Pretesti – Cronache di un Festival di Riflessi
Giorno 2
PROVA ED ERRORE
… Abbasso lo schermo del computer e il tavolo cui siedo si riempie di artisti e operatori. Si scherza avvolti dai fumi del sonno e non solo, che tolgono inibizioni. Ci si confronta sulle performance della sera prima, ci si conosce raccontando un po’ chi siamo, cosa facciamo e perché. Di questi momenti se ne accendono di continuo. Teatri Riflessi 8 coglie a pieno il tema “Alterità”. La curiosità come i bambini insegnano è chiave fondamentale dello sviluppo: lasciarsi scoprire, sbagliare e crescere.
Nel pomeriggio prendiamo parte al Workshop di connessione “Legami” di Beatrice Gigliuto che avevo sottovalutato, perché mi sembrava smorfiosa e durante la co-conduzione del Festival scalciava senza accorgersene. Il laboratorio è un propedeutico all’affascinante arte orientale dello Shibari. Le emozioni, attraverso le corde, ci percorrono e si liberano. Beatrice è una conduttrice paziente, curiosa e disponibile e il fatto che le piaccia fare le cose bene e si veda, si demonizza solo se non si è ancora esplorato in fondo il proprio bisogno di attenzione. Alterità è anche riconoscere la roba nostra di cui vestiamo l’altro. Lasciare sempre una finestrella aperta nell’apparente buio di un giudizio, inevitabile. Grazie Beatrice.
A seguire il TRForum permette a pubblico, artisti e operatori di incontrarsi per redigere insieme il decalogo di un ipotetico manifesto “Diritti e doveri” della Cultura. Si riuscirà a uscire da sé ed esplorare chi ci sta intorno più che volergli dire chi siamo noi? È una sfida a volte vinta e a volte persa. I compiti da svolgere nei Forum sono dei pretesti per entrare in contatto, lo stesso Festival lo è, condito da arte e bellezza per tutti. Oltre che un’opportunità per gli artisti.
LA GARA
Il corto teatrale di apertura è dello sponsor Di Bella Costruzioni, senza cui l’anno scorso la ripresa del Festival – dopo 7 anni di fermo – non sarebbe stata possibile. Mette in scena il conferimento di alcuni “awards” su una soundtrack motivazionale esprimendo una critica feroce a certi meccanismi sociali ben noti. Non fosse fuori concorso avrebbe buone chance di vittoria.
Oggi più di ieri, secondo me, ci sentiamo un po’ tutti giudici acidelli col dentino velenoso. Forse è un movimento della coscienza che avviene dopo la pura scoperta. Ieri era tutto nuovo, ora ci sono parametri di riferimento, aspettative e possibilità di paragoni. Alcuni artisti sentono la pressione del giudizio e della competizione e questa è una sfida dell’alterità: La difficoltà di rimanere sé stessi in mezzo agli altri.
Il direttore artistico Dario D’Agata si sente di dover alleggerire la predominanza dell’idea di competizione. La creazione artistica in fondo non nasce per stare nella confezione di una gara. I premi non sarebbero mai abbastanza. Ognuno dovrebbe ricevere a prescindere quello di essere semplicemente sé stesso.
Il panorama delle performance è sempre poliedrico per codici e variazioni sul tema, a me riverbera particolarmente la messa in scena del conflitto figlio/genitore. C’è chi rompe le uova del padre per attirarne l’attenzione, chi le palle alla madre per rabbia e disagio inespresso. Fino a ucciderla nella foga, crollando nel dolore che riconnette all’anima.
Il penultimo corto è “Herz”, parola esistente solo in lingua ucraina perché questo popolo può “guardare in faccia l’abisso e ridere, aspettando che balli con te”. Ma se l’abisso è ciò che ci terrorizza, allora di cosa non si può ridere?
Chiude “ORFARM” di Luigi Facchino. Un trip teatrale psichedelico che sa di caos e rituale, affacciandosi in chiave moderna alle origini bacchiche e catartiche del teatro. Libertà del suono, di essere altro da se stessi, nel farsi musica e liberarsi nella metamorfosi.
IO PERFORMER, TU SGUARDO
Lo spazio è molto bello ma il Festival non può materialmente ridurre tutto il parco al silenzio. Starebbe alla sensibilità personale. Alcune persone se ne fregano degli artisti in scena, scartano pidoni e teglie di focaccia, a tratti chiacchierano come fossero in casa davanti alla tv. Sentire urlare in lontananza “O caca!” durante un prezioso momento senza parole non è il massimo. È il dazio da pagare per una manifestazione totalmente gratuita e che avvicina a questo mondo tutti. Se ieri dicevo che il performer è li per servire il pubblico, è anche bello quando in quest’ultimo c’è un minimo di senso civile, perché essere al servizio di qualcuno non vuol dire esserne schiavo.
I 5 corti che accedono alla finale di “Teatri Riflessi” di quest’anno domina la danza e non ci sono italiani:
“Correnti” / Beatriz Mira & Tiago Berreiros – Portogallo
“K(-A-)O” / Kenji Shinoe – Giappone
“The Vitruvian Human” Hungry Sharks CIE – Austria
“Herz” / ProEnglish Theatre of Ukraine – Ucraina
“Alldough” / Machete Republik – Portogallo, Austria
TAVOLO TECNICO
Tornati a notte fonda all’Oasi instauriamo senza volerlo quello che qualcuno chiama “un tavolo tecnico” sulla manifestazione. Partecipano:
- Roberta Gambino, responsabile del concorso (il Premio Valentina Nicosia è un gentile pensiero alla ragazza che copriva lo stesso ruolo, scomparsa alcuni anni fa)
- Emanuela Di Grigoli, che svolge la funzione di farsi fare fotografare da Alice D’Antone, a cui dobbiamo le bellissime immagini del Festival. Scherzi a parte Emanuela è impeccabile coordinatrice di laboratori e workshop.
- Silvia Musarra, che vanta in cv di essere coinquilina di Emanuela Di Grigoli, ed è addetta al backstage. Pur non parlando inglese è colei che interagisce maggiormente coi volontari dal mondo. “Mi faccio capire” dice alle 4 di mattina mentre addenta una fetta biscottata al tonno. Dopo due giorni ha iniziato a capire le mie battute apprezzandole ed è uno dei due motivi per cui merita la citazione.
- Nello Provenzano, autore del corto in gara “Gianna” sul quale ha iniziato un interessante lavoro di ricerca sull’umanità, di cui ha fatto anche le spese. Senza rischio non c’è arte.
- Daniele Pellirossi, coordinatore volontari dell’associazione Lunaria, per fortuna non più in mutande.
- Gli immancabili Tony e Gerri.
Tocco appena il letto, che il sole spalanca la finestra. È un nuovo giorno. Al tavolo del caffè ci raggiunge anche Costanza Patané, responsabile Social Media.
Oggi, alle 17:00, incontrerò bambini e ragazzi col mio workshop “LA POESIA QUASSÙ – Laboratorio ludico-teatrale di storytelling”.
Fiere, la mia tazzina e quella di Tony s’incontrano in un brindisi coronato da occhiaie. “Alla vita, alla morte e alle 2 ore di sonno per notte.”
Lelio Naccari
Foto copertina e teatro di @alicedantoneph
Il festival Teatri Riflessi
Teatri Riflessi è un Festival internazionale di corti teatrali prevede svariate attività arricchite e collaterali che ruotano intorno all’evento core, il concorso di corti teatrali – un momento di confronto, ma anche competizione che vuole stimolare la produzione artistica legata al genere del corto teatrale e favorire il dialogo e il confronto tra diverse realtà performative contemporanee.
Il festival “Teatri Riflessi” è nato nel 2009 dall’intuizione di IterCulture, associazione nata dalla volontà di diversi operatori culturali di contribuire al marketing culturale del territorio, creando alternative di qualità per diversi pubblici, rappresentate da progetti sostenibili legati alle forme d’arte contemporanea e attraverso il confronto con realtà nazionali ed internazionali.
IterCulture intende contribuire allo sviluppo di attività culturali partecipando e alla creazione di nuovi fermenti che abbiano un respiro nuovo, di impatto nazionale e internazionale, traghettando la tradizione nella cultura contemporanea e offrendo spunti e assaggi che possano stimolare la curiosità e la “fame” di cultura.
IO, LEI, L’ALTRO – Cronache di un Festival di Riflessi. Giorno 1
LINGUE – Cronache di un Festival di Riflessi. Giorno 3 – Teatri Riflessi