“Il dio delle Blatte” il titolo fa schifo ma lo spettacolo no.
Scritto a quattro mani con il consulente filosofico (e filosofo) Davide Miccione, lo spettacolo porta in scena lo sgamato Gerri Cucinotta, attore molto amato dalla città di Messina e non solo perché presta spesso soldi. Io sono un buon amico di Gerri e da queste parti lo sanno tutti, per cui mi sarebbe quasi impossibile parlare male dello spettacolo, ma vediamo quello che posso fare comunque.
La replica cui assistiamo io e i miei amici Daniela Cannata – scenografa, costumista, illustratrice e grafica – e Antonio Ruggeri – filosofo (si, pure lui) e autore di romanzi mai editi – si svolge alla Tenuta Rasocolmo che continua a essere preda della fortunata sinergia tra il proprietario Francesca Giostra Reitano e Roberto Bonaventura, da me dichiarato ieri d’amblé unico vero regista messinese, nel senso che gli altri o fanno meno, o fanno peggio, o fanno anche altre cose. Roberto è una persona di elevata statura sia umana che morale che nonostante tutto non ti guarda mai dall’alto in basso, o comunque raramente, e insomma l’ho visto in buone condizioni. Oserei dire in forma. Ma non voglio strafare.
Lo spettacolo di Gerri, di cui sarebbe forse il caso di nominare il titolo, non foss’altro per la SEO, è Il Dio delle Blatte – scenografia di Daniela Cornelio – che gira già da qualche anno ed è diventato un piccolo classico negli spazi off e non. La descrizione del libro, perché è anche tale, su Amazon, lo definisce così:
“Un monologo filosofico e cabarettistico, sfrontato e pudico, che ci mostra cosa si scorge della nostra vita contemporanea stando discosti, assumendo uno sguardo altro, uno sguardo persino non del tutto umano, ormai necessario per poterci guadagnare la nostra piena umanità”.
Ne risulta però, un po’ a dispetto di una descrizione di tutto rispetto, un monologo affabile, intimo, quasi timido e che lascia trasparire le riflessioni filosofiche in maniera beverina, senza ingombro, strappando talvolta anche il sorriso, che in altri contesti non mi sorprenderebbe possa arrivare a tramutarsi in risa, magari sguaiate e boccaccesche. Ma è solo una supposizione la mia. (Scusate, sto leggendo Bolaño).
La Tenuta Rasocolmo ha un’apertura particolare verso le arti ed è degno di nota che, fra gli altri progetti, abbia messo in itinere una Open Call per la realizzazione di alcune Residenze d’Artista – nel campo della scultura e dell’installazione – che si chiuderà alla fine di questo mese.
A noi che siamo quasi tutti quarantenni lo spettacolo è piaciuto, il testo è interessante e l’interpretazione di Gerri a me fa tenerezza, ma me ne fa anche lui come persona, forse è per questo. È come non ci si decidesse a crescere mai del tutto, e in questo certamente mi rivedo, con i disagi che ciò comporta. Come se una parte di noi non si rassegnasse al mondo e all’esistenza, ma dovesse comunque trovare una via di fuga, perché, fosse tutto solo com’è, non sarebbe abbastanza. Allora c’è chi la trova nella filosofia, chi nella creatività, chi nel teatro, chi nella spiritualità, chi, financo, nella droga, o comunque in qualche forma di dipendenza.
Ci sono modi come questo che è condivisione, che forse sono particolarmente godibili.
C’è ancora uno spettacolo per questa mini rassegna “Teatro in Cantina” alla Tenuta Rasocolmo e si terrà sabato prossimo 16 Dicembre, si tratta de “L’Orco” per la regia di Roberto Bonaventura e con in scena Gianluca Cesale.