Lungo petalo di mare è un romanzo storico di Isabel Allende, pubblicato 24 ottobre 2019 da Feltrinelli, tradotto da Elena Liverani. Nell’agosto 1939 Pablo Neruda organizzò quello che poi ha definito il “suo poema più bello”: il Winnipeg, una nave che ha portato in Cile 2200 rifugiati spagnoli che fuggivano dalle rappresaglie franchiste, tra questi un uomo e una donna in fuga per sopravvivere agli sconvolgimenti della Storia del Ventesimo secolo.
“se si vive abbastanza, i cerchi si chiudono”
Trama di “Lungo petalo di mare”
1939. Alla fine della Guerra civile spagnola, il giovane medico Víctor Dalmau e un’amica di famiglia, la pianista Roser Bruguera, sono costretti, come altre migliaia di spagnoli, a scappare da Barcellona.
Attraversati i Pirenei, a Bordeaux, fingendosi sposati, riescono a imbarcarsi a bordo del Winnipeg, il piroscafo preso a noleggio da Pablo Neruda per portare più di duemila profughi spagnoli in Cile, il “lungo petalo di mare e neve”, nelle parole dello stesso poeta, in cerca di quella pace che non è stata concessa loro in patria.
Lì hanno la fortuna di essere accolti con generosa benevolenza e riescono presto a integrarsi, a riprendere in mano le loro vite e a sentirsi parte del destino del paese, solo però fino al golpe che nel 1973 fa cadere il presidente Salvador Allende. E allora, ancora una volta, si ritroveranno in esilio, questa volta in Venezuela.
“Si era innamorato di lei al primo sguardo con un’intensità da adolescente, ma siccome non l’aveva più vista, l’amore si era trasformato presto in leggenda”
A settant’anni dall’approdo a Santiago del Cile del Winnipeg, la nave equipaggiata da Neruda per mettere in salvo più di duemila esuli della Guerra civile spagnola, la voce narrativa di Isabel Allende ci accompagna in Spagna, durante l’ultimo periodo del conflitto, ci porta in fuga nei Paesi Baschi e in Francia, e da lì in Cile, per raccontarci cinquant’anni di storia del suo paese natale.
E insieme a quella dei protagonisti, esuli catalani, la pianista Roser e il medico Víctor, ripercorre l’esistenza di personaggi quali Neruda e Allende, comparse d’eccezione in un libro che fonde la storia con l’immaginazione del possibile, secondo quella formula già sperimentata con cui solo Isabel Allende sa restituire un affresco indimenticabile di solidarietà, di integrazione, di resistenza.
Recensione
“Lungo petalo di mare e vino e neve… con un nastro di schiuma bianca e nera”, con queste parole il poeta cileno Pablo Neruda descrive la sua terra, l’America meridionale affacciata sull’Oceano pacifico, con alle spalle L’Argentina. Ed è proprio questa terra a fare da sfondo a questa storia.
Il romanzo apre ogni capitolo con alcuni versi di Pablo Neruda, il poeta e diplomatico cileno, che con la sua all’impresa umanitaria riuscì a salvare oltre duemila spagnoli.
Tutti gli esseri
avranno diritto
alla terra e alla vita,
e così sarà il pane di domani […].
Pablo Neruda, Ode al pane,in Odi elementari
Con questo libro l’autrice ritorna alle sue origini raccontando una storia nella storia, raccontando della vita in tutte le sue sfaccettature, della sua imprevedibilità e di quanto sia preziosa. Ritroviamo in questo suo libro temi a lei cari, le radici e l’amore per la sua terra natia, la sua passione per le storie familiari, per la politica e la storia e la sua bravura nel mischiare realtà e finzione. Così mi ha regato un’altra storia di lotta e ricostruzione.
Senza alcun dubbio la Allende resta tra le mie scrittrici preferite, mi sorprende sempre la sua capacità di raccontare storie complesse con una semplicità e fluidità di scrittura tale da far scivolare la lettura, alternando affascinanti descrizioni a dialoghi credibili, con personaggi pieni e figure femminili forti e determinate. Consiglio questo libro a tutti, per chi ama le belle storie, ma soprattutto è da leggere in questo periodo, per non dimenticare.
Nei ringraziamenti finali la stessa autrice scrive:
“Questo è un romanzo, ma i fatti e i personaggi storici sono reali. Quelli inventati sono ispirati a persone che ho conosciuto. Non mi sono dovuta immaginare molte cose…
Questo libro si è scritto da solo, come se me lo stessero dettando”
Il libro è anche arricchito da fotografie storiche di personaggi ed eventi, i veri protagonisti di questo romanzo.
E’ stato piacevole trovare anche una citazione di “La casa degli spiriti“, il primo libro dell’autrice, tanto amato, uno dei miei libri preferiti.
“Non credo che la moglie del senatore sarà presente.”
“Quella donna è molto strana, dicono che parli con i morti,” disse Isidro.
Incipit di “Lungo petalo di mare”
1.
1938Prepariamoci, ragazzi,
a uccidere di nuovo, a morire nuovamente,
e a coprire di fiori il sangue.
Pablo Neruda,
Insanguinata fu ogni terra dell’uomo,
in Il mare e le campaneIl piccolo soldato apparteneva alla Quinta del Biberón, la leva dei ragazzini reclutati quando ormai non erano più rimasti né giovani né vecchi per la guerra. Víctor Dalmau accolse lui e gli altri feriti che senza molti riguardi, a causa della fretta, vennero estratti dal vagone merci e poi distesi come fasci di legna sulle stuoie che ricoprivano la pavimentazione di cemento e pietra della Estación del Norte ad attendere che altri veicoli li trasportassero negli ospedali dell’Esercito dell’Est. Era immobile, con l’espressione tranquilla di chi ha visto gli angeli e non teme più nulla. Chissà per quanti giorni era stato sballottato da una barella all’altra, da una stazione di posta all’altra, da un’ambulanza all’altra, fino ad arrivare in Catalogna su quel treno. Alla stazione c’erano diversi medici, sanitari e infermiere che accoglievano i soldati, mandavano subito i casi più gravi all’ospedale e smistavano gli altri a seconda delle ferite riportate – gruppo A le braccia, B le gambe, C la testa e così via in ordine alfabetico – e li indirizzavano con un cartello appeso al collo al luogo corrispondente. I feriti giungevano a centinaia; bisognava fare diagnosi e prendere decisioni nel giro di pochi minuti, ma il trambusto e la confusione erano solo apparenti. Tutti venivano presi in carico, tutti ricevevano assistenza. Chi era destinato in chirurgia veniva portato al vecchio edificio dell’ospedale Sant Andreu a Manresa, quelli che avevano bisogno di essere ricoverati venivano mandati in altri centri, e c’era anche chi era meglio che fosse lasciato dove stava, perché non si poteva fare più nulla per lui. Le volontarie inumidivano le labbra dei feriti, parlavano loro a bassa voce e li cullavano come fossero i propri figli, sapendo che da qualche altra parte c’era un’altra donna a confortare il loro figlio o il loro fratello. Più tardi i barellieri li avrebbero portati al deposito cadaveri. Il piccolo soldato aveva un buco nel petto e, dopo averlo visitato velocemente senza riuscire a sentirgli il polso, il medico stabilì che era troppo tardi per qualunque tipo di intervento e che non aveva nemmeno più bisogno di morfina né di conforto. Al fronte gli avevano coperto la ferita con uno straccio, l’avevano protetta con un piatto di ottone a rovescio e lo avevano fasciato con una benda, il tutto già da diverse ore o diversi giorni o diversi treni, impossibile saperlo.
trauma, all’emorragia e a tutti quegli spostamenti fino ad arrivare a quella banchina della stazione, la sua voglia di vivere doveva essere molta ed era un peccato che si fosse arreso alla morte proprio all’ultimo momento. Rimosse con cura lo straccio e constatò meravigliato che la ferita aperta era pulita come se gliela avessero disegnata sul petto. Non riuscì a spiegarsi come il colpo avesse distrutto le costole e parte dello sterno senza spappolare il cuore. Nei quasi tre anni di esperienza durante la Guerra civile di Spagna, prima sui fronti di Madrid e Teruel e poi all’ospedale di evacuazione, a Manresa, Víctor Dalmau credeva di aver visto di tutto e di essere diventato immune dalle sofferenze altrui, ma non aveva mai visto palpitare un cuore dal vivo. Affascinato, osservò gli ultimi battiti, sempre più lenti e irregolari, fino a che non si fermarono del tutto e il piccolo soldato morì senza nemmeno emettere un sospiro. Per un breve istante Dalmau rimase immobile a contemplare la cavità rossa dove ormai non batteva più nulla. Fra tutti i ricordi della guerra, questo sarebbe stato il più vivido e ricorrente: il ragazzo di quindici o sedici anni, ancora imberbe, sporco di guerra e di sangue secco, disteso su una stuoia con il cuore in bella vista. Non sarebbe mai riuscito a spiegarsi per quale motivo decise di introdurre tre dita della mano destra nella spaventosa ferita, di avvolgere l’organo e di comprimerlo varie volte, in modo ritmico, con calma e naturalezza, per un lasso di tempo impossibile da ricordare, forse trenta secondi, forse un’eternità. E allora sentì che il cuore tornava a palpitare tra le sue dita, all’inizio con un tremito quasi impercettibile e poco dopo con forza e regolarità.
“Ragazzo mio, se non lo avessi visto con i miei occhi, non ci avrei mai creduto,” disse in tono solenne uno dei medici che si era avvicinato senza che Dalmau se ne fosse accorto.
Citazioni di “Lungo petalo di mare”
“La guerra è imminente, Roser. Sarà una guerra ideologica e di princìpi, una guerra tra due modi di vedere il mondo e la vita, una guerra della democrazia contro il nazismo e il fascismo, una guerra tra la libertà e l’autoritarismo.”
“Non aveva mai pensato che quell’amore potesse avere un futuro perché, come gli aveva detto Roser sin dall’inizio, era una pianta senza radici inesorabilmente destinata ad appassire; non cresce nulla nella penombra dei segreti, l’amore ha bisogno di luce e di spazio per espandersi, diceva lei.”
“Non ricordava, disse, cosa provava, ma aveva capito che morire è difficile e invocare la morte è una cosa da codardi.”
“Rilassati, Víctor. Tenere sempre il broncio non serve a niente. Il dolore è inevitabile, ma la sofferenza è facoltativa”
“La legge naturale che regola l’universo è l’entropia, tutto tende al disordine, a frammentarsi, a sparpagliarsi, la gente si perde, bastava pensare a quanti era successo durante la Retirada, i sentimenti sbiadiscono e l’oblio si insinua nelle vite come foschia. Ci vuole una volontà eroica per mantenere tutto al proprio posto.”
“Di fronte alla necessità di salvarsi la vita, quegli uomini andavano con la coda tra le gambe a farsi visitare da lui; la paura non ha vergogna, come diceva Roser. Era il suo momento, era all’apice della carriera e sentiva che in un qualche modo misterioso incarnava la trasformazione del paese; le ombre stavano indietreggiando, era l’alba della libertà e per estensione anche lui viveva una splendida alba.”
“Non era sufficiente camminare bello dritto e mascherare la fatica, doveva occuparsi anche di molti altri sintomi della vecchiaia: avarizia, diffidenza, malumore, risentimento e cattive abitudini, come smettere di radersi tutti i giorni, ripetere sempre gli stessi aneddoti, parlare di se stesso, di malattie o di denaro.”
Parti storiche di “Lungo petalo di mare”
Quella sera avevano l’onore di accogliere un invitato speciale, Pablo Neruda, che, giunto all’età di trentaquattro anni, era considerato il miglior poeta della sua generazione, una vera impresa, visto che in Cile di poeti ce n’erano da vendere. Alcuni dei componimenti di Venti poesie d’amore erano entrati a far parte del folclore popolare e persino gli analfabeti li recitavano. Neruda era un uomo del Sud, della pioggia e del legno, figlio di un operaio delle ferrovie, che recitava i suoi versi con voce cavernosa e diceva di sé di essere duro de nariz y mínimo de ojos. Personaggio discusso, celebre per la sua simpatia per la sinistra, soprattutto per il Partito comunista dove in futuro avrebbe militato, era stato console in Argentina, Birmania, Sri Lanka, Spagna e recentemente in Francia, perché i governi di turno preferivano tenerlo lontano dal paese, stando a quanto dicevano i suoi avversari politici e del mondo delle lettere. A Madrid, dove si trovava proprio poco prima che scoppiasse la Guerra civile, aveva fatto amicizia con intellettuali e poeti tra cui Federico García Lorca, assassinato dai franchisti, e Antonio Machado, morto in Francia, in un paese vicino al confine durante la Retirada. Aveva pubblicato un inno alla gloria dei combattenti repubblicani, La Spagna nel cuore, cinquecento esemplari numerati stampati dai miliziani dell’Esercito dell’Est nel monastero di Montserrat, in piena guerra, su carta ricavata da quello che avevano a disposizione, camicie insanguinate e perfino una bandiera nemica. La poesia era stata pubblicata anche in Cile in un’edizione a larga diffusione, ma Felipe aveva uno degli esemplari originali. “Y por las calles la sangre de los niños / corría simplemente, como sangre de niños. […] / Venid a ver la sangre por las calles, / venid a ver / la sangre por las calles, / venid a ver / la sangre por las calles!” Neruda amava la Spagna con passione, aborriva il fascismo e provava talmente tanta angoscia per la sorte dei repubblicani sconfitti che era riuscito a convincere il nuovo presidente ad accoglierne un certo numero in Cile, sfidando l’opposizione intransigente dei partiti di destra e della Chiesa cattolica. Proprio per parlare di questo progetto era stato invitato alla riunione dei Furiosi. Era di passaggio a Santiago, dopo alcune settimane trascorse in Argentina e Uruguay a organizzare gli aiuti economici per i rifugiati. Come dicevano i giornali di destra, gli altri paesi offrivano denaro, ma nessuno voleva accogliere i rossi, quei violentatori di suore, assassini, gente pronta a usare le armi, atei senza scrupoli ed ebrei, che avrebbero messo in pericolo la sicurezza del paese.
Neruda annunciò ai Furiosi che sarebbe partito per Parigi nei giorni successivi, in veste di console speciale per l’immigrazione spagnola.
“All’ambasciata cilena in Francia non mi vogliono, sono tutti imboscati di destra decisi a ostacolare la mia missione,” disse il poeta. “Il governo mi manda là senza il becco d’un quattrino e mi devo procurare una nave. Vediamo cosa riuscirò a fare.”
Spiegò che aveva l’ordine di selezionare lavoratori specializzati che potessero insegnare il mestiere a operai cileni, persone pacifiche e rispettabili, niente politici, giornalisti o intellettuali potenzialmente pericolosi. Secondo Neruda, in quanto a immigrazione, il criterio cileno era sempre stato razzista, vigevano istruzioni confidenziali per i consoli di negare il visto a persone di determinate categorie, razza e nazionalità, come gitani, neri ed ebrei e persino ai cosiddetti orientali, termine vago che si prestava a molteplici interpretazioni. A quella xenofoba ora si aggiungeva anche la componente politica, niente comunisti, socialisti o anarchici, ma dato che la normativa destinata ai consoli non era ancora stata messa per iscritto, c’era un certo margine di azione. Neruda aveva da compiere un’impresa titanica: doveva finanziare e allestire una nave, selezionare i migranti e far avere loro l’importo necessario richiesto dal governo a garanzia del loro mantenimento nel caso non avessero potuto contare sull’ospitalità di amici o parenti in Cile.
Quel 3 settembre del 1939, il meraviglioso giorno dell’arrivo in Cile degli esuli spagnoli, in Europa scoppiò la Seconda guerra mondiale.
…
Tra la folla entusiasta sul molo c’erano le autorità del governo, rappresentanti dei lavoratori e delle colonie, catalana e basca, con cui era stato in contatto durante gli ultimi mesi per preparare l’arrivo del Winnipeg, oltre ad artisti, intellettuali, giornalisti e politici. Tra questi si trovava un medico di Valparaíso, Salvador Allende, un dirigente socialista che dopo qualche giorno fu nominato ministro della Sanità e che tre decenni più tardi sarebbe diventato presidente del Cile. Nonostante la giovane età, era un personaggio di spicco nell’ambiente politico, ammirato da alcuni, odiato da altri, ma rispettato da tutti.
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