l’enigma di questa saga.
“La quercia e il cipresso non crescono l’una all’ombra dell’altro”
Trama del libro “La ragazza nell’ombra”
Star D’Aplièse ,silenziosa ed enigmatica, appassionata di letteratura e cucina, è la terza delle sei figlie adottive del magnate Pa’ Salt e vive da sempre nell’ombra dell’esuberante sorella CeCe. Fin da piccole le due sono inseparabili: hanno un linguaggio segreto che comprendono solo loro e hanno passato gli ultimi anni viaggiando per il mondo, guidate dallo spirito indomito di CeCe, di cui Star è abituata ad assecondare ogni desiderio.
Ma adesso, a solo due settimane dalla morte del padre, CeCe decide che per entrambe è arrivato il momento di fissare un punto fermo nelle loro vite e mostra a Star il magnifico appartamento sulle rive del Tamigi che ha intenzione di comprare per loro. Per la prima volta nella sua vita, però, Star sente che qualcosa in lei è cambiato: quel rapporto quasi simbiotico sta rischiando di soffocarla.
È ora di trovare finalmente la propria strada, cominciando dagli indizi che Pa’ Salt le ha lasciato per metterla sulle tracce delle sue vere origini: una statuetta che raffigura un gatto nero, il nome di una donna misteriosa vissuta quasi cent’anni prima e il biglietto da visita di un libraio londinese. Ma cosa troverà tra i volumi polverosi di quella vecchia libreria antiquaria? E dove vuole condurla realmente Pa’ Salt?
“Nel corso degli anni che ho speso su questa Terra ho imparato che nulla può restare per sempre com’era, e aspettarsi questo, ovviamente, è il più grande errore che una persona possa commettere. Il cambiamento arriva, che lo si voglia o no, e in modi diversi. Accettarlo è fondamentale per riuscire a vivere con gioia su questo nostro magnifico pianeta”
Cento anni prima, la testarda e indipendente Flora MacNichol giura che non si sposerà mai. È felice e al sicuro nella sua casa nel Lake District, vivendo vicino al suo idolo, Beatrix Potter, quando macchinazioni fuori dal suo controllo la portano a Londra, e la casa di uno dei giocatori più famosi della società edoardiana, Alice Keppel. Flora è divisa tra l’amore appassionato e il dovere verso la sua famiglia, ma si ritrova una pedina in un gioco le cui regole sono note solo agli altri, fino a quando un incontro con un misterioso gentiluomo svela le risposte che Flora ha cercato per tutta la vita.
Recensione
Come gli altri libri della serie il romanzo mescola elementi di mistero, intrighi familiari e storie d’amore. La Riley è una maestra nel creare personaggi che si evolvono e si trasformano e nell’accurata ricostruzione storica e geografica delle ambientazioni, che contribuiscono a creare un’atmosfera suggestiva. La scrittura non è particolarmente ricercata, ma comunque godibile. Avrei preferito che il diario che Star legge con la storia del passato fosse stato scritto sotto quella forma, avrebbe dato un qualcosa in più.
Star era la sorella che mi incuriosiva di più fin dall’inizio. In entrambi i primi due libri si parla molto del forte legame tra Star e CeCe e di come CeCe sostanzialmente parli per Star e prenda tutte le sue decisioni, mi è sempre sembrata una dinamica molto strana.
Anche se ho trovato dei buchi narrativi nella trama e la fine della storia di Star sia un po’ forzata mi è piaciuto, soprattutto per l’ambientazione nella campagna inglese, vecchie case di pietra con pavimenti e porte scricchiolanti, caminetti, natura e poi libri. Non mi ha convinta molto la controparte romantica di Star, non sono riuscita proprio a capirla ad entrare in empatia e sembra quasi che anche lei non fosse molto interessa.
“Mi ricordava una vecchia biblioteca: aveva i pavimenti di legno scuro e un caminetto con la mensola di marmo su una parete, davanti alla quale erano disposte due poltrone di pelle. Tra loro, un tavolino da caffè coperto di libri.
Mi chinai ad aprirne uno e subito si levò una nube di granelli di polvere, che si dispersero come minuscoli fiocchi di neve alla luce del sole. Mi raddrizzai e vidi che il resto della stanza era occupato da una serie infinita di scaffali pieni all’inverosimile.
Mi guardai intorno deliziata. Forse alcune donne provavano le stesse sensazioni entrando in un negozio di vestiti pieno di abiti alla moda. Ma per me quel posto era il “nirvana”
Il mito di Asterope
Asterope nella mitologia greca è la sorella di cui sappiamo meno. La sua luce è adombrata da quella delle altre Pleiadi. Asterope è formata da due stelle, tutte e due poco lucenti. Secondo la leggenda, Asterope è sempre in compagnia della sorella Celaeno, più forte e vivace di lei. Nelle evoluzioni del mito, Asterope appare sia come moglie sia come madre di Enomao, che fu re di Pisa, l’antica città greca dell’Elide, nel Peloponneso.
“Tirai fuori la frase che lei mi aveva tradotto, quella incisa sulla sfera armillare.
La quercia e il cipresso non crescono l’una all’ombra dell’altro.
Sorrisi. Era una descrizione perfetta del rapporto che mi legava a CeCe. Lei, così forte e intrattabile, i piedi ben piantati a terra. Io, alta e sottile, che oscillavo al minimo soffio di vento. Conoscevo già questa citazione. Era tratta da Il profeta, scritto da un filosofo di nome Kahlil Gibran. E sapevo anche chi, almeno a uno sguardo esterno, si trovasse all’ombra…
Solo che non sapevo come fare per tornare al sole.”
Curiosità su “La ragazza nell’ombra”
Questo romanzo ha come sfondo la varietà dei paesaggi inglesi, dalle dolci colline del Kent “Il giardino d’Inghilterra” fino ai territori più aspri del Lake District a nord, entrambi hanno una ricca storia letteraria.
Situato nel Nord-Ovest, vicino alla Scozia, il Lake District non è solo la zona più ricca di specchi d’acqua dell’Inghilterra, ma anche quella con la montagna più alta: Scafell Pike, ed ha ispirato uno dei più noti poeti “romantici”: William Wordsworth. Il Kent, nel Sud-Est dell’Inghilterra, è meno selvaggio, ma altrettanto bello. Il suo paesaggio è caratterizzato da fattorie, boschi, antichi paesini e residenze signorili.
Vita Sackville-West, che compare brevemente nella Ragazza nell’ombra come “amica speciale” di Violet, acquistò Sissinghurst Castle e i suoi terreni in stato di abbandono nel 1930. Lei e il marito lavorarono sodo per riportarli all’antica bellezza e realizzarono il progetto di un giardino davvero ambizioso. Vita ebbe molte altre storie d’amore, la più nota con la scrittrice Virginia Woolf, che da lei trasse ispirazione per uno dei suoi romanzi più noti, Orlando.
Chi era Alice Keppel
Alice Keppel è stato un personaggio di spicco nella società londinese, è stata l’amante di Edoardo VII, conosciuto più comunemente come Bertie, e che spesso i due si incontravano a Portman Square. Alice Keppel è la bisnonna della regina consorte Camilla del Regno Unito. Seppur controversa, era una donna brillante e socievole, dall’energia contagiosa. Aveva ospitato i più famosi politici e aristocratici europei di quei tempi, e tra le amanti di Bertie era la più nota, conosciuta con il soprannome “La Favorita”, era considerata una delle donne più belle del tempo per i suoi occhi blu, la vita sottile, i capelli castani e il seno generoso.
Violet e Sonia erano figlie di Alice Keppel. Cresciute a Portman Square a Londra, trascorsero un’infanzia molto particolare osservando l’andirivieni di aristocratici e politici che frequentavano la loro casa, tra cui anche “Sua Realtà”, il re Edoardo VII, come lo chiamavano le bambine. All’età di dieci anni Violet conobbe Vita Sackville-West, di due anni più grande. Il loro legame divenne negli anni sempre più intenso, fino a trasformarsi, in età adulta, in un’appassionata storia d’amore.
Sonia condusse invece una vita più tranquilla. Sposò l’onorevole Roland Calvert Cubitt. Le sue memorie, The Edwardian Daughter, sono un piacevole scorcio di infanzia edoardiana, con velati riferimenti a “Sua Realtà”, l’amico di sua madre. Sonia è la nonna di Camilla, Duchessa di Cornovaglia, moglie del pricipe Carlo d’Inghilterra.
Chi era Beatrix Potter
Beatrix Potter è stata una delle più importanti autrici per l’infanzia, famosa per il personaggio di “Peter Rabbit”, letto tutt’ora dai bambini di tutto il mondo. Donna poliedrica, nonostante fosse cresciuta in una rigida famiglia vittoriana, ebbe modo di distinguersi non solo come autrice e illustratrice, ma anche come naturalista, ambientalista, allevatrice e donna di affari. La più grande conquista di Beatrix fu la salvaguardia di vaste aree nel Lake District, che tramite il National Trust, l’organizzazione che ha per scopo la conservazione del patrimomio naturale, restituì poi agli inglesi. Oggi è possibile visitare la casa di Beatrix a Near Sawrey: Hill Top Farm.
Incipit del libro“La ragazza nell’ombra”
1
Ricorderò sempre alla perfezione dov’ero e cosa stavo facendo quando mi dissero che mio padre era morto.
Con la penna ancora sospesa sul foglio, alzai lo sguardo verso il sole di luglio – o almeno l’esile raggio che era riuscito a filtrare tra la finestra e il muro di mattoni rossi che si ergeva a pochi metri da me. Tutte le finestre del nostro minuscolo appartamento davano su quel muro e, nonostante il bel tempo, quel giorno la casa era buia. Era così diversa da Atlantis, la casa della mia infanzia sul Lago di Ginevra.
Mi resi conto che ero seduta esattamente dove mi trovavo nel momento in cui CeCe era entrata nel nostro piccolo, misero soggiorno per annunciarmi che Pa’ Salt era morto.
Posai la penna e andai a versarmi un bicchiere d’acqua del rubinetto. L’atmosfera era soffocante e fastidiosa; bevvi avidamente mentre riflettevo sul fatto che non dovevo farlo per forza, non dovevo infliggermi il dolore del ricordo. Era stata Tiggy, mia sorella minore, ad avermi suggerito l’idea quando l’avevo incontrata ad Atlantis dopo la morte di Pa’.
«Cara Star» aveva detto quando eravamo uscite in barca sul lago per distrarci un po’ dal nostro dolore. «So che per te è difficile parlare di quello che provi. E so anche che stai soffrendo. Perché non provi a scrivere i tuoi pensieri?»
Due settimane fa, sull’aereo che mi aveva riportato da Atlantis, avevo ripensato alle parole di Tiggy. E quella mattina avevo tentato di seguire il suo suggerimento.
Mentre fissavo la parete di mattoni, pensai, afflitta, che rappresentava la perfetta metafora della mia vita in quel momento – un’idea che mi fece sorridere. E il pensiero tornò al tavolo di legno tutto graffiato che il nostro misterioso padrone di casa doveva aver comprato per una miseria da un rigattiere. Mi sedetti e presi di nuovo in mano l’elegante stilografica che Pa’ Salt mi aveva regalato per il ventunesimo compleanno.
«Non comincerò dalla morte di Pa’» dissi ad alta voce. «Comincerò da quando siamo arrivate qui a Londra…»
La porta d’ingresso sbatté, facendomi sussultare. Era mia sorella CeCe, lo capii subito. Tutto ciò che faceva, lo faceva rumorosamente. Sembrava che proprio non riuscisse, per esempio, ad appoggiare sul tavolo una tazza di caffè senza sbatterla forte e rovesciarne il contenuto. Non sapeva cosa significasse “parlare a bassa voce”, e sin da piccola gridava a un volume tale che Ma’, preoccupata, l’aveva portata a farle controllare l’udito. Ovviamente non aveva nulla che non andasse. Come non risultò nulla di preoccupante quando, un anno più tardi, Ma’ mi aveva portato da un logopedista, dato che non parlavo un granché.
«Conosce le parole, ma preferisce non utilizzarle» aveva spiegato il dottore. «Lo farà quando sarà pronta.»
A casa, tentando disperatamente di comunicare con me, Ma’ mi aveva insegnato i rudimenti del linguaggio dei segni francese.
«Così, quando avrai bisogno di qualcosa, o vorrai parlare,» mi aveva detto «potrai usarlo per dirmi quello che provi. Al momento io per te provo questo.» Aveva rivolto un dito verso se stessa, aveva incrociato i palmi sul cuore e mi aveva indicata. «Io ti voglio bene.»
Anche CeCe l’aveva imparato in fretta, e quello che era iniziato come un metodo per comunicare con Ma’ era diventato il nostro linguaggio privato – un misto tra segni e parole inventate – cui ricorrevamo quando dovevamo parlare ma non eravamo sole. Ci divertivamo un mondo a vedere le espressioni sbalordite delle nostre sorelle ogni volta che rivolgevo un segno a CeCe, ed entrambe scoppiavamo a ridere senza ritegno.
Guardandomi indietro mi rendevo conto che CeCe e io eravamo diventate il contrario l’una dell’altra: io parlavo piano e poco, lei forte e spesso. E più lei parlava, meno io sentivo il bisogno di farlo; le nostre personalità erano agli antipodi. Da bambine la cosa non sembrava avere importanza, nella nostra grande famiglia con sei figlie: potevamo contare l’una sull’altra.
Il problema, però, era che importava adesso…
«Indovina un po’? L’ho trovato» esclamò CeCe entrando in soggiorno. «E tra qualche settimana potremo trasferirci. Stanno finendo i lavori, ma quando sarà pronto, ti sembrerà incredibile. Dio, che caldo fa qui. Non vedo l’ora di lasciare questo posto.»
CeCe andò in cucina e sentii lo scroscio dell’acqua del rubinetto. Sicuramente aveva schizzato tutto il lavello, che poco prima avevo pulito e asciugato con grande fatica.
«Vuoi un po’ d’acqua, Sia?»
«No, grazie.» Anche se CeCe usava questo nomignolo solo quando eravamo sole, mi rimproveravo sempre per il moto di irritazione che avvertivo nel sentirglielo usare. L’aveva trovato su un libro che Pa’ Salt mi aveva regalato per Natale, La storia di Anastasia, che parlava di una ragazzina che viveva nei boschi della Russia e scopriva di essere una principessa.
«Ti assomiglia, Star» aveva detto CeCe guardando le figure del libro. Avevamo cinque anni. «Forse anche tu sei una principessa. Sei carina, con i capelli biondi e gli occhi azzurri. D’ora in poi ti chiamerò “Sia”. E sta benissimo con “Cee”! Cee e Sia, le gemelle!» Aveva battuto le mani contenta.
Solo in seguito, dopo aver letto la vera storia della famiglia reale russa, mi ero resa conto di cosa fosse successo ad Anastasia Romanova e ai suoi fratelli. Altro che favola…
E ormai non ero più una bambina, ma una donna di ventisette anni.
«Sono sicura che ti piacerà da morire il nuovo appartamento» disse CeCe ricomparendo in soggiorno e buttandosi sul divano di pelle tutto rovinato. «Ho preso un appuntamento per andare a vederlo, domattina. Costa un sacco di soldi, ma ora posso permettermelo. E inoltre l’agente immobiliare mi ha detto che la City è in fermento. Per adesso non ci sono molti acquirenti in circolazione, perciò abbiamo concordato un prezzo di favore. È giunto il momento di farci una casa come si deve.»
È il momento di farmi una vita come si deve, pensai.
«Lo vuoi comprare?» dissi.
«Sì. O almeno, lo farò se ti piacerà.»
Ero talmente stupita che non sapevo cosa dire.
«Va tutto bene, Sia? Sembri stanca. Non hai dormito bene stanotte?»
«No.» Nonostante gli sforzi, non riuscii a trattenere le lacrime al pensiero delle lunghe ore insonni in cui avevo pianto il mio adorato padre, ancora incapace di credere che se ne fosse andato davvero.
«Sei ancora scombussolata, è questo il problema. È successo solo un paio di settimane fa, dopotutto. Ti sentirai meglio, te lo garantisco, specialmente dopo che avrai visto la nostra nuova casa. È questo postaccio che ti deprime. Deprime anche me» aggiunse. «Hai scritto al tizio per il corso di cucina?»
«Sì.»
«E quando comincia?»
«La settimana prossima.»
«Bene. Abbiamo tempo per scegliere i mobili per la nuova casa.» CeCe si avvicinò e mi abbracciò. «Non vedo l’ora di mostrartela.»
«Non è incredibile?»
CeCe spalancò le braccia in quello spazio grande e vuoto; la sua voce rimbombava sulle pareti mentre si avvicinava alla portafinestra di vetro e la apriva.
«E guarda, questo balcone è per te» disse facendomi cenno di seguirla. Uscimmo e mi resi conto che “balcone” era una definizione riduttiva per il luogo in cui ci trovavamo. Era un meraviglioso, enorme terrazzo sospeso sul Tamigi. «Puoi metterci tutte le tue erbe e quei fiori che amavi coltivare ad Atlantis» disse CeCe avvicinandosi al parapetto e osservando le acque grigie sotto. «Non è spettacolare?» Annuii, ma lei era già rientrata e dovetti seguirla. «In cucina manca ancora tutto, ma appena avrò firmato, avrai campo libero per scegliere il piano cottura, il frigo e tutto il resto. Visto che diventerai una professionista» disse facendomi l’occhiolino.
«Non credo proprio, CeCe. Seguirò solo un breve corso.»
«Ma hai un grande talento e sono certa che troverai un lavoro appena vedranno di cosa sei capace. Comunque, credo che sia perfetto per entrambe, no? Io posso usare quella zona per farci il mio studio.» Indicò un’area stretta tra la parete in fondo e una scala a chiocciola. «La luce è favolosa. E tu avrai la tua megacucina e anche lo spazio all’aperto. È la cosa più simile ad Atlantis che sono riuscita a trovare, qui nel centro di Londra.»
«Sì. È bellissimo, grazie.»
Mi rendevo conto di quanto fosse eccitata per questa casa e, dovevo ammetterlo, l’appartamento era davvero notevole. Non volevo rovinarle quel momento dicendole la verità, cioè che quella grossa scatola di vetro senz’anima nei pressi del fiume limaccioso era quanto di più lontano ci fosse dall’atmosfera di Atlantis.
Mentre CeCe e l’agente parlavano dei pavimenti di legno chiaro che avrebbero posato di lì a poco, io scossi la testa per scacciare i pensieri cupi. Ero una ragazza viziata: dopotutto, rispetto alle strade di Delhi o alle baraccopoli che avevo visto a Phnom Penh, vivere in un appartamento nuovo di zecca a Londra non era certo un dramma.
Ma il fatto era che avrei davvero preferito una capanna, qualcosa con le fondamenta ben salde nel terreno, con un piccolo appezzamento di terra intorno.
Mi voltai sentendo CeCe blaterare di una specie di telecomando che apriva e chiudeva le tapparelle e di un altro che attivava gli altoparlanti invisibili del Dolby Surround. Mentre l’agente non la guardava, mi disse «che furbacchione» con il linguaggio dei segni e alzò gli occhi al cielo. Io riuscii a sorriderle anche se stavo iniziando a soffrire di claustrofobia perché non potevo aprire la porta e scappare… Le città mi soffocavano; trovavo insopportabili il rumore, gli odori e le orde di persone. Ma almeno la casa era ampia e ariosa…
«Sia?»
«Scusa, Cee, cos’hai detto?»
«Andiamo di sopra a vedere la camera da letto?»
Salimmo la scala a chiocciola fino alla stanza che, come mi aveva annunciato CeCe, avremmo diviso, nonostante ci fossero altre camere da letto. Sentii un brivido corrermi lungo la schiena, nonostante la vista di cui si godeva dalla finestra, che effettivamente da lassù era spettacolare. Poi ci spostammo nell’incredibile bagno annesso alla camera, e capii che CeCe aveva fatto del suo meglio per trovare qualcosa che andasse bene a entrambe.
Ma il fatto era che non eravamo sposate. Eravamo sorelle.
La serie delle Sette sorelle è composta da
Le sette sorelle (The Seven Sisters) (2014)
Ally nella tempesta (The Storm Sister) (2015)
La ragazza nell’ombra (The Shadow Sister) (2016)
La ragazza delle perle (The Pearl Sister) (2017)
La ragazza della Luna (The Moon Sister) (2018)
La ragazza del Sole (The Sun Sister) (2019)
La sorella perduta (Missing Sister) (2021)
Atlas. La storia di Pa’ Salt (The Story of Pa Salt) (2023)