Maktub. Destino è un libro di Paulo Coelho, pubblicato il 2 maggio 2023, da La Nave Di Teseo, tradotto da Rita Desti. Un nuovo cammino con la forza delle parole e del pensiero. Un invito a scoprire la vita da nuovi punti di vista, a cercare se stessi per immaginare e realizzare il proprio, luminoso, destino.
“Immaginate un bruco. Trascorre gran parte della vita guardando dal basso gli uccelli che volano e indignandosi per il proprio destino e le proprie fattezze. Pensa: “Sono la creatura più spregevole, brutta, repellente, condannata a strisciare sulla terra”.
Un giorno, però, la Natura gli chiede di fare un bozzolo. Il bruco è terrorizzato: un bozzolo non l’ha mai fatto.”
La parola “Maktub”, infatti, significa “destino”. Si tratta di un lemma arabo (مكتوب), nello specifico un participio passato, che indica il destino, letteralmente “ciò che è stato scritto”. Questo libro di accompagna al precedente “Manuale del guerriero della luce”, ci trasporta dentro la nostra interiorità per scoprire quelle parti che abbiamo dimentichiamo, causa delle frenesia dei nostri tempi.
“Dice il maestro:
Oggi sarebbe bello fare qualcosa fuori dell’ordinario. Potremmo, per esempio, ballare per strada mentre andiamo al lavoro. Guardare dritto negli occhi uno sconosciuto e parlare di amore a prima vista. Suggerire al nostro capo un’idea che può sembrare ridicola, ma nella quale crediamo. Oppure comprare uno strumento che avremmo sempre desiderato suonare, senza averne mai il coraggio. I guerrieri della luce si permettono giorni come questo.
Oggi potremmo piangere per le vecchie parole che sono rimaste bloccate in gola. Potremmo chiamare qualcuno a cui abbiamo giurato di non parlare mai più (ma di cui vorremmo tanto sentire un messaggio nella segreteria telefonica). Oggi può essere considerato un giorno estraneo al copione che scriviamo ogni mattina. Oggi sarà ammessa e perdonata qualsiasi trasgressione. Oggi è il giorno in cui dobbiamo affrontare con gioia la vita.”
Maktub non è una raccolta di consigli, ma uno scambio di esperienze.
È composto in gran parte dagli insegnamenti che ho ricevuto dal mio maestro nel corso di undici lunghi anni di frequentazione. Altri testi sono racconti di amici o di persone incontrate una sola volta, ma che mi hanno lasciato un messaggio indimenticabile. Infine, si può scorgere la traccia dei libri che ho letto e delle storie che, come dice il gesuita Anthony de Mello, appartengono all’eredità spirituale della razza umana.
Maktub nasce da una telefonata di Alcino Leite Neto, allora direttore dell’inserto “Ilustrada de la Folha” di São Paulo. All’epoca mi trovavo negli Stati Uniti e accettai la proposta, pur non sapendo bene cosa avrei scritto. Era una sfida stimolante, e decisi di affrontarla. Vivere è correre dei rischi.
Quando mi resi conto dell’impegno che il lavoro richiedeva, per un attimo pensai di rinunciare. Oltretutto, poiché ero sempre in viaggio per promuovere i miei libri all’estero, questo sforzo quotidiano divenne un tormento. Eppure tutti i segnali mi dicevano di proseguire: la lettera di un lettore, il commento di un amico, qualcuno che mi mostrava i ritagli della rubrica che portava sempre con sé.
A poco a poco imparai a essere obiettivo e diretto. Fui costretto a riletture che avevo sempre rinviato. E il piacere che ne ricavai fu immenso.
Cominciai a prestare più attenzione alle parole del mio maestro e iniziai a vedere in tutto quello che accadeva intorno a me un motivo per scrivere Maktub. E ciò costituì per me un tale arricchimento interiore che oggi non rimpiango quell’impegno quotidiano.
Per questo volume ho selezionato testi pubblicati sulla “Folha” di São Paulo dal 10 giugno 1993 all’11 giugno 1994. Le storie sul guerriero della luce sono invece confluite nel Manuale del guerriero della luce.
Nella prefazione a uno dei suoi libri, Anthony de Mello scrive: “Il mio compito è stato solo quello del tessitore. Il cotone e il filo non sono merito mio.”
E neppure mio.
Paulo Coelho
Incipit del libro “Maktub. Destino”
Il viandante è seduto nel bosco, con un fascio di appunti sulle ginocchia, e sta guardando un’umile casa davanti a sé. Si tratta di un posto dove è già stato con un gruppo di amici, ma all’epoca era riuscito a notare soltanto una vaga somiglianza tra lo stile della casa e quello di un architetto gallego che era vissuto qualche tempo prima e non aveva mai messo piede in quel luogo.
La casa si trova vicino a Cabo Frio, Rio de Janeiro, ed è costruita interamente con cocci. Nel 1899 il suo primo proprietario, Gabriel, aveva sognato un angelo che gli diceva: “Devi costruire una casa di cocci.” E così aveva iniziato a raccogliere pezzi di mattoni, piatti, soprammobili e bottiglie. “Ogni frammento è trasformato in bellezza,” soleva dire Gabriel del suo lavoro. Per quarant’anni gli abitanti del luogo l’avevano accusato di essere un folle, ma poi alcuni turisti scoprirono la casa e Gabriel fu considerato un genio. Passata la novità, ricadde però nell’anonimato. Gabriel proseguì comunque la costruzione. Finché, all’età di novantatré anni, non posò l’ultimo coccio di vetro e morì.
Il viandante accende una sigaretta e fuma in silenzio. Oggi non pensa più alla somiglianza tra la casa di Gabriel e l’architettura di Antoni Gaudí. Osserva quei cocci e riflette sulla propria esistenza. Anch’essa, come quella di chiunque altro, è il risultato di tutto ciò che gli è accaduto. Sono frammenti che, a un certo punto, iniziano a prendere forma.
E guardando le carte poggiate sulle sue ginocchia, il viandante comincia a rievocare il proprio passato. Ci sono pezzi della sua vita, situazioni che ha vissuto, brani di libri che sono rimasti impressi nella sua memoria, insegnamenti del suo maestro, storie di amici, favole che gli hanno raccontato. E riflessioni sulla sua epoca e sui sogni della sua generazione.
Come l’uomo che sognò un angelo e costruì la casa che ora è lì davanti ai suoi occhi, il viandante cerca di dare un ordine a queste carte per comprendere la propria costruzione spirituale. Ricorda di aver letto da bambino un libro di Malba Tahan intitolato Maktub! e si domanda: “Dovrei fare anch’io la stessa cosa?”