Le Sette Sorelle. La ragazza della luna è il quinto capitolo di una serie di sette romanzi scritti da Lucinda Riley, pubblicato in Italia nel 2019, da Giunti e tradotto da Roberta Zuppet. Tiggy la sorella spirituale che deve nutrire il suo intuito e trovare il suo posto nel mondo.
“Tieni i piedi sul fresco tappeto della terra, ma innalza la mente fino alle finestre dell’universo.”
Sette stelle, sette sorelle, sette libri per sette storie, la quinta storia è quella di Tiggy, che ci trasporta nelle terre selvagge delle Highlands scozzesi e nelle grotte gitane del Sacromonte che si affacciano sul magnifico Palazzo dell’Alhambra di Granada, in Spagna, aggiungendo un altro tassello per ricostruire l’enigma di questa saga.
Trama del libro “ La ragazza della luna”
Sono trascorsi sei mesi dalla morte di Pa’ Salt e al contrario delle altre sorelle D’Aplièse, Tiggy ha ricevuto indicazioni precise sulle sue origini. Quando sarà pronta non dovrà fare altro che andare a Granada, nella zona di Sacromonte e bussare a una porta azzurra nel Cortijo del Aire.
Tiggy D’Aplièse, fidandosi del suo istinto, si trasferisce nelle remote terre selvagge della Scozia. Lì accetta un lavoro facendo ciò che ama; prendersi cura degli animali nella vasta e isolata tenuta di Kinnaird, alle dipendenze dell’enigmatico e travagliato Laird, Charlie Kinnaird.
“Pa’ Salt me l’aveva ripetuto molte volte. «La vita è questione di intuito, con un pizzico di logica. Se trovi il giusto equilibrio tra i due, qualunque decisione prenderai sarà quella giusta» aveva aggiunto mentre eravamo nel suo giardino privato ad Atlantis a guardare la luna piena che sorgeva sopra il Lago di Ginevra.”
La sua decisione altera irrevocabilmente il suo futuro quando Chilly, un antico zingaro che ha vissuto per anni nella tenuta- Sarà proprio lui a raccontarle la storia di sua nonna, Lucía Amaya-Albaycin. rivelandole che non solo possiede un sesto senso, tramandato dai suoi antenati, ma era stato predetto molto tempo fa che sarebbe tornata a casa a Granada in Spagna…
All’ombra della magnifica Alhambra, Tiggy scopre il suo legame con la leggendaria comunità gitana di Sacromonte, costretta a fuggire dalle proprie case durante la guerra civile, e con “La Candela”, la più grande ballerina di flamenco della sua generazione.
“Finalmente, quando cominciai a sentire il filo ininterrotto e invisibile che ci collegava tutti, pensando che le mie radici risalivano a oltre cinquecento anni prima, nel mio cuore si mosse qualcosa.”
Dalle Highlands scozzesi e dalla Spagna, al Sud America e a New York, Tiggy segue le tracce del suo passato esotico ma complesso. E sotto l’occhio vigile di una talentuosa zingara bruja inizia ad abbracciare il proprio talento per la guarigione.
“Quel pensiero, che mi fece sentire piccola piccola, smentiva la convinzione dell’uomo che si crede in grado di esercitare un potere sulla terra. La verità è che quest’ultima avrà sempre il comando e sopravviverà a ciascuno di noi.”
Granada 1922. La piccola Lucía si esibisce, a soli 10 anni, nel Concurso di Cante Jondo, un festival di musica e ballo flamenco, incantando pubblico e giuria con la sua eccezionale tecnica e il temperamento vulcanico. Nonostante la tenera età, Lucía ha dentro di sé il duende, lo spirito del ballo, che arde così luminoso attraverso i suoi occhi da essere soprannominata “La Candela”. La sua bravura e la sua ambizione la porteranno a intraprendere molto presto la carriera di ballerina e a lasciare la famiglia e la Spagna per inseguire il suo sogno. Ma a quale prezzo?
Recensione
Ho molto apprezzato la trama storica di questo romanzo, ambientato principalmente a Granada. L’atmosfera descritta è stata riccamente dettagliata e le parti che ho preferito sono state quelle ambientate a Sacromonte, dove ho trovato particolarmente affascinante la storia del luogo.
La scelta di narrare la cultura gitana, spesso trascurata e mal giudicata, dimostra la lodevole volontà dell’autrice di dare voce a popoli che nel corso della storia sono stati a rischio di essere cancellati. Questo si nota anche nell’attenzione dedicata alla cultura aborigena australiana nel libro precedente “La ragazza delle perle”.
Lucia è il personaggio che più mi ha infastidito, ma allo stesso tempo mi ha attratto con la curiosità di scoprire fino a che punto la sua tossicità potesse arrivare. Nel complesso, il romanzo mi è piaciuto, ma non è il mio preferito della serie. Tuttavia, lo consiglio vivamente a coloro che hanno intrapreso il viaggio dell’intera saga.
Anche se ho avuto l’impressione che questo libro fosse più lungo degli altri, controllando le pagine ho realizzato che era solo una mia percezione. Come per gli altri libri della serie, anche qui troviamo un piccolo indizio su Pa’Salt, ma spero che con i prossimi libri l’autrice riesca a svelare il segreto finale che, a mio avviso, dovrà essere all’altezza dei 7 tomi da 700 pagine.
“Quando cominciò a suonare le battute iniziali prima di cantare, vide Lucía alzare il mento e allargare le narici. Appena il ritmo accelerò, si tolse il mantello con un movimento fluido e lo lanciò dall’altra parte del palco. I presenti trasalirono accorgendosi che indossava i pantaloni neri a vita alta e la camicia bianca inamidata, tipici dei ballerini uomini. I capelli raccolti avevano la scriminatura centrale ed erano tirati all’indietro, e gli occhi colorati di nero lanciavano sguardi di sfida al pubblico.”
Il mito di Taigete
Taigete è un personaggio della mitologia greca ed una delle Pleiadi, figlie di Atlante e di Pleione. Taygete visse in solitudine su un monte a Sparta, che ora porta il suo nome, cercò di sfuggire a Zeus, che voleva concupirla, invocando Artemide, la dea della caccia e degli animali selvatici, che la trasformò in cerbiatta con le corna d’oro. La metamorfosi, però, non la protesse a lungo, perché alla fine Zeus la trovò e la colpì con una freccia. Tornata alla forma umana Taigete consacrò alla dea cacciatrice la Cerva di Cerinea. Secondo altri miti Zeus riuscì ugualmente ad unirsi a lei e da loro venne generato Lacedemone.
Curiosità su “La ragazza della luna”
Nel 1922, il compositore spagnolo Manuel de Falla organizzò a Granada una competizione di flamenco per scoprire nuovi talenti. La chiamò El Concurso de Cante Jondo (Il concorso di canto profondo) e si tenne nell’Alhambra, dove giunsero dilettanti e professionisti da tutta la Spagna.
Gli zingari spagnoli, chiamati gitani, emigrarono dall’India e giunsero in Spagna nel 1492. I pregiudizi nei confronti dei gitani cominciarono nel quindicesimo secolo con le prime leggi anti gitani varate in Spagna: la monarchia disprezzava la loro cultura, al punto che, in diverse riprese, ai gitani fu vietato di parlare la loro lingua e di indossare i loro vestiti tradizionali. Anche il canto e il ballo furono proibiti.
In origine furono gli arabi spagnoli a scoprire che si poteva scavare con facilità nella pietra di Sacromonte. Da quel momento ricavarono grotte nella montagna che in seguito divennero le dimore di chi era stato cacciato da Granada: non solo gitani ma anche ebrei e musulmani.
Nel 1930, la guerra civile spagnola devastò il quartiere: molte famiglie furono decimate dalla mancanza di generi alimentari e dalla prigionia nei campi di lavoro. Molti artisti trovarono rifugio in Europa e in America. Dagli anni sessanta il quartiere è cambiato. Molte famiglie gitane si sono trasferite in città, e da allora artisti e intellettuali, attratti dall’atmosfera misteriosa e romantica delle grotte, hanno cominciato a frequentare Sacromonte.
Nelle culture di tutto il mondo, i cervi bianchi sono assai venerati, i Celti dell’antica Scozia credevano che fossero messaggeri dell’aldilà, e le leggende medievali raccontano che catturarne uno donerebbe una ineguagliabile conoscenza spirituale. I cervi bianchi non sono albini. Il colore bianco è determinato da una particolarità genetica chiamata leucismo, che causa nel cervo la perdita del suo colore naturale. Nel Regno Unito ci sono solo pochi esemplari di cervo bianco e sono tenuti sotto stretta sorveglianza in quanto molto ambiti dai bracconieri.
Chi era Carmen Amaya
Carmen Amaya è stata una delle più apprezzate ballerine di flamenco della sua generazione. Nta nel 1913, a Barcellona, da una famiglia gitana molto povera. In seguito dichiarò di essere venuta alla luce nelle Sette grotte sacre di Sacromonte, a Granada, l’epicentro del flamenco.
Imparò a ballare con sua madre Micaela, e con la zia, Juana la Faraona (personaggio di fantasia che appare solo nella Ragazza della luna). Suo padre era un rinomato chitarrista, conosciuto come “El Chino”, e la incoraggiò a intraprendere la carriera di ballerina professionista a soli quattro anni. La reputazione di Carmen crebbe al punto di essere battezzata dai fan “La Capitana”.
A dieci anni incontrò il grande amore della sua vita: “Sabicas”. La prima volta che lui la vide ballare rimase estasiato: “Sembra qualcosa di sovrannaturale; non ho mai visto nessuno danzare in quel modo…”
Carmen era piccola di statura, un metro e quarantacinque, ma aveva un corpo agile e vigoroso. Nonostante avesse i piedi di una bambina, i suoi salti erano di una potenza tale che una volta sfondò le assi del palcoscenico. La sua danza era unica: ipnotica e magnetica. Carmen incarnava il “duende”, l’anima del flamenco.
La sua fama crebbe quando cominciò a dare spettacoli per tutta Europa con il suo cuadro, l’ensamble di musicisti, cantanti e ballerini. Nel 1936, Carmen e il suo cuadro erano impegnati in uno spettacolo a Madrid, quando ci fu il colpo di stato dei nazionalisti che dette inizio alla guerra civile. Ci sono diverse versioni su come riuscì a fuggire in Portogallo.
Per tutta la carriera Carmen fu criticata perché ballava con i pantaloni, che le consentivano maggiore libertà e rendevano più evidente il suo straordinario movimento dei piedi. Dopo aver conquistato i palcoscenici del Sud America, Carmen decise di raggiungere gli Stati Uniti, dove la sua grande rivale, La Argentinita, era una celebrità.
Il continuo viaggiare e lo stretto contatto logorarono la relazione tra Carmen e Sabicas. Anche se lei desiderava sposarlo, lui non glielo chiese mai. Una volta litigarono anche sul palco e lei se ne andò infuriata nel mezzo di uno spettacolo a Città del Messico. Nel 1945 Sabicas lasciò Carmen e si stabilì in Messico.
Nel 1950, Carmen tornò in Spagna, dove sposò Juan Antonio Agüero, il chitarrista payo (non gitano). Continuò a girare il mondo facendo spettacoli, dischi e film, non perdendo mai il vizio di fumare diversi pacchetti di sigarette al giorno e mangiando pochissimo (eccetto le sue amate sardine).
Incipit del libro “La ragazza della luna”
1
«Ricordo esattamente dov’ero e cosa stavo facendo quando ho saputo che mio padre era morto.»«Anch’io ricordo dov’ero, quando è successo a me.»
Charlie Kinnaird mi fissò con i suoi penetranti occhi azzurri.
«Dov’era?»
«Nella riserva di Margaret, a spalare sterco di cervo. Vorrei averlo scoperto in circostanze migliori, ma purtroppo non è così. Pazienza. Anche se…» Deglutii a forza, domandandomi come diavolo avesse potuto la conversazione – o, più precisamente, il colloquio – spostarsi sulla morte di Pa’ Salt. Sedevo nella mensa soffocante di un ospedale, di fronte al dottor Charlie Kinnaird. Non appena era entrato, avevo notato come la sua presenza attirasse l’attenzione. Non era solo per il fatto che fosse bellissimo – con il fisico snello ed elegante fasciato in un completo grigio su misura e una testa di capelli mossi, castano chiaro con riflessi ramati –, ma semplicemente per la sua naturale autorevolezza. Diversi membri del personale, seduti lì vicino, avevano smesso di sorseggiare il caffè per alzare lo sguardo e fargli un rispettoso cenno di saluto mentre passava. Quando mi aveva raggiunta e mi aveva teso la mano, una sottile scossa elettrica aveva attraversato il mio corpo. Ora che era davanti a me, osservavo le sue lunghe dita giocherellare senza sosta con il cercapersone, rivelando una buona dose di nervosismo.
«“Anche se” cosa, signorina D’Aplièse?» mi incalzò Charlie con una leggera pronuncia scozzese. Mi resi conto che evidentemente non aveva intenzione di tirarmi fuori dal vicolo cieco in cui mi ero infilata.
«Mmm… Semplicemente non sono sicura che Pa’ sia morto. Insomma, certo che lo è, perché se n’è andato e non farebbe mai finta di essere morto o roba simile – saprebbe quanto dolore procurerebbe a tutte le sue ragazze –, ma io lo sento intorno a me tutto il tempo.»
«Se può esserle di conforto, la trovo una reazione assolutamente normale. Molti dei parenti in lutto con cui parlo, dicono di avvertire la presenza dei cari dopo la loro scomparsa.»
«Naturalmente.» Mi sentii trattata con un pizzico di condiscendenza, anche se dovevo considerare che stavo parlando con un medico, una persona che affrontava ogni giorno la morte e il dolore dei familiari.
«È buffo, in realtà» sospirò riprendendo il cercapersone dal tavolo e cominciando a girarselo e rigirarselo tra le mani. «Come ho detto, anche mio padre è morto di recente, e sono tormentato da quelle che posso soltanto definire “scene da incubo”: lui che esce dalla tomba!»
«Non andavate d’accordo?»
«No. Sarà anche stato il mio padre biologico, ma il nostro rapporto iniziava e finiva lì. Non avevamo nient’altro in comune. Evidentemente lei e suo padre sì.»
«Esatto, anche se per ironia della sorte io e le mie sorelle siamo state adottate da piccole, perciò non c’è alcun legame biologico. Ma non avrei potuto essergli più affezionata. Era straordinario.»
Sorrise. «A riprova che la biologia non conta quando si tratta di andare d’accordo con i genitori. È un terno al lotto, vero?»
«Se devo essere sincera, credo di no» dissi, decisa che ci fosse una sola “me” e nessun’altra, anche durante un colloquio di lavoro. «Sono convinta che ci incontriamo per una ragione, a prescindere dal fatto che siamo consanguinei o meno.»
«È tutto predestinato, intende?» Inarcò un sopracciglio con aria scettica.
«Sì, ma so che quasi nessuno la pensa come me.»
«Compreso il sottoscritto, temo. Facendo il cardiochirurgo, devo occuparmi ogni giorno del cuore, che tutti consideriamo la sede delle emozioni e dell’anima. Purtroppo sono costretto a vederlo come un muscolo, e spesso malfunzionante, per giunta. Sono stato abituato a guardare il mondo con occhio puramente scientifico.»
«Credo che nella scienza ci sia posto per la spiritualità» replicai. «Anch’io ho fatto studi rigorosamente scientifici, ma ci sono molte cose che la scienza non è ancora riuscita a spiegare.»
«Ha ragione, ma…» Controllò l’orologio. «Siamo usciti dal seminato, e devo tornare in ambulatorio tra un quarto d’ora. Perciò mi scusi se vengo al sodo, ma cosa le ha detto Margaret della tenuta dei Kinnaird?»
«Che sono oltre sedicimila ettari di natura incontaminata e che lei cerca qualcuno che conosca gli animali indigeni della zona, in particolare i gatti selvatici.»
«Sì. Dato che mio padre è morto, la tenuta passerà a me. Papà l’ha usata per anni come un parco giochi personale; andava lì a cacciare, sparare e pescare, e prosciugava le distillerie locali senza la minima considerazione per l’ambiente. A onor del vero, non è tutta colpa sua. Nel secolo scorso, suo padre e diversi uomini della famiglia prima di lui sono stati felici di farsi pagare dai taglialegna per le costruzioni navali. Sono rimasti a guardare mentre vaste distese di foresta scozzese venivano abbattute. Allora non si conoscevano le conseguenze di questi interventi, ma oggi, in questi tempi di maggiore saggezza, sì. So benissimo che sarà impossibile riportare indietro l’orologio completamente – non nell’arco della mia vita, almeno –, ma non vedo l’ora di cominciare. Ho il miglior guardacaccia delle Highlands alla guida del progetto di riforestazione. Abbiamo anche ristrutturato il cottage dove viveva papà, per cui possiamo affittarlo agli ospiti che desiderano respirare un po’ d’aria fresca e fare qualche battuta di caccia organizzata.»
«Giusto.» Cercai di reprimere un brivido.
«Evidentemente lei non approva l’abbattimento selettivo degli animali.»
«Non posso approvare l’uccisione di una creatura innocente, no. Ma capisco i motivi che la impongono» mi affrettai ad aggiungere. Dopotutto, dissi a me stessa, mi stavo candidando per un lavoro in una tenuta nelle Highlands, dove l’abbattimento selettivo dei cervi non era soltanto un’usanza, ma anche un obbligo di legge.
«Data la sua esperienza, sono sicuro che sappia come l’ecosistema in Scozia sia stato distrutto dall’uomo. Non ci sono più predatori naturali, come i lupi e gli orsi, a tenere sotto controllo la popolazione dei cervi. Oggi questo compito tocca a noi. Se non altro possiamo svolgerlo nel modo più umano possibile.»
«Lo so, anche se voglio essere sincera fino in fondo: non sarei mai in grado di dare una mano durante una battuta di caccia. Gli animali sono abituata a proteggerli, non a ucciderli.»
«Capisco il suo punto di vista. Ho dato un’occhiata al suo curriculum ed è molto interessante. Oltre ad avere una laurea cum laude in zoologia, si è specializzata in tutela della fauna?»
«Sì, il lato tecnico della mia laurea – anatomia, biologia, genetica, schemi comportamentali degli animali indigeni, eccetera – si è rivelato preziosissimo. Ho lavorato per qualche tempo nel dipartimento di ricerca dello zoo di Servion, ma ben presto mi sono resa conto di voler fare qualcosa di concreto per aiutare gli animali, invece di limitarmi a studiarli da lontano e ad analizzarne il DNA in una capsula di Petri. Semplicemente… entro subito in empatia con loro, se li ho davanti in carne e ossa, e, pur non avendo studiato veterinaria, sembro avere il dono di guarirli quando sono malati.» Scrollai le spalle, cercando di apparire modesta.
La serie delle Sette sorelle è composta da
Le sette sorelle (The Seven Sisters) (2014)
Ally nella tempesta (The Storm Sister) (2015)
La ragazza nell’ombra (The Shadow Sister) (2016)
La ragazza delle perle (The Pearl Sister) (2017)
La ragazza della Luna (The Moon Sister) (2018)
La ragazza del Sole (The Sun Sister) (2019)
La sorella perduta (Missing Sister) (2021)
Atlas. La storia di Pa’ Salt (The Story of Pa Salt) (2023)