Madre d’ossa è un thriller scritto da Ilaria Tuti, è stato pubblicato nel 06/06/2023 da Longanesi.
Quinto romanzo con protagonista il commissario di polizia Teresa Battaglia, svelare l’enigma che la coinvolge rappresenta un viaggio attraverso la notte, un’immersione nelle profondità oscure della sua memoria logorata dal tempo.
“Teresa aveva scherzato, ma la verità era che si sentiva sbriciolare. Giocare serviva a esorcizzare la paura di scomparire”
Trama del libro “Madre d’ossa”
Teresa Battaglia ha davvero perso la sfida più grande di tutte? Quella con la sua memoria, contro il suo corpo e la malattia che le ha annebbiato la mente?
Tutto lo fa ritenere. È questo che pensano i suoi colleghi, le persone che le vogliono bene, chi le sta intorno. È questo che crede anche Massimo Marini quando, dopo aver ricevuto una chiamata anonima, si precipita in mezzo alle montagne. Dove il bosco più fitto cede il passo all’acqua gelida di lago, qualcosa di enigmatico e terribile è accaduto. Ed è lì che Massimo vede Teresa. Le guance sporche di sangue, lo sguardo smarrito e tra le braccia il cadavere di un ragazzo.
Chi era quel giovane? E perché Teresa è lì con lui?
Massimo non ha risposte, solo dubbi. Sa, però, che la scena di un crimine è l’ultimo posto in cui dovrebbe trovarsi il commissario Battaglia.
Teresa ha irreparabilmente alterato il luogo del ritrovamento e inquinato gli indizi.
Ma forse non è davvero così che stanno le cose…
“Teresa si era rimessa in piedi e stava in equilibrio precario sulla roccia. Si reggeva la testa, faceva vagare lo sguardo da un punto all’altro. Era palese che non aveva idea di che cosa stesse accadendo.
Lui d’istinto scavalcò la palizzata, ma se ne pentì non appena la vide trasalire e ricadere seduta.
Si morse la lingua per non gridare e peggiorare la situazione. Teresa non lo riconosceva ed era spaventata: per lei era solo un estraneo che tentava di afferrarla.”
Teresa Battaglia è dominata dalla progressione imprevedibile dell’Alzheimer, il suo guardo è smarrito, disorientato, la sua realtà è immersa nell’oscurità di quei momenti improvvisi e spaventosi, incapace di riconoscersi allo specchio e privata di ogni conoscenza. Teresa urla per la paura, la rabbia, la frustrazione per la sua mente che non trattiene più i ricordi e non riconosce più il suo nome.
A Teresa rimane soltanto un presente instabile e vuoto, nei suoi incubi si trovano demoni, ma nelle sue giornate ci sono sempre i suoi ragazzi: Parisi, De Carli e soprattutto Massimo Marini, che la fanno sentire accolta, la proteggono, sono una squadra, una famiglia.
“Fino a quel momento, Teresa Battaglia era rimasta in silenzio a scrutare il lago, il bosco, il volo degli uccelli, come capace di intravedervi chissà quale auspicio. Il vento le scompigliava i capelli, le ciocche sfioravano il profilo dritto. La natura attorno allo specchio d’acqua era cupa e feroce, feroce di quel silenzio che precede una mandibola che scatta tra le fronde, artigli che si chiudono straziando.
Teresa sembrò rispondere al richiamo dei suoi pensieri. Cercò Massimo con lo sguardo, era triste, e allora lui capì. Lo riconosceva.”
Serie con Teresa Battaglia
2018 – Fiori sopra l’inferno
2019 – Ninfa dormiente
2021 – Luce della notte
2021 – Figlia della cenere
2023 – Madre d’ossa
Incipit del libro “Madre d’ossa”
1
Il lago di Cornino era un’iride, buio al centro e cristallino lungo la riva. Cinto da boschi arrossati dall’autunno, si apriva nella terra come un occhio antico, di bestia primordiale. Vi stava sorgendo un’alba caliginosa, bruma d’ottobre aspra e zuccherina, che portava il sentore di uva lasciata marcire sui tralci e di brace rimestata nelle stufe.
Massimo inspirò a fondo. Se ciò che gli era stato detto al telefono dalla voce di uno sconosciuto era vero, allora quel paradiso fumante era stato l’inferno di qualcuno.
Sopra di lui volavano rapaci. L’apertura alare era impressionante, i volteggi bassi e concentrici. Puntavano i massi calcarei che si tuffavano nello specchio d’acqua, tra banchi di nebbia in dissolvenza. Avevano fiutato la carne, gli venne da pensare.
Si sporse dalla balaustra del punto panoramico, un terrazzamento che dalla strada abbracciava la conca, una polla di neanche centocinquanta metri di diametro, e cercò di spingere lo sguardo oltre le velature. Nel silenzio, il respiro era affannoso, nonostante Massimo non avesse mosso che pochi passi.
Era in ascolto, con tutti i sensi, anche con l’istinto che non gli riusciva mai di lanciare davanti a sé, e che tuttavia qualcuno, qualcuno per lui speciale, continuava a dirgli di seguire.
Si alzò il vento. La bruma vorticò in mulinelli e il biancore a poco a poco si diradò scoprendo l’altra sponda.
Massimo strinse le dita attorno al parapetto. C’era qualcuno sulle rocce. Non riusciva a distinguerne i contorni, ma i rivoli scuri che colavano fino all’acqua gli provocarono uno spasmo allo stomaco.
Scattò e corse lungo il sentiero sterrato che scendeva al bacino. Toccò più volte l’arma che portava al fianco, per convincersi che non fosse da ingenuo precipitarsi in un luogo isolato, da solo, dopo una chiamata anonima che annunciava una morte tragica. Una chiamata arrivata sul suo telefono personale.
Giunse sull’altra riva. Il sentiero si stringeva, snodandosi tra rami scheletrici e massi erratici che creavano l’illusione di un cunicolo. Massimo doveva procedere mettendo un piede davanti all’altro, facendo attenzione a non inciampare sulle punte aguzze dei sassi che affioravano dal terreno.
Raggiunse uno slargo. Il perimetro del lago era circoscritto da una palizzata di legno. Al di là dello steccato, le rocce sembravano trasudare sangue. Sangue nero, ormai rappreso.
Massimo sfilò la pistola dalla fondina, la tenne puntata sulla figura scura, e avanzò. Forse era una precauzione inutile, esagerata, ma la natura in quel luogo cantava una melodia sinistra e lo contagiava.
I corpi in realtà erano due. Uno steso, il torso coperto da una maglietta a maniche corte, il viso rivolto al cielo. Il braccio che Massimo poteva intravedere era discosto dal fianco, attraversato da un taglio profondo, le vene ormai svuotate.
Il secondo corpo era chino sul primo.
Un uccello imponente li osservava dal masso accanto, puntando di tanto in tanto gli occhi avidi e dorati su Massimo. Era assurdo anche solo pensarlo, ma sembrava un avvoltoio. Non mostrava alcun timore dell’essere umano, solo accortezza. Aveva ancora il becco pulito.
Massimo agitò un braccio per farlo volare via, ma il rapace non fu l’unico a reagire.
Il secondo corpo si raddrizzò, facendolo sussultare.
«Polizia!» urlò tenendolo sotto tiro, ma subito abbassò la pistola, spaventato dall’idea che potesse partire un colpo.
Massimo conosceva quel soprabito blu, teso sul dorso largo, e conosceva anche gli inconfondibili capelli rossi, ora scarmigliati da una notte che doveva essere stata difficile.
Teresa Battaglia voltò la testa con lentezza e lo guardò. Aveva le guance sporche di sangue. In ginocchio, teneva il corpo del ragazzo morto tra le braccia. Sembrò cercare di porgerglielo.
«Mi può aiutare a spostarlo?» gli chiese, smarrita. «I grifoni lo vogliono divorare.»