Le affinità elettive è un romanzo di Johann Wolfgang Goethe, pubblicato nel 1809. Fu concepito in origine come una novella da inserire in “Anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister“, ma presto crebbe fino ad acquisire forma autonoma.
“Un cuore che cerca, sente bene che qualcosa gli manca; ma un cuore che ha perduto, sa di che cosa è stato privato.”
Il titolo deriva dall’affinità chimica, proprietà degli elementi chimici che descrive la tendenza di alcuni di essi a legarsi con alcune sostanze a scapito di altre. Goethe, appassionato di scienze naturali, ha tratto l’ispirazione per quest’opera da un fenomeno chimico e dalle teorie di un chimico svedese che illustravano come tale fenomeno influenzasse anche la psicologia ed i rapporti umani.
“Ad esempio, ciò che chiamiamo calcare è una terra calcarea più o meno pura, intimamente legata a un acido debole, che noi conosciamo a uno stato gassoso. Se immergiamo un pezzo di questa pietra in acido solforico diluito, quest’ultimo attacca la calce che si trasforma in gesso, mentre l’acido debole, aeriforme, si volatilizza. Abbiamo avuto qui una separazione e una nuova combinazione: ormai ci sentiamo autorizzati a usare addirittura il termine “affinità elettiva”, perché sembra proprio che una relazione venga anteposta a un’altra, che se ne scelga una a preferenza di un’altra.”
Edoardo e Carlotta sono una coppia di coniugi, i due avevano vissuto il loro amore in giovane età, ma le loro famiglie avevano piani diversi per il futuro, Edoardo fu indotto dal padre a sposare una donna ricca e anziana e anche Carlotta fu data in sposa ad un altro uomo, benestante, dal quale ebbe anche una figlia, Luciana. Ma quando i due si rincontrano dopo anni ed entrambi vedovi, la fiamma tra loro si riaccende. Si sposano e dedicano la loro pacata esistenza alla cura della loro tenuta, circondata da un grande parco, tra le gioie della lettura, della musica e del giardinaggio. La loro felicità, però, è destinata a essere stravolta dall’ arrivo del Capitano, un vecchio amico di Edoardo, e della giovane Ottilia, la nipote orfana di Carlotta. I coniugi assistono quindi impotenti al disfacimento della loro relazione e alla formazione di due nuove coppie accomunate dai rispettivi caratteri, dalle loro affinità elettive: Edoardo con Ottilia, più romantici; e Carlotta con il Capitano, più pragmatici.
“Bisogna vedere in azione davanti ai propri occhi queste sostanze all’apparenza inerti, e tuttavia intimamente sempre disposte, ed osservare con partecipazione il loro cercarsi, attirarsi, assorbirsi, distruggersi, divorarsi, consumarsi, e poi il loro riemergere dalla più intima congiunzione in forma mutata, nuova, inattesa: allora si che si deve attribuire loro un vivere eterno, anzi, addirittura intelletto e ragione, dal momento che i nostri sensi appaiono appena sufficienti ad osservarli e la nostra ragione a stento capace di interpretarli.”
Il romanzo analizza la società dell’epoca, si incentra sul conflitto tra passione e dovere, tra felicità personale e rispetto delle convenzioni sociali, tra natura ed istituzioni. Fu un romanzo molto discusso, un vero trauma per i lettori dell’800, non solo perché per la prima volta furono in modo esplicito analizzate le attrazioni erotiche fuori dalle leggi morali e religiose, anticipatore del tema divorzio, ma anche per l’unione tra gli elementi illuministi e quelli romantici. Infatti alla fine anche lo scrittore stesso non prende posizione, non difende il matrimonio, ne si oppone, ogni soluzione è possibile e lascia spazio a diverse interpretazioni al lettore, sarà lui a decidere che posizione prendere. Sin dal momento della sua pubblicazione ha suscitato una miriade di interpretazioni, alcuni hanno sostenuto la teoria chimica nel rapporto tra i protagonisti, altri hanno dibattuto sulla filosofia della natura che affonda sulle radici del destino, altri si sono interrogati su quanta libera scelta l’uomo effettivamente possiede.
“Un uomo che si vanta di non cambiare mai opinione è uno che si impegna a camminare sempre in linea retta, un cretino che crede all’infallibilità. In realtà, non esistono principi, ci sono soltanto avvenimenti; non esistono leggi, ci sono soltanto circostanze: l’uomo superiore sposa gli avvenimenti e le circostanze per guidarli.”
Ho trovato una modernità in questo romanzo che mi ha spiazzata, che non ti aspetti quando ti accingi a leggere un classico. Purtroppo certi meccanismi psicologici riguardo a come vivere l’amore sono ancora oggi impregnati di bigottismo ed di un concetto dell’amore incatenato. Non dico che l’amore deve essere vissuto come un “libera tutti” e coppie aperte, ma deve essere rispettato, perché l’amore dovrebbe essere volere il bene dell’altro e quindi se l’altro non è più felice accanto a noi dovremmo lasciarlo andare, tanto non possiamo comunque esimerci dalla sofferenza quando eventi simili accadono. Ma spesso non è l’amore che proviamo a farci soffrire, ma l’orgoglio ferito, in questo caso significa che non era vero quell’amore che tanto decantavamo. L’unica parte che non ho amato del romanzo, che non amo in generale e che ritrovo spesso, soprattutto nei classici, è la tragicità degli eventi finali, mi riportano sempre in mente gli sceneggiati degli anni ’70 e ’80, un trauma da cui non mi sono mai ripresa. Una domanda resta nella mente: dobbiamo lasciarci trasportare dalle passioni, da quel sentire profondo, o resistere, combatterle, oppure qualsiasi scelta è inutile e il destino farà sempre il suo corso?
Primo capitolo
Eduard – è il nome che diamo a un ricco barone nel fiore dell’età virile – Eduard, dunque, aveva trascorso l’ora più bella d’un pomeriggio d’aprile nel suo vivaio per innestare su giovani tronchi le marze da poco arrivate. Aveva appena completato l’operazione: ripose gli attrezzi nel fodero e stava osservando con soddisfazione il suo lavoro quando sopraggiunse il giardiniere che si rallegrò dell’impegno partecipe del padrone.
“Hai visto per caso mia moglie?” domandò Eduard nell’accingersi ad andarsene.
“Di là, negli impianti nuovi,” rispose il giardiniere. “Oggi si completerà il capanno di muschio che ha fatto costruire addossato alla parete di roccia, dirimpetto al castello. Nel complesso è venuto proprio bene e piacerà sicuramente a Sua Signoria. La vista è eccellente: sotto il villaggio, un po’ a destra la chiesa con lo sguardo che può spaziare quasi oltre la guglia del campanile, di fronte il castello e i giardini.”
“Hai ragione,” confermò Eduard. “A pochi passi da qui potevo vedere la gente al lavoro.”
“Sulla destra poi,” proseguì il giardiniere, “si apre la valle e, al di là delle folte distese d’alberi, il panorama sfuma in lontananza, ed è un gran bel vedere. Il sentiero che risale le rocce è tracciato proprio bene. La signora se ne intende; si lavora con soddisfazione ai suoi ordini.”
“Vai da lei,” disse Eduard, “e chiedile di aspettarmi. Dille che desidero vedere la sua nuova creazione e compiacermene.”
Il giardiniere si allontanò, svelto, ed Eduard lo seguì poco dopo.
Scese lungo le terrazze, passando sogguardò le serre e le aiuole, avanzò fino all’acqua e raggiunse, al di là d’un ponticello, il luogo in cui il sentiero si biforcava in direzione dei nuovi impianti. Tralasciò il ramo che, passando per il cimitero, puntava quasi direttamente verso la parete rocciosa, per imboccare invece l’altro che, sulla sinistra, risaliva meno ripidamente attraverso un’amena boscaglia; là dove si ricongiungevano si sedette per un po’ su una panca opportunamente collocata in quel punto, per affrontare quindi la salita vera e propria lungo uno stretto sentiero, ora più ora meno ripido, che lo condusse infine, passando per ogni sorta di scale e balze, al capanno di muschio.
Charlotte accolse il consorte sulla porta e lo fece sedere in modo che potesse cogliere con una sola occhiata, come incorniciate dalla porta e dalle finestre, le varie visioni del paesaggio. Eduard ne fu lieto, tanto più nella speranza che la primavera vivificasse ben presto l’insieme con profusione anche maggiore. “Ho un solo appunto da fare,” aggiunse, “il capanno mi sembra un po’ angusto”.
“Per noi due è comunque sufficientemente spazioso,” rispose Charlotte.
“Certo,” ammise Eduard, “anche se, volendo, ci sarebbe posto anche per una terza persona.”
“Perché no?” ribatté Charlotte. “E anche per una quarta. Se la compagnia fosse più numerosa, potremmo invece allestire qualcosa altrove.”
“Già che siamo qui soli e indisturbati,” disse Eduard, “oltre che d’animo sereno e tranquillo, devo confessarti che, già da qualche tempo, ho un peso sul cuore che vorrei, che dovrei confidarti ma non riesco a decidermi.”
Parti del libro che mi sono piaciute
Dal diario di Ottilie
“Guardiamo così volentieri al futuro perché vorremmo tanto, con taciti desideri, volgere in nostro favore le sue incerte oscillazioni.”
“È difficile trovarsi in folta compagnia senza pensare: il caso che ne ha radunati tanti dovrebbe condur qui anche i nostri amici.”
“Per quanto si viva ritirati ci si ritrova, prima d’accorgersene, debitori o creditori.”
“Se ci imbattiamo in qualcuno che ci deve gratitudine, ce ne rammentiamo subito. Ma quanto spesso ci accade di imbatterci, senza ricordarcene, in qualcuno a cui siamo debitori di gratitudine!”
“Confidarsi è naturale, accogliere la confidenza così come ci vien fatta è educazione.”
“Nessuno parlerebbe molto in società se fosse consapevole delle tante volte in cui fraintende gli altri.”
“Nel ripeterle, si alterano spesso le parole altrui probabilmente solo perché non le si è capite.”
“Chi parla da solo e a lungo davanti agli altri senza lusingare gli ascoltatori suscita antipatia.”
“Ogni parola pronunciata evoca il suo contrario.”
“Contraddizione e adulazione guastano entrambe la conversazione.”
“Le compagnie più gradevoli sono quelle in cui, fra coloro che le compongono, vige un chiaro vicendevole rispetto.”
“Non c’è cosa che maggiormente connoti il carattere delle persone di ciò che trovano ridicolo.”
“Il ridicolo scaturisce da un contrasto morale che, innocuamente, è congegnato per i sensi.”
“L’individuo istintivo ride spesso lì dove non c’è niente da ridere. Qualunque cosa lo stimoli fa emergere la sua soddisfazione interiore.”
“La persona indulgente trova ridicolo quasi tutto, quella intelligente quasi nulla.”
“Si rimproverava a un uomo anziano di interessarsi ancora alle donne giovani. ‘È l’unico modo per ringiovanire,’ rispose, ‘che è poi un qualcosa che ognuno vuole.’”
“Ci lasciamo rinfacciare e anche punire i nostri difetti e, con pazienza, sopportiamo molto per amor loro; ci spazientiamo invece solo quando dovremmo rinunciarvi.”
“Certi difetti sono necessari all’esistenza dell’individuo. Ci sentiremmo a disagio se vecchi amici rinunciassero a certe loro caratteristiche.”
“Si usa dire: ‘Morirà presto’ quando uno fa qualcosa contro il suo modo d’essere.”
“Quali difetti possiamo conservare, anzi coltivare in noi? Quelli che maggiormente lusingano piuttosto che ferire gli altri.”
“Le passioni sono difetti o virtù, ma esasperate.”
“Le nostre passioni sono autentiche fenici. Non appena la vecchia brucia, dalle sue ceneri risorge subito quella nuova.”
“Le grandi passioni sono malattie senza speranza. Ed è ciò che le potrebbe guarire a renderle davvero pericolose.”
“La passione si accentua o sminuisce confessandola. In nulla sarebbe forse più auspicabile la via di mezzo che nel confidarci e nel sottacere con coloro che amiamo.”Dal diario di Ottilie
“In società si prende ognuno per quel che dice d’essere; ma qualcosa deve pur dichiararsi. Si sopportano i fastidiosi più di quanto si tollerino gli insignificanti.”
“Tutto si può imporre alla società, meno ciò che comporta conseguenze.”
“Non impariamo a conoscere il prossimo quando viene da noi; dobbiamo andare da lui per apprendere chi è.”
“Considero pressoché naturale che noi si trovi parecchio da ridire su chi venga a farci visita, e che noi lo si giudichi non certo nel modo più benevolo non appena sia partito: perché abbiamo per così dire il diritto di misurarlo secondo il nostro metro. Perfino le persone comprensive e giuste non si astengono in queste circostanze dalla più aspra censura.”
“Quando si sia invece stati in casa altrui e si sian visti gli altri nei loro ambienti, alle prese con le loro abitudini, nelle loro necessarie e inevitabili condizioni, come influenzano o si adattano a ciò che hanno attorno, allora ci vuol davvero scarsa intelligenza e cattiva volontà per trovar ridicolo quel che dovrebbe invece apparirci in più di un senso degno di rispetto.”
“Con quelli che chiamiamo contegno e buone maniere miriamo a ottenere ciò che è altrimenti conseguibile solo con la violenza, o forse neppure con la violenza.”
“La frequentazione delle donne è alla base delle buone maniere.”
“Come può il carattere, la specificità dell’individuo coesistere con la buona educazione?”
“L’educazione dovrebbe far risaltare la specificità. Ognuno vuol essere originale, purché non sia però anche molesto.”
“Nella vita come in società è il militare colto ad avere i maggiori vantaggi.”
“I rozzi uomini d’arme sono quanto meno coerenti con il loro carattere, ma poiché nella maggior parte dei casi dietro la forza si cela un po’ di bonomia, in caso di necessità ci s’intende anche con loro.”
“Nessuno è più seccante di un individuo grossolano di condizione borghese. Da lui si dovrebbe poter pretendere finezza, dal momento che non ha nulla di rozzo di cui occuparsi.”
“Quando viviamo con persone che hanno una delicata sensibilità per le convenienze, siamo in apprensione per loro se succede qualcosa di sconveniente. Condivido quindi la sofferenza di Charlotte quando qualcuno si dondola con la sedia, perché lo detesta al massimo.”
“Nessuno si presenterebbe con gli occhiali sul naso nell’intimità di un salotto se sapesse che a noi donne passa subito la voglia di guardarlo e di intrattenerci con lui.”
“L’eccesso di confidenza che subentra al rispetto è sempre ridicolo. Nessuno si toglierebbe il cappello solo dopo aver salutato se soltanto sapesse quanto appare ridicolo.”
“Non esiste alcun segno esteriore di gentilezza che non abbia una sua profonda ragione morale. La corretta educazione sarebbe quella capace di trasmettere il segno e la sua ragione insieme.”
“Il comportamento è uno specchio in cui ognuno mostra la sua immagine.”
“Esiste una gentilezza del cuore ed è affine all’amore. È da essa che scaturisce la più spontanea gentilezza del comportamento esteriore.”
“La dipendenza volontaria è la condizione più bella: e come sarebbe possibile senza l’amore?”
“Non siamo mai più lontani dai nostri desideri di quando ci illudiamo di disporre già di ciò che desideriamo.”
“Nessuno è più schiavo di colui che si ritiene libero senza esserlo.”
“Uno non ha che da dichiararsi libero per sentirsi immediatamente condizionato. Se ha il coraggio di dichiararsi condizionato, allora si sente libero.”
“Al cospetto dei grandi pregi di un altro non c’è altra via di scampo che l’amore.”
“È terribile per un uomo eccellente che gli sciocchi vantino i suoi meriti.”
“Si dice che non esiste eroe per un cameriere. Ma ciò dipende solo dal fatto che l’eroe può essere riconosciuto come tale solo da un altro eroe. Il cameriere invece saprà probabilmente apprezzare il suo simile.”
“Non c’è maggior consolazione per la mediocrità che pensare che il genio non sia immortale.”
“Gli uomini più grandi sono sempre connessi con il loro secolo da una debolezza.”
“Di solito si ritengono le persone più pericolose di quanto non siano.”
“I folli e gli intelligenti sono ugualmente innocui. I più pericolosi di tutti sono solo i mezzi matti e i mezzi saggi.”
“Non c’è niente di più sicuro dell’arte per sottrarsi al mondo, e non ci si connette a esso più sicuramente che con l’arte.”
“Abbiamo bisogno dell’artista perfino nei momenti della massima felicità e del massimo bisogno.”
“L’arte si occupa del difficile e del buono.”
“Vedere il difficile trattato con facilità ci offre la rappresentazione dell’impossibile.”
“Le difficoltà crescono più ci si avvicina alla meta.”
“Seminare non è faticoso come raccogliere.”Dal diario di Ottilie
“Come si può avere il coraggio di raffigurare con tanta cura quelle brutte scimmie! È già degradante guardarle soltanto come animali, ma si diventa poi anche proprio cattivi se si segue l’impulso di cercare sotto quelle maschere persone note.”
“Occorre davvero una certa dose di stravaganza per occuparsi con piacere di certe caricature e ritratti satirici. Debbo al nostro buon assistente il non essere stata tormentata con la storia naturale: non sono mai riuscita a trovar simpatici i vermi e gli scarafaggi.”
“Stavolta mi ha confessato di pensarla allo stesso modo. Ha detto che della natura non dovremmo conoscere altro se non ciò che d’essa, vivo, immediatamente ci circonda. Abbiamo un autentico rapporto con gli alberi che fioriscono, verdeggiano, portano frutti attorno a noi, con ogni cespuglio accanto al quale passiamo, con ogni filo d’erba sul quale incediamo: essi sono i nostri veri compagni. Gli uccelli che saltellano qui e là sui nostri rami, che cantano nel nostro fogliame, ci appartengono, ci parlano, fin da bambini, e noi impariamo a conoscere il loro linguaggio. C’è da chiedersi invece come mai ogni creatura esotica strappata al suo ambiente ci fa un’impressione un po’ paurosa che è attenuata solo dall’abitudine. Occorre condurre una vita proprio movimentata e chiassosa per sopportare d’aver attorno scimmie, pappagalli e mori.”
“Talora, quando mi prendeva il curioso desiderio di simili avventurose cose, ho invidiato il viaggiatore che vede queste e altre meraviglie ancora connesse con la vita viva d’ogni giorno. Anche lui diventa però un’altra persona. Nessuno incede impunemente sotto le palme, e le sensibilità cambiano sicuramente in un paese in cui siano di casa tigri ed elefanti.”
“È ammirabile solo quel ricercatore naturalista che sappia descriverci e raffigurarci le cose più estranee, più singolari, in connessione con il loro ambiente, con tutto ciò che hanno vicino, ossia di volta in volta nel loro elemento più peculiare. Quanto mi piacerebbe sentire Humboldt raccontare anche una sola volta!”
“Un gabinetto di scienze naturali può apparirci come una tomba egizia in cui siano radunati, imbalsamati, i più diversi idoli animali e vegetali. È comprensibile che, nella misteriosa semioscurità, se ne occupi una casta di sacerdoti, ma simili cose non dovrebbero insinuarsi nel comune insegnamento, tanto meno quando si veda facilmente trascurato qualcosa di più vicino e di più degno.”
“Un maestro che sappia destare la sensibilità anche per una sola buona azione, per una sola buona poesia, fa più d’uno che ci illustri serie intere di esseri naturali inferiori secondo le loro forme e denominazioni: perché tutto il risultato è quel che possiamo comunque già sapere, e cioè che l’immagine dell’uomo è l’unica a recare in sé, nel modo più unico e perfetto, la somiglianza con la divinità.”
“Sia lasciata al singolo la libertà di occuparsi di ciò che l’attrae, di ciò che gli dà gioia, di ciò che gli sembra utile; ma lo studio vero dell’umanità è lo studio dell’essere umano.”