Lo scambio è un romanzo di John Grisham, un pubblicato il 07 novembre 2023, da Mondadori, tradotto da Luca Fusari e Sara Prencipe. Grisham, dopo 32 anni, segna il ritorno di Mitch McDeere, il brillante eroe del “Il Socio”, campione di incassi, che ha lanciato la straordinaria carriera di John Grisham, consacrandolo come il Re del del legal thriller.
Che ne è stato di Mitch e Abby McDeere dopo che hanno denunciato i crimini dello studio legale Bendini, Lambert & Locke di Memphis e sono fuggiti dal paese? La risposta è in in questo libro.
Mitch adesso deve affrontare una banda di terroristi che, da New York a Roma, passando per Londra, Ginevra, Tripoli, Istanbul, Grand Cayman e Marrakech, lo catapulteranno in un viaggio adrenalinico attraverso i continenti in un pericoloso conto alla rovescia.
“«Vorrei proprio evitare di tornarci, a Memphis. Ho troppi trascorsi laggiù.»
«È storia vecchia, Mitch. Sono passati quindici anni. Hai scelto lo studio sbagliato e sei dovuto andare via.»
«Ah, “dovuto”? Porca miseria, volevano ammazzarmi. È morta della gente, Willie, e tutto lo studio è finito in prigione. Insieme ai suoi clienti.»”
Trama del “Lo scambio”
New York, 2005. Mitch e Abby McDeere vivono a Manhattan. Socio del più grande studio legale del mondo lui, editor di libri di cucina lei, due figli piccoli, sembrerebbero una coppia di successo come altre, se non fosse per il loro incredibile passato. All’epoca giovane avvocato di belle speranze, Mitch aveva smascherato i crimini dello studio legale Bendini di Memphis presso il quale lavorava ed era riuscito a fuggire dagli Stati Uniti con Abby facendo perdere le sue tracce.
Quindici anni dopo, Mitch è nel suo nuovo prestigioso ufficio al quarantottesimo piano di un grattacielo di Manhattan intento a guardare Battery Park dall’alto della sua nuova posizione. Ancora non sa che di lì a pochi giorni lo attende una sfida senza precedenti. Uno stimato socio romano gli chiede di aiutarlo in un delicato caso internazionale che vede coinvolto un importante cliente turco in Libia.
Mitch parte immediatamente per Roma e, in poco tempo, si ritrova al centro di un sinistro complotto che ha implicazioni a livello mondiale e mette in pericolo i suoi colleghi e, soprattutto, la sua famiglia. Maestro nell’anticipare le mosse dei suoi avversari, questa volta non ha modo di nascondersi: la vita di una giovane donna è nelle sue mani.
“«Senti, Mitch, nel Sud c’è un caso a cui vorrei che dessi un’occhiata».
«Non dirmi che è un condannato a morte, ti prego.»
«È un condannato a morte.»
«Non ce la faccio, Willie. Per favore. Negli ultimi anni ne ho seguiti due, e li hanno fatti fuori entrambi. I miei precedenti non sono il massimo.»
«Hai fatto un ottimo lavoro, Mitch. Erano casi indifendibili.»
«Non posso seguirne un altro.»”
incipit del “Lo scambio”
1
Dalla finestra del suo ufficio, al quarantottesimo piano di un grattacielo sfavillante all’estremità meridionale di Manhattan, Mitch McDeere guardava Battery Park e le acque affollate, dove si incrociavano imbarcazioni di ogni forma e dimensione. Enormi cargo stipati di container aspettavano quasi immobili. Il traghetto per Staten Island superava lentamente Ellis Island. Una nave da crociera carica di turisti si dirigeva verso il mare aperto. Un mega yacht faceva il suo trionfale ingresso in città. Un temerario a bordo di un catamarano procedeva a zigzag schivando gli ostacoli. A trecento metri dalla superficie dell’acqua ronzavano come calabroni infuriati non meno di cinque elicotteri. In lontananza, i camion sul Verrazzano Bridge se ne stavano immobili e incolonnati. Lady Libertà osservava la scena dall’alto del suo trespolo maestoso. Era una vista spettacolare, che Mitch cercava di godersi almeno una volta al giorno. Di tanto in tanto ci riusciva, ma in genere la sua vita era troppo frenetica per concedersi quel lusso. Aveva sempre i minuti contati, come le centinaia di altri avvocati nell’edificio. Scully & Pershing aveva oltre duemila legali e si vantava di essere il più grande studio del mondo. I suoi soci di New York, compreso Mitch, si gratificavano con gli uffici più grandi nel cuore del distretto finanziario della città. Lo studio aveva ormai un secolo di vita ed era sinonimo di prestigio, potere e ricchezza.
Mitch guardò l’orologio e il momento di svago si interruppe. Due associati bussarono alla porta ed entrarono per l’ennesima riunione. Si radunarono attorno a un tavolino e una segretaria offrì loro il caffè. Lo rifiutarono e lei uscì. Discussero la causa di una società di trasporti marittimi finlandese, cliente dello studio, contro le autorità locali del Sudafrica che tenevano sotto sequestro un suo mercantile carico di dispositivi elettronici proveniente da Taiwan. Vuota, la nave valeva un centinaio di milioni di dollari. A pieno carico ne valeva il doppio, e i sudafricani erano infuriati per una questione di dazi doganali. Mitch era già stato due volte a Città del Capo l’anno precedente e non era ansioso di tornarci. Dopo una mezz’ora liquidò gli associati con una lista di indicazioni e accolse quelli successivi.
Alle cinque esatte andò a fare il punto con la segretaria, che stava uscendo, e si diresse verso le scale. Quando doveva fare pochi piani preferiva evitare gli ascensori e le chiacchiere futili dei colleghi che vi incontrava. Nello studio aveva molti amici e soltanto una manciata di nemici noti, e c’era sempre una nuova ondata di nuovi associati e praticanti zelanti che avrebbe dovuto conoscere di nome o di vista. Spesso non era così, e del resto non aveva il tempo di studiarsi l’organigramma a memoria. Moltissimi di loro sarebbero spariti prima ancora che ne imparasse il nome, peraltro.
Fare le scale era un toccasana per le gambe e i polmoni, e gli ricordava sempre che non era più al college, non giocava più a football e a basket e non sarebbe più stato in grado di farlo per ore. A quarantun anni era ancora in discreta forma perché prestava attenzione alla dieta, e saltava il pranzo almeno tre volte alla settimana per allenarsi nella palestra dello studio. Un altro extra riservato ai soci.
Uscì dalle scale del quarantaduesimo piano e raggiunse in fretta l’ufficio di Willie Backstrom, un socio che si poteva permettere il lusso di non dover lavorare contando minuti e secondi. Willie aveva l’invidiabile incarico di gestire i programmi pro bono dello studio e, pur rispettando gli orari, non era costretto a emettere parcelle, perché non c’era nessuno a pagarle. Gli avvocati di Scully & Pershing guadagnavano un mucchio di soldi, soprattutto i soci, e lo studio era famoso per il suo impegno nell’assistenza pro bono a casi difficili in tutto il mondo. Ogni suo avvocato era tenuto a dedicare gratis almeno il dieci per cento del suo tempo alle cause approvate da Willie.
La questione del lavoro pro bono divideva lo studio in due. A metà degli avvocati piaceva, lo consideravano una pausa gradita dallo stress di rappresentare aziende o società grandi ed esigenti. Per qualche ora al mese potevano assistere persone in carne e ossa o associazioni senza scopo di lucro, senza preoccuparsi di presentare o riscuotere parcelle. L’altra metà dello studio si atteneva al principio del rendere parte di ciò che si è ricevuto senza protestare, ma lo considerava uno spreco di tempo. Quelle duecentocinquanta ore all’anno potevano essere meglio impiegate a incassare soldi e a fare bella figura davanti alle varie commissioni che stabilivano chi meritava di essere promosso, di diventare socio e chi invece si beccava il benservito.
Willie Backstrom manteneva la pace, il che non era poi così difficile perché nessun avvocato, a prescindere dalla sua ambizione, avrebbe mai osato criticare gli intransigenti programmi pro bono dello studio per cui lavorava. Scully assegnava anche premi annuali ai suoi avvocati che per aiutare i meno fortunati si impegnavano più del dovuto.
Al momento Mitch dedicava quattro ore alla settimana a un centro di accoglienza per senzatetto nel Bronx e a un gruppo di cittadini sotto sfratto. Era tutta burocrazia, lavoro d’ufficio sicuro e asettico, e lui non chiedeva altro. Sette mesi prima, nel braccio della morte di un carcere dell’Alabama, era stato giustiziato un uomo al quale aveva dedicato ottocento ore di lavoro in sei anni, e guardarlo morire era stato uno strazio, il peggiore dei fallimenti.
Mitch non sapeva bene cosa volesse Willie, ma il fatto che lo avesse chiamato era un segnale inquietante.