Lotta fra titani è un romanzo d’avventura e storico, scritto da Wilbur Smith e Mark Chadbourn, pubblicato, in Italia, il 18 ottobre 2022, da HarperCollins, tradotto da Sara Caraffini, l’ottavo volume della serie dei romanzi Egizi. Antiche rivalità e intrighi, tradimenti e duelli, fughe rocambolesche e passione in questo romanzo ambientato nell’Antico Egitto.
«Un uomo disperato può ottenere risultati straordinari» insistette l’eunuco con voce pacata. «Un uomo che non ha niente da perdere camminerà più a lungo, salirà più in alto, rischierà tutto – compresa la propria vita – pur di trovare il premio in grado di garantirgli la redenzione. E tu non hai nulla da perdere, Piay. Se fallisci in questo compito non tornare, qui non ci sarà posto per te. Anzi, potrebbe non esserci più nulla a cui tornare.»
Trama di “Lotta fra titani”
Per oltre cinquant’anni la valle del Nilo non ha conosciuto altro che guerra e distruzione per mano degli Hyksos, un popolo assetato di sangue giunto dal lontano Oriente.
La situazione è disperata: a frenare l’avanzata del nemico rimane solo un manipolo di coraggiosi ribelli capitanati da Taita, potente mago e consigliere del faraone, l’unico convinto che esista ancora una speranza. Piay, che gli è stato affidato dai genitori quando aveva solo cinque anni, è stato addestrato per diventare un prode guerriero e una spia senza rivali.
Ed è proprio a lui che Taita affida una pericolosa missione: spingersi a nord, attraverso le terre nemiche e oltre il grande mare, per cercare alleati che li aiutino a difendere l’Egitto. Sarà un viaggio durissimo e pericoloso, che lo metterà alla prova in modi che non avrebbe mai immaginato, ma Piay sa che il destino del Regno è nelle sue mani, ed è determinato a dare prova del proprio valore…
«Un uomo non può sapere chi è davvero finché non ha sofferto. Sei una creatura non ancora formata, in bilico sull’orlo della grandezza, che vacilla sul ciglio di un baratro di fallimento. La porta che conduce alla gloria o quella che conduce alla distruzione.»
«E dici che ho bisogno di soffrire per trovare la gloria?»
Incipit di “Lotta fra titani”
I due uomini sgattaiolarono lungo il margine del campo di orzo illuminato dalla luna. Avevano la schiena nuda e rigida che grondava sudore, le dita contratte sull’elsa della spada di bronzo e lo sguardo che saettava tutt’intorno. Sull’orizzonte oscillava il bagliore rosso delle fattorie in fiamme che costellavano la lussureggiante valle del Nilo e il caldo vento del deserto soffiava cortine di fumo verso le stelle. Si sentivano soffocare dal puzzo di bruciato mentre nelle loro orecchie risuonavano i lamenti dei moribondi che laceravano il silenzio come grida di gatti selvatici. Il loro era un lugubre compito, ma erano pronti.
Formavano una coppia male assortita. Piay era alto e muscoloso, con mascella forte, zigomi alti e occhi scuri che facevano voltare la testa alle donne al servizio del faraone. Hannu, il suo aiutante, tarchiato e zoppicante, aveva il corpo coperto di una folta peluria nera e una cicatrice irregolare che gli scendeva sulla guancia sinistra, fino all’incolta barba scura. Si guardava intorno accigliato, gli occhi che brillavano come carboni ardenti.
«Se prosegui ancora a lungo non tornerai più indietro» grugnì quando si fermarono per scrutare il tragitto di fronte a loro. «Queste terre brulicano di Hyksos come di ratti nel periodo del raccolto.»
«Coraggio, amico mio» replicò Piay. «Dei cuori pavidi non riusciranno a respingere questi invasori verso la loro patria lontana.»
Hannu sbuffò. «Coraggio. Se bastasse quello avremmo vinto cinquant’anni fa, quando sono venuti qui per la prima volta. Il coraggio serve a poco quando uno di quegli animali ti si avventa contro e una spada dalla lama ricurva decapita i tuoi amici.»
«Abbiamo un lavoro da fare» sottolineò Piay puntando il dito.
«Sì, ma non a costo di rimetterci il collo. “Avvicinatevi il più possibile”, ha detto Taita.»
«E possiamo avvicinarci ancora! Non intendo tornare dal mio maestro a mani vuote.»
Girò la testa per guardare i sei militari incaricati di accompagnarlo in quella missione per spiare gli Hyksos. Erano giovani, la spada tremava loro nelle mani mentre restavano accovacciati, in attesa di ordini. Così tanti soldati esperti erano rimasti uccisi in battaglia che ormai venivano reclutati ragazzi che fino al giorno prima avevano lavorato nei campi paterni.
Piay scrutò l’oscurità di fronte a lui. Quale sarebbe stata la prossima mossa dei barbari? Era quella la domanda a cui doveva trovare risposta.
L’interminabile conflitto si rincorreva su e giù per la valle del Nilo da quasi mezzo secolo. Gli Hyksos vantavano una netta superiorità numerica, grazie a una riserva apparentemente illimitata dei migliori guerrieri al mondo. Possedevano armi più efficaci, spade e archi letali, tre volte più potenti di quelli degli Egizi. E, cosa più importante, avevano i dannati animali che tanto terrorizzavano Hannu, i cavalli vigorosi e ben addestrati, capaci di trainare carri scintillanti da cui ogni guerriero, avanzando, poteva scoccare un centinaio di frecce.
Molti avevano ormai perso le speranze che l’Egitto potesse riacquistare la libertà, ma non il suo maestro. Taita il Saggio, mago e consigliere del faraone, ripeteva che sarebbe arrivato il momento in cui avrebbero cacciato gli invasori una volta per tutte. Dovevano solo restare all’erta e aspettare. Taita aveva sguinzagliato a più riprese le sue spie affinché raccogliessero informazioni preziose in grado di rovesciare le sorti della guerra. E, ogni volta, quelle spie avevano fallito.
Piay sentì il petto contrarsi. Non lui. Era il migliore di tutti, sarebbe sicuramente riuscito nel suo intento. Lanciò un’occhiata al gonnellino bianco su cui era ricamato il disco giallo del carro di fuoco di Ra. Era il suo bene più prezioso, un regalo fattogli da Taita il giorno in cui aveva terminato gli studi, e ogni volta che l’aveva indossato era stato baciato dalla fortuna. Quello era il suo momento, la gloria lo attendeva.
«Mi hai chiesto di avvisarti se mai ti fossi gonfiato di orgoglio tanto da rischiare di scoppiare» lo ammonì Hannu. «Ecco. Sta succedendo adesso.»
Un grido terrificante lacerò la notte e Hannu si irrigidì. Un brivido percorse Piay e i suoi soldati sbiancarono in volto come se avessero visto i defunti tornare dalla tomba.
Piay non intendeva mostrare alcuna traccia di paura. Gli uomini si erano affidati alla sua guida per proseguire in quel territorio intriso di sangue. Gli Hyksos erano avanzati ancora, riconquistando terre da cui gli Egizi li avevano scacciati solo due anni prima. Non riservavano alcuna pietà a coloro che incontravano. I contadini, pur di salvare la pelle, obbedivano agli ordini dei nuovi padroni. Come sempre.
Hannu scrutò rapidamente i campi bui. Non era spaventato, Piay lo sapeva: non aveva mai paura. L’istinto affinato in battaglia durante la sua vita precedente di soldato stava riaffiorando.