Il Conte Grande è un romanzo storico scritto da Lucrezia Bano e pubblicato da Le trame di Circe. Racconta, in un arco temporale di circa settant’anni, i germogli della monarchia italiana, attraverso guerre e amori.
“le vicende di una casata sono, tutto sommato, una lunga, bella storia, in nome della quale commettiamo le azioni più diverse.”
Trama del libro “Il Conte Grande”
Giaveno, 1286: l’assemblea plenaria delle più importanti famiglie nobiliari esprime il verdetto che tutti si aspettano da tempo, il nome del successore alla contea di Savoia. È Amédée, trentenne cinico, valoroso conoscitore delle armi e della politica. A Philippe, orfano di suo fratello e bimbo amatissimo dalla madre, Guya di Borgogna, spetta solo un feudo, e solo al compimento dei quattordici anni: il Piemonte.
“Lo stemma di Savoia che il suo equipaggiamento sfoggiava lo ferì, benché presentasse, doverosamente, la sbarra celeste del vassallaggio.”
Recensione
Questa storia, intricata e drammatica della casata Savoia, si concentra sulle vicende di Amédée, un uomo segnato dal peso del potere e dai fantasmi del passato. Attraverso intrighi politici, matrimoni combinati e guerre, il lettore osserva le scelte di Amédée e il loro impatto sui suoi figli, Edouard e Aymon, mentre lottano per affermare la propria identità e garantire la sopravvivenza della dinastia ed anche l’espansione.
In tutto questo Amédée deve fare i conti anche con suo nipote, Philippe di Savoia, che rappresenta una costante sfida alla sua autorità, con ambizioni di potere proprie. Il rapporto tra Amédée e Philippe è complesso, segnato da una costante tensione. Da un lato, Amédée riconosce l’intelligenza e le capacità di Philippe, vedendo in lui un potenziale futuro leader. Dall’altro lato, lo vede come una minaccia, un possibile usurpatore del potere che lui stesso ambisce a mantenere saldo per il figlio Edouard.
Parallelamente, si dipana la storia della famiglia Visconti, rivale dei Savoia, mettendo in luce le ambizioni spietate di Matteo e la lotta dei suoi figli per il controllo di Milano. Tra amori, tradimenti e colpi di scena, le due famiglie si confrontano sullo sfondo di un’Italia rinascimentale in subbuglio.
“Finora abbiamo parlato solo di amici» chiosò Amédée, «ma permettimi, anche scegliere i propri nemici è un’arte.» «Ah, non potrei essere più d’accordo.”
Le dinamiche familiari sono caratterizzate da una forte competizione tra fratelli, come si evince dal rapporto tra Amédée, Thomas e Louis. Le donne svolgono un ruolo significativo nella politica familiare, come dimostra Guya, che orchestra matrimoni strategici per i suoi figli e nipoti per promuovere gli interessi della Borgogna e della Savoia. E come in ogni romanzo storico che si rispetti i matrimoni sono strumenti politici per rafforzare le alleanze o per assicurarsi la successione, l‘eredità è una questione complessa come si vede nella disputa tra Jeanne e Aymon per il titolo di Conte di Savoia. La legge salica, che impedisce alle donne di ereditare il trono, gioca un ruolo significativo nella successione dei Savoia. Nonostante la sua adozione, la legge viene spesso aggirata o ignorata per convenienza politica.
“Fare la guerra è la tua specialità. La mia è la concordia. E chiamami ingenuo, o chiamami stupido, ma se un potente mi offre la sua amicizia non ci sputerò sopra.”
Incipit del libro “Il Conte Grande”
Prologo
Il conte si affacciò alla stessa finestra da cui il principe Filippo guardava
il lago. Sembrò ponderare, in ascolto per un suggerimento. L’acqua e il firmamento erano i due versanti gemelli di uno specchio
torvo, abissale.
«Io non ho la spada con me, né tu ne hai portata una» osservò il principe, e il conte scosse la testa.
«È un duello senza spade.»
Lo stesso, al termine di questa notte, entrambi saremo morti, pensò Filippo. Quel presagio gli si incollò alla pelle come se una caligine fredda esalasse dal lago per salire fino agli spiragli tra le pietre del castello di Avigliana. L’aria ispirava qualcosa di più importante della paura, un sentimento vasto e crudele.
«La storia delle nostre famiglie è lunga» osservò il conte, con una smorfia ineffabile. «Potremmo stare qui fino all’alba a ripercorrerla. Oppure, potremmo subito parlare di noi due.»
Filippo si rifiutò di offrirgli una risposta. Nell’oppressione del cielo fondo, il ricordo di chi l’aveva preceduto, di chi aveva fatto come lui e meglio di lui, gli faceva compagnia. Non voleva lasciarlo andare.
«Eppure» obiettò a sorpresa il conte, increspando le labbra, «certe
spiegazioni si possono ottenere soltanto guardando indietro.
Di nuovo un Filippo – di nuovo un Amedeo. Come all’inizio. Un nome è qualcosa.»
Qualcosa, si ripeté il principe Filippo, ma in verità che cosa? Voce, carne, una stella da attendere? Quel nome doveva essere meno di quanto gli fosse stato insegnato, se si stava scollando da lui: meno dell’ombra lunga sagomata dalla luna, verde di palude e fuochi fatui.
Il conte sorrise dell’espressione sul suo volto. Lo divertiva, quella reazione, quella notte, quella fine?
Precisò: «Di certo, è qualcosa da cui partire.»
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