Le mogli hanno sempre ragione è un romanzo giallo, scritto da Luca Bianchini, pubblicato l’8 marzo 2022, da Mondadori. Una commedia gialla ambientata a Polignano, tra canzoni stonate, melanzane alla parmigiana, segreti inconfessabili, voci di paese in cui tutti parlano e nessuno dice e colpi di scena, in cui tutte le tessere del mosaico si mettono a posto per rivelare una sorprendente verità.
“La verità è che i cadaveri lo impressionavano: l’unico che aveva visto in una bara era stato quello di sua nonna, da ragazzo, e aveva vomitato per tre giorni. Si toccò la pancia, il suo porto sicuro, che gli ricordava che non si era mai fatto mancare niente, e questo lo faceva stare bene.”
Trama di “Le mogli hanno sempre ragione”
Il maresciallo Gino Clemente ama la canottiera bianca, il karaoke, il suo labrador e soprattutto la moglie Felicetta, e coltiva un unico desiderio: andare presto in pensione. Dopo anni passati lontano da casa, viene finalmente trasferito nel suo paese d’origine, Polignano a Mare, a ridosso della festa patronale di San Vito che dà inizio all’estate. Per l’occasione, la famiglia allargata degli Scagliusi decide di celebrare il compleanno della piccola Gaia con una “festa nella festa”, durante la quale Matilde può inaugurare e soprattutto mostrare la sua nuova masseria a parenti e pochi amici. Non mancano i manicaretti peruviani preparati dalla fedele Adoración, la tata tuttofare della famiglia. Oltre a Ninella, don Mimì e a tutti i protagonisti di Io che amo solo te è stato invitato anche il maresciallo Clemente che però declina, ma sarà chiamato con urgenza sul posto: Adoración è stata trovata senza vita nel salottino degli angeli collezionati con amore dalla padrona di casa. È subito chiaro che non si tratta di una morte accidentale. Chi può essere stato? Nel pieno della notte di San Vito, il maresciallo si troverà ad affrontare un po’ controvoglia la sua prima vera indagine. Ad aiutarlo nell’impresa ci penseranno la brigadiera Agata De Razza, salentina dai capelli ricci e dalla polemica facile, e l’appuntato Perrucci, il carabiniere più sexy del barese, oltre naturalmente al suo fiuto, a quello del suo cane Brinkley e ai consigli disinteressati della moglie. Per tutti gli abitanti della zona sarà il giallo dell’estate.
“Per capire chi abita una casa, basta guardare la cucina.
È un luogo che dice quasi sempre la verità, e un occhio attento riesce a coglierne l’essenza, al di là delle dimensioni e dei mobili.”
Le recensioni
Le recensioni sono positive, tranne qualche voce fuori dal coro e cui forse non piace questo genere, per la maggior parte dei lettori è una storia simpatica e costruita bene, per i fan è stata una piacevole sorpresa, poiché hanno potuto ritrovare molti dei personaggi tanto amati nella serie di Io che amo solo te e scoprire qualche aneddoto nuovo. Sembrerebbe che Bianchini come giallista se la sia cavata abbastanza bene senza perdere il suo stile.
Incipit di “Le mogli hanno sempre ragione”
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Il sole non aveva alcuna intenzione di andarsene. Continuava a perdere tempo come un ospite che a fine serata si ferma sulla porta, accende un’altra sigaretta e ti racconta la storia della sua vita. Tu lo lasci parlare e, quando ormai pensi di aver ascoltato tutto, lui ti trafigge con un ultimo raggio, un piccolo miracolo fra le tende per dirti ancora qualcosa.
“Non può andare male proprio oggi” pensò il maresciallo Gino Clemente affacciato alla finestra della sua casa a Port’Alga. Aveva sognato quel giorno fin da bambino: la festa di San Vito da comandante della stazione dei carabinieri del suo paese. Mai avrebbe immaginato che il suo desiderio si sarebbe avverato, soprattutto di lunedì.
Ma a Polignano soffiava un grecale impertinente, noncurante dei sentimenti umani, minacciando l’evento che da sempre dava il benvenuto all’estate. Il mare sbraitava senza sosta e Gino lo scrutava preoccupato sperando che prima o poi si placasse. Uscì sul terrazzino e si sporse sulle rocce rivolgendo una preghiera allo scoglio dell’Eremita dove, secondo lui, si concentravano la magia dell’acqua e i misteri del cielo, e la piccola luce che si era accesa tra le nuvole gli ridiede speranza.
Le onde però presero la rincorsa per infrangersi sugli scogli con maggior forza, e gli schizzi che lo colpirono fecero sembrare il suo volto rigato di lacrime. Prima di bagnarsi del tutto decise di rientrare per indossare la “grande uniforme” con tanto di medaglie e sciabola, senza dimenticare un capo imprescindibile del suo guardaroba: la canottiera bianca.
«Asciugati bene che ancora ti raffreddi» gli disse sua moglie Felicetta che da giorni lo osservava in silenzio, ma lui neanche la sentì. L’unico a cui dava retta era il suo labrador, che gli girava intorno chiedendogli di uscire di nuovo, come facevano di solito al tramonto, quando andavano a pescare. Al maresciallo piaceva stare con lui all’imbrunire, mentre i ricordi riaffioravano dal passato mettendogli addosso un po’ di malinconia.
Quando si sentiva così, il cielo di Polignano sapeva sempre cosa dirgli, anche se in quel momento sembrava solo ripetergli “questa processione non s’ha da fare”. Così, dopo essersi rivolto alla croce, una volta tornato in camera parlò direttamente al Santo.
“Vito bello, senti a me… ma perché? Perché fai così? L’anno prossimo vado in pensione. Sono dimagrito due chili e mezzo per entrare in questa benedetta alta uniforme. Se la cosa salta, mia moglie mi sfotte fino a Natale. Quindi vedi di calare sto vento, scià…”
In paese erano tutti in apprensione perché già nei due anni precedenti la processione per mare era stata annullata, e se fosse successo di nuovo sarebbe apparsa quasi una maledizione o il segno che il Santo era molto arrabbiato.
Il cielo iniziava a sfoggiare uno dei suoi blu più intensi. Negli ultimi trent’anni al maresciallo quel colore era mancato quasi più del mare stesso. La sua carriera nei carabinieri l’aveva portato lontano, prima alla scuola sottufficiali di Firenze, poi alla squadra antidroga di Parma, dove una volta aveva trovato un chilo e mezzo di cocaina e quella era stata la sua unica grande “impresa”. Ma la maggior parte del tempo l’aveva trascorsa a Bologna, dove per tutti non era mai “Gino” ma solo “Clemente” – cognomen omen –, sempre combattuto tra i tortellini e i passatelli in brodo del ristorante Donatello. In quella città, per molto tempo, si era occupato dei trasferimenti degli altri carabinieri senza mai riuscire a ottenere il proprio.
Con l’avvicinarsi della pensione, un generale si era finalmente preso cura del suo caso e gli aveva affidato la destinazione che attendeva da sempre: Polignano a Mare. «Un premio per la tua carriera» gli aveva detto, ma lui sapeva che ormai sarebbe stato solo un tappabuchi in attesa che il suo rivale di Monopoli terminasse l’indagine che stava seguendo. Dell’esperienza in Emilia gli era rimasto Brinkley, un cane dell’unità cinofila in pensione. Il nome lo aveva scelto sua moglie, con l’attenzione che avrebbe riservato a un figlio, forse perché non ne avevano avuti. «È il nome del labrador di C’è posta per te» diceva, e tutti pensavano al programma della De Filippi invece che al film con Meg Ryan.
Dopo l’entusiasmo di essere tornato al suo paese natale, quel giorno, di fronte a un mare decisamente poco calmo, il maresciallo sentì di aver perso ogni sicurezza. La festa di San Vito gli faceva tornare in mente suo padre, da cui aveva ereditato gli occhi verdi, una rarità da quelle parti.
I polignanesi avevano vissuto quel giorno di attesa e devozione senza mai perdere di vista le onde: «vedrai che quando è il momento calano» dicevano tutti senza esserne pienamente convinti. Le più fiduciose erano le vecchiette, disposte a trascorrere la notte a vegliare il Santo in piazza dell’Orologio.