La vita in tasca è un romanzo di Simona Sparaco, pubblicato il 25 ottobre 2022, da Solferino. La storia in parallelo di figli e delle loro madri, che a molti chilometri di distanza, una serie di eventi imprevedibili li porterà verso una stessa notte, quella che deciderà il loro destino.
“Che fine ha fatto il ragazzino che le s’incollava alle ginocchia? Quello che la mattina si svegliava dicendole che era la mamma più bella del mondo? Qualche volta vorrebbe scuotere le spalle di quell’adolescente impertinente e supplicarlo di ridarglielo. Dove l’hai nascosto, eh? Dimmi dove hai messo il mio bambino!”
Trama di “La vita in tasca”
Mattia vive a Milano con la madre, divorziata. Non va bene a scuola e ha smesso di impegnarsi, anche perché è entrato in un brutto giro: Jonathan, uno dei suoi compagni meno raccomandabili, lo ha preso sotto la sua ala protettiva e Mattia non è più una vittima di bullismo ma in compenso rischia di perdersi. Anche Malik vive
con la madre, vedova, in Ghana. Lui a scuola ha tutti dieci e un talento per la matematica. Anche per questo è stato deciso che emigrerà dallo zio Zuri a Nizza: in Europa avrà un futuro migliore.
Mattia e Malik, con i loro tredici anni diversamente problematici, hanno entrambi un viaggio da affrontare: per Malik è un pericoloso tragitto attraverso il deserto e poi per mare, accompagnato dai trafficanti di uomini. Per Mattia è un percorso incerto che deve portarlo a trovare un suo posto nel gruppo dei coetanei, una sua più precisa e vincente identità.
Ai due ragazzi, con le loro ambizioni e paure, con le vittorie e le ribellioni della loro età, la vita ha riservato opportunità e sfide molto diverse.
Incipit di “La vita in tasca”
Il punto di partenza
La notte cala quasi di colpo sopra le casette bianche raccolte vicino al fiume. In una di quelle vive Malik.
Si è accucciato sotto la vecchia lampada a olio della casa del capovillaggio con un libro aperto sopra le ginocchia. Quel piccolo slargo lo fa sentire al riparo e quella luce sparata dall’alto è una benedizione, perché gli consente di continuare a studiare.
Tornando verso casa, dopo la lunga traversata dei due villaggi che la separano dalla scuola, Malik ha avvertito uno scrocchiare dentro i cespugli, come di sassi che si frantumavano tra i rami. Ora che è sceso il silenzio della sabbia, il ragazzo ha cercato la luce della lampada, e accucciandosi ai piedi del muro, ha ripreso fiato.
Si è sfilato le ciabatte sottili, ha sgranchito le dita dei piedi e tirato fuori il libro di scienze da un fagotto umido di tessuti. Si è messo a ripassare le anidridi.
Leggere lo rilassa.
Tutto ciò che lo circonda assume un significato diverso, visto attraverso i libri. E poi a casa, con la luce della lanterna che si fa tremolante a ogni sospiro, leggere fa venire male agli occhi, e di male, tra quelle mura, di quello stesso male che hanno portato gli spiriti Jinn dal giorno in cui suo padre ha preso la via del deserto, ne è già entrato abbastanza.
Malik ora vive da solo con Fara, sua madre, che lo sta aspettando. Lui è ansioso di raccontarle che Hélène, la sua maestra, gli ha messo un altro dieci in matematica, ma si concede ancora qualche minuto di ripasso, soffermandosi sui numeri che incontra sopra il foglio ingiallito. Si diverte a moltiplicarli tra loro.
I numeri gli hanno fatto scoprire un mondo dove tutto può trovare un suo spazio preciso, senza possibilità di errore, e giocarci ha il potere di liberarlo, anche dal pensiero di sua madre che lo aspetta, o di cosa possa nascondersi dentro i cespugli.
Malik allunga un piede nell’oscurità, lo spinge oltre la luce del lampione e lascia che il buio lo ingoi. Il mondo, oltre quel cerchio illuminato, si veste di minacce. Ah, se ci fosse un lampione per ogni tratto di strada, pensa Malik puntando lo sguardo all’orizzonte, dove il respiro della corrente del Niger sembra quello di un nemico in attesa. Lampioni come guerrieri pronti a scacciare via tutte le avversità, ad ammansire la natura selvaggia, come fanno nella sua testa i numeri.
«Ventiquattro per cinquecentododici uguale dodicimiladuecentottantotto.»
Qualche sera prima Malik si è convinto di aver visto due occhi tra le foglie, ha immaginato un licaone nascosto.
«I licaoni vivono in branco» gli ha spiegato Hélène in classe, senza credere del tutto alla possibilità di un incontro così ravvicinato, e Sef, il suo compagno di banco, ha trattenuto il riso.
Poi Hélène ha aggiunto che i licaoni sono animali curiosi perché nei branchi hanno due gerarchie, una maschile e una femminile, e solo i rispettivi capi possono accoppiarsi tra loro. Mentre Hélène parlava, al ragazzo sono venuti in mente i suoi genitori: suo padre, che sopra la barca lungo il fiume riempiva la rete di pesci, e Fara, che dava forma a tutte quelle maschere dai colori vivaci. Li ha immaginati come due licaoni importanti, che s’incontrano sotto il sole.