La Rai ha mandato in onda la sua ultima produzione televisiva, “La Storia“, un adattamento del celebre romanzo di Elsa Morante. Questa nuova fiction promette di portare sullo schermo la potente narrazione della Morante, offrendo agli spettatori un viaggio emozionante attraverso la storia italiana del XX secolo.
La scelta di adattare questo romanzo per la televisione sottolinea l’importanza di portare la letteratura italiana sullo schermo, consentendo a un pubblico più ampio di entrare in contatto con opere significative della cultura nazionale.
“La Storia” offre una profonda riflessione sulle dinamiche familiari, sulle relazioni umane e sulla forza della resilienza individuale. La storia di Ida Ramundo diventa un veicolo per esplorare temi universali di amore, perdita, speranza e lotta per la sopravvivenza in un mondo in continua evoluzione.
Il romanzo “La Storia” di elsa Morante
Il romanzo “La Storia” è stato pubblicato nel 1974, dalla casa editrice Einaudi. direttamente in edizione tascabile, a basso costo per desiderio della scrittrice, con il sottotitolo “uno scandalo che dura da diecimila anni”. Elsa Morante, con la sua prosa coinvolgente e la sua profonda comprensione della complessità umana, ha dipinto un affresco indimenticabile della società italiana durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale.
Questo libro ha la straordinaria capacità di rivolgersi a un vasto pubblico: agli istruiti e ai meno istruiti, ai benestanti e ai meno abbienti, ai giovani e agli anziani. Ma soprattutto, si rivolge direttamente alla Storia stessa, ponendole domande, chiedendo finalmente un resoconto dei gravi problemi che hanno afflitto il passato e che continuano a influenzare il presente.
Per la critica del tempo il libro non lascia molto spazio alla speranza in un futuro luminoso e critica l’eccessiva tragicità che colpisce questa famiglia già immersa in un contesto tragico, quella che Calvino chiama la «tecnica letteraria della commozione», utilizzando un eccessivo registro patetico sentimentale.
La trama del libro “La Storia“
In una giornata di gennaio del 1941, a Roma, Gunther, un giovane militare del Reich visibilmente ubriaco, si aggira per le strade romane in cerca di una casa chiusa, che non riesce a trovare, quando si imbatte in una donna, Ida Ramundo, insegnante di trentasette anni di origine ebraica per parte di madre. Ida è vedova di un certo Mancuso e madre di un irrequieto ragazzo quindicenne chiamato Antonio Mancuso, noto come Nino.
“Un giorno di gennaio dell’anno 1941, un soldato tedesco di passaggio, godendo di un pomeriggio di libertà, si trovava, solo, a girovagare nel quartiere di San Lorenzo, a Roma. Erano circa le due del dopopranzo, e a quell’ora, come d’uso, poca gente circolava per le strade. Nessuno dei passanti, poi, guardava il soldato, perché i Tedeschi, pure se camerati degli Italiani nella corrente guerra mondiale, non erano popolari in certe periferie proletarie. Né il soldato si distingueva dagli altri della sua serie: alto, biondino, col solito portamento di fanatismo disciplinare, e, specie nella posizione del berretto, una conforme dichiarazione provocatoria.”
Colto da un impeto di rabbia e nostalgia, il soldato violenta la donna, lasciandola incinta. Da questa gravidanza nascere Giuseppe, successivamente soprannominato “Useppe” da suo fratello Nino, è un bambino fragile, con grandi occhi turchini. Gunther, poco dopo l’orrore compiuto, perderà la vita a bordo di un convoglio aereo diretto al trasporto delle truppe tedesche in Africa.
“La donna, di professione maestra elementare, si chiamava Ida Ramundo vedova Mancuso. Veramente, secondo l’intenzione dei suoi genitori, il suo primo nome doveva essere Aida. Ma, per un errore dell’impiegato, era stata iscritta all’anagrafe come Ida, detta Iduzza dal padre calabrese. Di età, aveva trentasette anni compiuti, e davvero non cercava di sembrare meno anziana. Il suo corpo piuttosto denutrito, e informe nella struttura, dal petto sfiorito e dalla parte inferiore malamente ingrossata, era coperto alla meglio di un cappottino marrone da vecchia, con un collettino di pelliccia assai consunto, e una fodera grigiastra che mostrava gli orli stracciati fuori dalle maniche.”
La diffidenza e la paura di Ida nei confronti del soldato tedesco è fondata sulla sua storia familiare: Ida, che avrebbe dovuto chiamarsi Aida in onore alla protagonista dell’omonima opera di Giuseppe Verdi, è nata a Cosenza trentasette anni prima. Figlia unica e molto amata di due insegnanti elementari, Giuseppe Ramundo, di origini contadine e seguace segreto dell’anarchismo, ma anche incline al bere, e di Eleonora “Noruzza” Almagià, di origine ebrea.
Prima ancora delle leggi razziali, la madre di Ida aveva sempre nascosto le proprie origini, condividendole solo con il marito e la figlia. Inoltre, aveva insistito affinché Ida venisse battezzata dalla Chiesa cattolica, cercando così di proteggerla da eventuali sospetti.
“Nora Almagià maritata Ramundo, come lascia capire il suo cognome di ragazza, era ebrea (anzi, i suoi parenti vivevano tuttora, da parecchie generazioni, nel piccolo ghetto di Padova); però lei non voleva farlo sapere a nessuno, e se n’era confidata solo con lo sposo e con la figlia, sotto pegno severissimo di segreto.”
Ida e i suoi figli abitano in una casa situata a San Lorenzo, precisamente in via dei Volsci. Il primogenito, Nino, si presenta come un giovane estroverso e appassionato della vita, dichiaratamente fascista (seppur per una sorta di ardore superficiale, poiché in realtà non ha alcuna comprensione di cosa rappresenti il fascismo). Mostra scarso interesse per gli studi, adotta un linguaggio colorito tipico della borgata, e manifesta un atteggiamento spavaldo e sfrontato. Non si accorge della gravidanza di sua madre fino alla nascita del fratellino, ma da subito sviluppa un profondo affetto nei confronti di Useppe, instaurando con lui un rapporto fraterno splendido, seppur segnato dagli spostamenti frequenti causati dalla sua natura irruente.
“«Bravo. E tu, come ti chiami? Sarebbe ora, che imparassi il nome tuo. Sai tutti i nomi del mondo, e il tuo non l’impari mai. Come ti chiami?»
«…»
«GIUSEPPE! Ripeti: GIUSEPPE!»
Allora il fratellino si concentrò, in una durata suprema di ricerca e di conquista. E traendo un sospiro, con viso pensieroso disse:
«Useppe».
«Alì anima!! Sei un cannone, ahó! Pure la esse, ciài saputo métte! Useppe! Me piace. Più di Giuseppe, mi piace. Sai la novità? Io, per me, ti voglio chiamare sempre Useppe.”
Nel luglio del 1943, Nino riesce a unirsi a un battaglione di camicie nere diretto verso il Nord Italia. Pochi giorni dopo, un pesante bombardamento colpisce anche la casa di Ida a San Lorenzo, causando la morte del cane di Nino, Blitz, e lasciando Ida e Useppe senza una dimora stabile.
I due individuano una sistemazione a Pietralata, un luogo predisposto come rifugio per coloro che sono stati costretti a lasciare le proprie abitazioni a causa di eventi bellici o situazioni di emergenza…
I personaggi principali del romanzo
Ida Ramundo, una delle vittime della storia che si batte con tenacia, ma senza successo, per la sopravvivenza propria e dei suoi figli. Fin dalla sua infanzia, è segnata dal peso dei segreti, costretta a nascondere le sue radici ebraiche e l’orientamento politico anarchico della sua famiglia, così come la stessa appartenenza del marito. Oltre alle complicazioni storiche legate al periodo del Ventennio e della guerra, Ida porta in segreto la sua epilessia, una malattia che la affligge fin dalla giovinezza e che, geneticamente, si riflette su Useppe, conducendo la storia del romanzo a una conclusione tragica.
Nino Mancuso, il primogenito di Ida, cresce senza il padre, immerso nelle borgate popolari romane e influenzato dal clima politico estremo del Novecento. La sua maturazione e la partenza per la guerra attenuano la sua deriva fascista, orientandolo verso la lotta partigiana. Tuttavia, la sua irruenza, calda ma temeraria, persiste, impedendo la fine della sua clandestinità anche dopo la guerra e spingendolo verso la criminalità.
Useppe, concepito violentemente da Gunther, è il fulcro intorno al quale si dipana la trama. Un’anima innocente, attraversa con la madre le devastazioni della guerra, dagli attacchi aerei alle deportazioni, dalla guerriglia urbana alle rovine del dopoguerra. La sua vita è tragicamente segnata dalla malattia, aggravata dalle perdite e dall’odio generato dal conflitto, che ne determinano la drammatica conclusione.
La serie TV “La Storia”
Il primo omonimo film tratto dal romanzo uscì nel 1986, diretto da Luigi Comencini e interpretato da Claudia Cardinale nel ruolo di Ida, che potete rivedere su su RaiPlay. A quasi 40 anni di distanza la rai ci riprova con una serie TV.
La Storia si compone di otto episodi suddivisi in quattro puntate. La regista, Francesca Archibugi, con scrupolosa precisione per gli aspetti storici e una profonda comprensione psicologica dei personaggi, si è dedicato con impegno a trasmettere la ricchezza della storia narrata da Morante attraverso il linguaggio visivo. I costumi e gli scenari sono stati attentamente selezionati e curati per evocare in modo autentico l’atmosfera dell’epoca, avvolgendo gli spettatori in un affascinante viaggio nel tempo che catturerà la loro immaginazione.
Nei panni della protagonista, Ida Ramundo. troviamo Jasmine Trinca, insieme a un cast di tutto rispetto: Valerio Mastandrea è Remo, l’oste del quartiere; Elio Germano è il comunista Giuseppe Cucchiarelli, soprannominato Eppetondo; Asia Argento è la prostituta Santina; Lorenzo Zurzolo è Carlo Vivaldi, studente ebreo; Francesco Zenga è Nino figlio di Ida; Christian Liberti (da piccolo) e Mattia Basciani (cresciuto) sono Useppe; Romana Maggiora Vergano è Patrizia, la fidanzata di Nino; Giselda Volodi è Vilma, una strana donna he racconta di morte, deportazione, ma nessuno le crede.
Gli otto episodi scorrono fluidamente, privi della necessità di ricorrere ai consueti colpi di scena. La serie si presenta come un tessuto intricato di vite, ritraendo persone comuni il cui quotidiano viene sconvolto dagli eventi bellici. La connessione empatica con i vari personaggi si stabilisce immediatamente, dissipando ogni timore che la bellezza del romanzo di Morante possa essere trascurata, già dalle prime sequenze, anche se “il libro è quasi sempre meglio” e questa serie non fa eccezione.
Citazione dal libro “La Storia”
“La natura è di tutti i viventi», si affannò di nuovo a spiegare, con la voce arrochita, «era nata libera, aperta, e LORO l’hanno compressa e anchilosata per farsela entrare nelle loro tasche. Hanno trasformato il lavoro degli altri in titoli di borsa, e i campi della terra in rendite, e tutti i valori reali della vita umana, l’arte, l’amore, l’amicizia, in merci da comprare e intascare. I loro Stati sono delle banche di strozzinaggio, che investono il prezzo del lavoro e della coscienza altrui nei loro sporchi affari: fabbriche d’armi e di immondezza, intrallazzi rapine guerre omicide! Le loro fabbriche di beni sono dei lager maledetti di schiavi, a servizio dei loro profitti… Tutti i loro valori sono falsi, essi campano di surrogati… E gli Altri… Ma si può ancora credere in altri da contrapporre a LORO? Forse le LORO falsificazioni resteranno l’unico materiale della Storia futura. E qui forse il punto cruciale d’inversione senza rimedio, dove i calcolatori scientifici della Storia, anche i migliori, purtroppo, hanno sbagliato il conto (la prognosi infausta del Potere, si capisce, viene rimossa da chi, dentro il pugno chiuso della rivoluzione, nasconde la stessa piaga infetta del Potere, negandone la malignità)! Si diagnosticava il male borghese come sintomatico di una classe (e dunque, soppressa la classe, guarito il male)! mentre invece il male borghese è la degenerazione cruciale, eruttiva, dell’eterna piaga maligna che infetta la Storia… è un’epidemia de pestilensia… E la borghesia segue la tattica della terra bruciata. Prima di cedere il potere, avrà impestato tutta la terra, corrotto la coscienza totale fino al midollo. E così, per la felicità non c’è più speransa. Ogni rivoluzione è già persa!”