Alla vecchia maniera. Il primo caso del commissario Botero è un romanzo scritto da Paolo Roversi, che debutta nella storica collana Giallo Mondadori.
Il libro, pubblicato il 20 giugno 2023, ci regala un nuovo protagonista, il commissario Luca Botero, detto l’Amish, per la sua avversione per la tecnologia. Botero indaga “alla vecchia maniera”, attraverso la logica e l’intuizione, accompagnato dalla sua macchina da scrivere n. 22, un telefono in bachelite con la rotella e un taccuino nero.
Trama del libro “Alla vecchia maniera”
Sono gli ultimi giorni dell’Expo, e Milano galleggia in un inedito silenzio quando in pieno centro viene ritrovato il cadavere di un avvocato dalla dubbia reputazione. Ad arrivare sul posto è la giovane Camilla Farina, ispettore di polizia, che in quel freddo omicidio vede l’occasione per dimostrare il proprio talento.
Il caso, però, viene affidato a uno strano commissario, Luca Botero. Basette a metà guancia, trench e Church’s ai piedi, l’Amish, come viene chiamato da tutti, pare più adatto a un revival anni Settanta che per risolvere un delitto. A Botero bastano pochi minuti per dimostrare il solito formidabile acume investigativo: grazie a una combinazione di intuito, spirito di osservazione e memoria enciclopedica, legge tra le righe della scena del crimine meglio della Scientifica.
Era in fondo quello che sperava il questore: quando la moderna tecnologia diventa inutile, quando il mistero rasenta l’impossibile, Botero e il suo approccio tutto logica e deduzione si sono dimostrati sempre risolutivi. Camilla viene aggregata alla squadra dell’Amish, variopinta e allergica alla modernità quanto il suo capo, e precipita tra fax, archivi cartacei e telefoni di bachelite, ma anche nel mistero che nasconde lo stesso Botero, la cui ossessione per il passato non è una posa, ma la conseguenza di un caso tutt’altro che chiuso.
Le recensioni, anche se poche visto la recente uscita, sono tutte molto entusiaste per questo nuovo protagonista creato da Roversi. La mia recensione la trovate qui.
Incipit del libro “Alla vecchia maniera”
1
Il silenzio. L’assenza completa di rumore, ecco cosa colpisce Camilla.
Più ancora che il cadavere sul selciato, è la pace inaspettata di quella notte tiepida di settembre a stupirla. Milano sembra svuotata: niente traffico e pochissime persone in giro nonostante siano appena le undici di sera. La ragione è semplice e di quattro lettere: Expo.
La movida ha traslocato all’Esposizione universale, dove il biglietto d’ingresso serale è a prezzo stracciato e nessuno resiste alla tentazione di un giro del mondo restando in città. I ristoratori si lamentano per le perdite ma ormai il processo è inarrestabile: all’ora dell’aperitivo inizia la transumanza verso Rho, in una sorta di gita fuori porta a metà strada fra il luna park, la sagra paesana e la galleria gastronomica. Bella, colorata e ricca di specialità dai prezzi salatissimi, dettaglio che sembra non importare a nessuno, presto Expo 2015 chiuderà i battenti, quindi, finché c’è, bisogna goderne, esserci a tutti i costi.
Nel corso degli anni, di morti ammazzati la poliziotta ne ha visti parecchi, sempre circondati da un gran frastuono; forse è per questo che quella quiete così assordante la sorprende. Le sembra di trovarsi ai confini del mondo o in un paesino arroccato sui monti della val Brembana, anziché nel pieno centro di una metropoli che non dorme mai, capitale della moda e della finanza. Quella notte, la città che è stata da bere le appare spenta come il lungomare di Rimini a novembre.
«Gli hanno sparato un unico colpo alla nuca: un’esecuzione in piena regola» decreta Desanctis. Il capo della Mobile è piegato sulle ginocchia e sta esaminando il morto al riverbero delle fotoelettriche. La voce le arriva ovattata ma la aiuta comunque a interrompere il flusso dei suoi pensieri.
«Niente telecamere né testimoni.»
Accanto a lei c’è l’agente Luigi Malandra. Entrambi ascoltano il soliloquio del superiore restando a un passo di distanza.
L’ispettore Camilla Farina ha preso servizio alla questura di Milano da meno di una settimana e non ha ancora avuto occasione di mostrare al suo superiore quanto valga sul campo, anche perché lui le avrà rivolto la parola sì e no tre volte. Non è certo uno che brilla per simpatia, Alessandro Desanctis. Tarchiato, capelli crespi nerissimi, labbra sottili da cui spunta immancabile una sigaretta accesa, modi sbrigativi. Non saluta mai quando arriva in questura né quando se ne va. Veste impeccabili completi scuri senza cravatta e trascorre gran parte delle sue giornate col cellulare incollato all’orecchio.
Ultimata l’osservazione della scena, con indosso un paio di guanti di lattice Desanctis inizia a frugare nella giacca del morto.
«Niente portafogli, né documenti, né cellulare. Forse l’assassino se li è portati via per renderci più difficile l’identificazione. Oppure quest’uomo è stato rapinato, si è ribellato e il premio è stato una bella pallottola in testa. Chissà chi era…»
«Se permette, credo di saperlo io» interviene l’agente Malandra, che si è chinato anche lui sulla vittima per vedere meglio. «È l’avvocato Lobascio.»
Il capo della Mobile sbianca.
«Ne sei sicuro?»
«L’ho visto al telegiornale. Proprio oggi si è concluso un suo processo. Nel servizio dicevano che è riuscito a far assolvere un tizio che tutti davano per colpevole.»
Camilla non perde tempo e lancia una ricerca sullo smartphone.
«Eccolo» conferma mostrando la foto sullo schermo.
Desanctis impreca fra i denti mentre lei, che al contrario dei colleghi non ha la minima idea di chi sia il morto, scopre dalla rete che si tratta dell’avvocato Raffaele Maria Lobascio, figlio d’arte, se così si può dire, visto che il padre, da cui aveva ereditato lo studio legale, era l’altrettanto famoso avvocato Gualtiero Lobascio, deceduto otto anni prima.
«E cosa ci faceva uno stimato professionista, di notte, in questo vicolo?»
La domanda di Desanctis è retorica e, infatti, nessuno risponde. Si sfila i guanti con rabbia e si ficca in bocca una sigaretta. Un omicidio è già una rogna di per sé; il fatto poi che abbiano ammazzato un pezzo grosso del foro di Milano, uno che, a quanto ricorda, era spesso ospite di programmi televisivi per difendere i suoi danarosi clienti, complica parecchio la faccenda. “I media ci andranno a nozze” rimugina mentre si allontana di alcuni passi col cellulare già all’orecchio.
«Chi chiama?»
«Se dovessi scommettere direi Macaluso» risponde Malandra.
«Il questore?»
«Desanctis non fa mai nulla senza informarlo. Figurarsi ora che ha scoperto che il morto era uno così in vista.»
Il loro capo ritorna quasi subito, scuro in volto.
«Allora, come procediamo?» chiede Camilla, che non vede l’ora di mettersi alla prova su quel caso.
«Non procediamo: l’indagine verrà affidata all’Amish.»
«L’Amish?»
«Sì, scusa, è il soprannome che gli abbiamo affibbiato noi.»
La poliziotta diventa rossa in viso: perché Macaluso ha assegnato il caso a un altro? Sono stati loro della Mobile – lei e l’agente Malandra, per la precisione – ad arrivare per primi, a transennare l’area, a piazzare le alogene, a scoprire l’identità della vittima…
E ora, senza nemmeno uno straccio di spiegazione, le sfilano tutto dalle mani.
«Si può sapere chi è questo tizio?» chiede, faticando a mantenere la calma.
Desanctis accende un’altra sigaretta. «Oh, lo scoprirai presto. Non voglio rovinarti la sorpresa. Ti ho mandato il contatto sul cellulare, vedi se risponde.»
Camilla aggrotta la fronte: il numero inizia con zero due, il prefisso di Milano.
«Un telefono fisso?»
«Non ha il cellulare» la informa il suo capo. «E credimi: è la più innocua delle sue stranezze.»
Lei compone il numero. «Squilla a vuoto» dice dopo un attimo. «Forse dorme.»
«Non dorme mai, quello! Se non risponde vuol dire che non è in casa.»
«Come facciamo allora a rintracciarlo?»
«Che giorno è oggi?»
«Martedì.»
Il capo della Mobile stira un sorriso amaro. «Allora so io dov’è. Ti giro l’indirizzo. Andate a prelevarlo con l’auto di servizio visto che, oltre a tutto il resto, non guida nemmeno.»
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