Le armi della luce è un romanzo storico di Ken Follett, pubblicato il 26 settembre 2023, da Mondadori, tradotto da Annamaria Raffo. Il quinto capitolo della saga di Kingsbridge, l’autore ci riporta dove tutto ha avuto inizio con I pilastri della terra.
Eroine ed eroi combattono per un futuro libero dall’oppressione, personaggi cattivi e perversi cercano di mantenere ad ogni costo i loro privilegi in un complesso e affascinante intreccio ricco di dettagli storici accuratamente documentati.
“Ho scoperto che è utile ascoltare le persone, anche quelle poco colte e di mentalità ristretta. Gli operai lavorano meglio se sanno che a te importa di quello che pensano. E se gli inglesi ritengono che il parlamento andrebbe riformato, io credo che dovremmo ascoltare quello che hanno da dire.”
La storia di un piccolo gruppo di abitanti di Kingsbridge – tra cui lo filatore Sal Clitheroe, il tessitore David Shoveller e Kit, il figlio caparbio e creativo di Sal – arriverà a definire la lotta di una generazione mentre cercano l’illuminazione e combattono per un futuro libero dall’oppressione.
Trama del libro “Le armi della luce”
Le armi della luce si svolge tra il 1792 e il 1824, un’epoca di grandissimi cambiamenti in cui il progresso si scontra con le tradizioni del vecchio mondo rurale e il governo dispotico è determinato a fare dell’Inghilterra un potente impero commerciale.
A Kingsbridge l’industrializzazione si fa rapidamente strada riducendo alla miseria la maggior parte della popolazione dedita alla manifattura tessile, la principale fonte di reddito della città. La vita di un gruppo di famiglie collegate tra loro viene stravolta dalla nuova era delle macchine, mentre imperversa la guerra con la vicina Francia di Napoleone Bonaparte che giunge alla sua epocale conclusione con la battaglia di Waterloo nel 1815. Scoppiano le rivolte del pane, gli scioperi e la ribellione contro l’arruolamento forzato nell’esercito.
“Badford era un grosso villaggio, con un migliaio di abitanti o più, e la casa di Sal distava un miglio. Sarebbe stata una camminata lunga e faticosa, ma lei conosceva così bene la strada che avrebbe potuto percorrerla a occhi chiusi. Aveva vissuto lì tutta la vita e i suoi genitori riposavano nel camposanto accanto alla chiesa di St Matthew. L’unico altro luogo che conosceva era Kingsbridge, e l’ultima volta che vi era stata risaliva a dieci anni prima. Ma Badford era cambiata, nel corso della sua vita, e non era più così facile andare da un’estremità all’altra del villaggio. Idee nuove avevano trasformato il modo di coltivare, e ora si incontravano steccati e siepi.”
Una coraggiosa filatrice, un ragazzo geniale, una giovane idealista che fonda una scuola per bambini disagiati, un commerciante di tessuti travolto dai debiti del padre, una moglie infedele, un operaio ribelle, un artigiano intraprendente, un vescovo inetto, un ricco imprenditore senza scrupoli sono solo alcuni dei personaggi che animano questa storia indimenticabile.
“L’insolenza era il punto debole di Harry. Era un uomo onesto e un gran lavoratore, ma pensava che i signori non fossero migliori di lui. Sal lo amava proprio per il suo carattere indomito e lo spirito libero, però i padroni non lo sopportavano e lui finiva spesso nei guai per la sua insubordinazione.”
Incipit del libro “Le armi della luce”
Parte prima
LA MACCHINA FILATRICE
Dal 1792 al 17931
Prima di quel giorno, Sal Clitheroe non aveva mai sentito suo marito urlare. E dopo quel giorno non lo sentì mai più, se non in sogno.
Era mezzogiorno quando arrivò a Brook Field. Lo capì dalla luminosità del cielo ammantato di una coltre di nuvole grigio perla. Il campo era costituito da quattro acri di terreno pianeggiante e fangoso, delimitati su un lato da un ruscello impetuoso e sull’altro da una collinetta bassa. La giornata era fredda e asciutta, ma la settimana prima aveva piovuto molto e mentre Sal arrancava tra le pozzanghere pareva che il fango vischioso volesse strapparle via le scarpe. Era faticoso, però lei era una donna forte e robusta e non si stancava facilmente.
Quattro uomini erano impegnati nella raccolta delle rape: si chinavano, si rialzavano e impilavano le radici marroni e nodose in larghi panieri poco profondi chiamati corbe. Quando una corba era piena, l’uomo la portava ai piedi della collina e rovesciava le rape dentro un massiccio carro di quercia a quattro ruote. Sal vide che avevano quasi finito, perché quella parte del campo era completamente dissodata e gli uomini lavoravano vicino alla collina.
Erano vestiti tutti allo stesso modo, con camicie senza colletto, braghe alle ginocchia tessute in casa dalle loro mogli e gilet comprati di seconda mano o dismessi dai ricchi. I gilet non si consumavano mai. Il padre di Sal ne aveva uno davvero ricercato, a doppio petto di tessuto a righe rosse e marroni, bordato di passamaneria, smesso da un elegantone di città. Non se lo toglieva mai ed era stato sepolto con quello.
Ai piedi, i braccianti portavano stivali comprati usati e riparati mille volte. Avevano tutti un copricapo, uno diverso dall’altro: un berretto di pelliccia di coniglio, un cappello di paglia a tesa larga, uno alto di feltro e un tricorno che doveva essere appartenuto a un ufficiale della marina.
Sal riconobbe il berretto di pelliccia. Era di suo marito Harry. Lo aveva cucito lei stessa, dopo aver catturato il coniglio e averlo ucciso con una pietra, scuoiato e cotto in pentola con una cipolla. Ma Harry lo avrebbe riconosciuto anche senza cappello e da lontano, per via della barba rossa.
Harry aveva un fisico esile ma muscoloso, ed era insospettabilmente forte: portava carichi pesanti quanto gli uomini più grossi di lui. Il solo guardare il suo corpo asciutto e sodo in fondo al campo fangoso provocò in Sal un fremito di desiderio, l’anticipazione di un piacere come quando, venendo dal freddo, si avverte l’odore caldo della legna che arde.
Mentre attraversava il campo, cominciò a udire le voci degli uomini. Ogni tanto si chiamavano l’un l’altro e scambiavano qualche battuta, che finiva con una risata. Sal non riusciva a capire le parole, ma immaginava il tenore dei loro discorsi: motteggi solo all’apparenza pungenti, insulti giocosi e spassose volgarità, facezie che alleviavano la monotonia di un lavoro faticoso e ripetitivo.
Un quinto uomo li osservava, in piedi vicino al carro con un frustino in mano. Era vestito meglio, con una marsina blu e lucidi stivali neri alle ginocchia. Si chiamava Will Riddick, aveva trent’anni ed era il primogenito del signore di Badford. Il campo apparteneva a suo padre, come il carro e il cavallo. Will aveva folti capelli neri tagliati all’altezza del mento e un’espressione imbronciata. Sal credeva di conoscere il motivo. Sovrintendere al raccolto delle rape non era compito suo e lui lo considerava indegno, ma il fattore si era ammalato e Sal immaginava che Will fosse stato costretto suo malgrado a sostituirlo.
Al fianco di Sal camminava suo figlio. A piedi nudi, incespicava e scivolava sul terreno paludoso nel tentativo di tenere il passo, finché lei si voltò, lo tirò su senza sforzo e proseguì tenendolo con un braccio, la testolina del piccolo appoggiata alla sua spalla. Strinse a sé il corpicino caldo con più forza del dovuto, tanto era l’amore che provava per lui.
Avrebbe voluto altri figli, ma dopo due aborti e un bambino nato morto aveva smesso di sperare e cercato di convincersi che, poveri com’erano, uno era più che sufficiente. Era molto legata a suo figlio, forse troppo, visto che spesso i figli se li portavano via le malattie o gli incidenti, e le si sarebbe spezzato il cuore se lo avesse perso.
Lo aveva chiamato Christopher, ma quando lui stava imparando a parlare aveva storpiato il nome in Kit, e da allora tutti lo chiamavano così. Aveva sei anni ed era minuto per la sua età. Sal sperava che crescendo diventasse come Harry, esile eppure forte. Di certo dal padre aveva ereditato i capelli rossi.
Era il momento del pasto di mezzogiorno e Sal portava un cesto con dentro del formaggio, del pane e tre mele raggrinzite. A una certa distanza dietro di lei veniva un’altra abitante del villaggio, Annie Mann, una donna energica della stessa età di Sal. Altre due si stavano avvicinando dalla direzione opposta, scendendo la collina con i cesti appesi al braccio e i bambini al seguito. Gli uomini interruppero il lavoro, grati, pulendosi le mani sporche di fango sulle braghe, e andarono verso il ruscello dove c’era un po’ d’erba su cui sedersi.
Sal raggiunse il sentiero e posò dolcemente Kit a terra.
Will Riddick tirò fuori dal taschino del gilet un orologio appeso a una catena e lo guardò con espressione accigliata. «Non è ancora mezzogiorno» sbraitò. Mentiva, Sal ne era certa, ma nessuno di loro possedeva un orologio. «Continuate a lavorare» ordinò. Lei non si sorprese. Will aveva una vena di cattiveria. Suo padre, il signore del villaggio, aveva il cuore duro, ma Will era ancora peggio di lui. «Finite il lavoro e dopo potrete pranzare» disse. C’era una nota di disprezzo nel modo in cui pronunciò la parola “pranzare”, quasi che ci fosse qualcosa di spregevole nel pasto dei braccianti. Will se ne sarebbe tornato al maniero a mangiare arrosto e patate, pensò Sal, probabilmente accompagnati da un boccale di birra forte.
Tre degli uomini si chinarono per riprendere il lavoro, ma il quarto no. Era Ike Clitheroe, lo zio di Harry, un uomo sulla cinquantina con la barba grigia. «Meglio non caricare troppo il carro, signor Riddick» disse in tono mite.
«Lascia che sia io a giudicare.»