Il vento conosce il mio nome è un romanzo di Isabel Allende, pubblicato il 12 settembre 2023, da
Feltrinelli, tradotto da Elena Liverani. Una storia di violenza e redenzione, per chi non ha mai smesso di sognare un futuro migliore.
Dalla Vienna del 1938 all’Arizona di oggi, dalla fuga dalla tragedia del nazismo in Austria a quella dalla violenza nel Salvador, tra passato e presente, si intrecciano le vicende di due bambini uniti dallo sradicamento, entrambi alla ricerca di una famiglia e di una casa.
“Gli atti vandalici durarono solo qualche minuto, ma l’effetto fu simile all’esplosione di una granata.”
Trama del libro “Il vento conosce il mio nome”
Vienna, 1938. Samuel Adler è un bambino ebreo di sei anni il cui padre scompare durante la Notte dei cristalli, quando la sua famiglia perde tutto. La madre, per salvarlo, lo mette su un treno che lo porterà dall’Austria all’Inghilterra. Per Samuel inizia così una nuova fase della sua lunga vita, sempre accompagnato dal suo fedele violino e dal peso dell’incertezza e della solitudine.
“Il bambino era commovente, così piccolo e magro, le ginocchia sbucciate, i capelli ribelli e la massima concentrazione, mentre ondeggiava seguendo la musica del suo violino, completamente ignaro dell’emozione che stava suscitando. Un coro di esclamazioni e di applausi scoppiò sulle ultime note. Samuel impiegò qualche secondo per uscire dallo stato di trance e tornare a quella cerchia di donne e bambini. Fece un breve inchino e, mentre la zia correva a baciarlo, la madre nascose un sorriso di soddisfazione.”
Arizona, 2019. Anita Díaz, sette anni, sale su un altro treno con sua madre per sfuggire a un pericolo imminente nel Salvador e cercare rifugio negli Stati Uniti. Ma il loro arrivo coincide con la nuova politica di separazione famigliare, e Anita si ritrova sola e spaventata in un centro di accoglienza a Nogales. Lontana dai suoi affetti e senza certezze, si rifugia su Azabahar, una magica stella che esiste solo nella sua immaginazione. Nel frattempo Selena Durán, una giovane assistente sociale, chiede aiuto a un avvocato di successo nella speranza di rintracciare la madre di Anita.
Intrecciando passato e presente, racconta la storia di due personaggi alla ricerca di una famiglia. È una testimonianza delle scelte estreme a cui i genitori sono costretti, una lettera d’amore ai bambini che sopravvivono ai traumi più devastanti senza mai smettere di sognare.
“Non è più possibile vivere in questo paese, Peter. I nazisti ci stanno assediando. La repressione viene messa in atto in cerchi sempre più stretti e precisi. Non possiamo entrare in certi ristoranti e negozi, minacciano i nostri figli a scuola, ci tolgono il lavoro negli uffici pubblici, ci confiscano le attività e i beni, ci vietano di esercitare la nostra professione o di amare qualcuno di un’altra religione.”
Isabel Allende per il suo 81esimo compleanno regala ai suoi lettori questo nuovo romanzo che promette grandi emozioni.
Incipit del libro “Il vento conosce il mio nome”
Gli Adler
Vienna, novembre-dicembre 1938Nell’aria c’era un presentimento di sventura. Fin dal mattino presto, un vento di incertezza spazzava le strade, fischiando tra gli edifici, infilandosi dalle fessure di porte e finestre. “È l’inverno che arriva,” mormorò Rudolf Adler per farsi coraggio, ma il tempo e la stagione non bastavano a spiegare il peso sul petto che sentiva ormai da diversi mesi.
La paura era un fetore di ruggine e spazzatura incollato al naso di Adler; né il tabacco della pipa, né la fragranza agrumata del dopobarba riuscivano a smorzarlo. Quel pomeriggio, l’odore della paura alzato dalle raffiche di vento gli impediva di respirare; gli girava la testa e aveva la nausea.
Decise di congedare i pazienti in attesa e di chiudere prima l’ambulatorio. La sua assistente, stupita, gli domandò se non si sentisse bene. Lavorava con lui da undici anni e il medico non aveva mai trascurato i suoi doveri; era un uomo metodico e puntuale. “Niente di che, Frau Goldberg, solo un raffreddore. Vado a casa,” rispose. Finirono di riordinare l’ambulatorio e di disinfettare gli strumenti e si salutarono sulla porta, come ogni giorno, senza sospettare che non si sarebbero più rivisti. Frau Goldberg si diresse verso la fermata del tram e Rudolf Adler percorse a passo spedito i pochi isolati che lo separavano dalla farmacia, con la testa incassata fra le spalle, il cappello in una mano e la valigetta nell’altra. Il marciapiede era umido e il cielo coperto, doveva aver piovigginato e più tardi sarebbe caduto uno di quegli acquazzoni autunnali che lo sorprendevano sempre senza ombrello. Aveva fatto quelle strade migliaia di volte, le conosceva a memoria e non mancava mai di apprezzare la sua città, una delle più belle del mondo: l’armonia degli edifici barocchi e Art Nouveau, gli alberi maestosi che iniziavano a perdere le foglie, la piazza del quartiere, la statua equestre, la vetrina della pasticceria con la sua parata di dolci e quella dell’antiquario, piena di curiosità; ma questa volta tenne lo sguardo a terra. Portava il peso del mondo sulle spalle.Quel giorno le voci minacciose avevano portato la notizia di un attentato a Parigi: un diplomatico tedesco ucciso con cinque colpi di pistola da un giovane ebreo polacco. Gli altoparlanti del Terzo Reich gridavano vendetta.
A marzo la Germania aveva annesso l’Austria e la Wehrmacht era sfilata con la sua arroganza militare nel centro di Vienna, tra gli applausi di una folla entusiasta; da allora, Rudolf Adler viveva nell’angoscia. I suoi timori erano iniziati qualche anno prima ed erano cresciuti a mano a mano che il potere dei nazisti si rafforzava, grazie ai finanziamenti e alle armi di Hitler. Usavano il terrorismo come arma politica, approfittando del malcontento, soprattutto giovanile, generato dai problemi economici che si trascinavano dalla Grande depressione del 1929 e dall’umiliazione per la sconfitta nella Prima guerra mondiale. Nel 1934 era stato assassinato il capo del governo Dollfuss e dopo il fallito colpo di stato ottocento persone avevano perso la vita in diversi attentati. Intimidivano gli avversari, provocavano rivolte e minacciavano la guerra civile. All’inizio del 1938 la violenza interna era insostenibile e la Germania premeva ai confini per annettere l’Austria. Nonostante le ripetute concessioni del governo alle richieste tedesche, Hitler ordinò l’invasione. Il partito nazista austriaco gli aveva preparato il terreno e le truppe d’invasione non solo non incontrarono nessuna resistenza, ma vennero acclamate dalla maggioranza della popolazione. Il governo cedette e due giorni dopo Hitler in persona entrò trionfalmente a Vienna. I nazisti stabilirono un controllo assoluto sul territorio. Qualsiasi opposizione fu dichiarata illegale. Le leggi tedesche, l’apparato repressivo della Gestapo e delle SS e il fanatismo antisemita diventarono immediatamente effettivi.Rudolf sapeva che anche sua moglie Rachel, una donna razionale e pratica e per nulla propensa a immaginare disgrazie, era quasi paralizzata dall’ansia e andava avanti solo con l’aiuto di farmaci. Entrambi cercavano di proteggere l’innocenza del loro figlio Samuel, ma il piccolo, di quasi sei anni, aveva la maturità di un adulto; osservava, ascoltava e capiva senza fare domande. All’inizio Rudolf aveva dato alla moglie gli stessi tranquillanti che prescriveva ad alcuni dei suoi pazienti, ma poiché le facevano sempre meno effetto, rafforzò la terapia con gocce più potenti, che si procurava in flaconi scuri privi di etichetta. Lui ne avrebbe avuto bisogno quanto lei, ma non poteva prenderle, glielo impediva l’esercizio della professione.
Le gocce gli venivano consegnate con circospezione da Peter Steiner, il proprietario della farmacia, suo amico da molti anni. Adler era l’unico medico a cui Steiner affidava la sua salute e quella della sua famiglia, e nessun decreto inteso a proibire i rapporti tra ariani ed ebrei poteva modificare la stima reciproca che li univa. Negli ultimi mesi, tuttavia, Steiner doveva evitarlo in pubblico, perché non poteva permettersi di finire nei guai con il comitato nazista di quartiere.