L’inverno dei Leoni è un romanzo storico scritto da Stefania Auci, pubblicato nel 2021, dalla casa editrice Nord, secondo volume della saga dei Florio. Vintore del Premio Bancarella 2022.
Dopo I Leoni di Sicilia, continua la storia dei Florio, una delle famiglie più rilevanti della Sicilia tra il XIX e il XX secolo, fondatori di un vasto impero e possessori di un potere economico e sociale significativo. Ricchi, potenti, ammirati e invidiati, ma sono stati anche felici?
Il titolo “L’inverno dei Leoni” simboleggia il declino della fortuna dei Florio. Come i leoni in inverno, la famiglia, un tempo potente e dominante, si ritrova vulnerabile e fragile. Le difficoltà economiche, le scelte sbagliate e l’avanzare del tempo segnano la fine di un’era gloriosa.
“La vera maledizione della felicità è non rendersi conto di quando la stai vivendo. Nel momento in cui ti accorgi di essere stato felice, non ti resta che l’eco.”
Trama – L’inverno dei Leoni
Hanno vinto, i Florio, i Leoni di Sicilia. Lontani sono i tempi della misera putìa al centro di Palermo, dei sacchi di spezie, di Paolo e di Ignazio, arrivati lì per sfuggire alla miseria, ricchi solo di determinazione. Adesso hanno palazzi e fabbriche, navi e tonnare, sete e gioielli. Adesso tutta la città li ammira, li onora e li teme.
E il giovane Ignazio non teme nessuno. Il destino di Casa Florio è stato il suo destino fin dalla nascita, gli scorre nelle vene, lo spinge ad andare oltre la Sicilia, verso Roma e gli intrighi della politica, verso l’Europa e le sue corti, verso il dominio navale del Mediterraneo, verso l’acquisto dell’intero arcipelago delle Egadi. È un impero sfolgorante, quello di Ignazio, che però ha un cuore di ghiaccio. Perché per la gloria di Casa Florio lui ha dovuto rinunciare all’amore che avrebbe rovesciato il suo destino. E l’ombra di quell’amore non lo lascia mai, fino all’ultimo…
Ha paura, invece, suo figlio Ignazziddu, che a poco più di vent’anni riceve in eredità tutto ciò suo padre ha costruito. Ha paura perché lui non vuole essere schiavo di un nome, sacrificare se stesso sull’altare della famiglia. Eppure ci prova, affrontando un mondo che cambia troppo rapidamente, agitato da forze nuove, violente e incontrollabili. Ci prova, ma capisce che non basta avere il sangue dei Florio per imporsi. Ci vuole qualcos’altro, qualcosa che avevano suo nonno e suo padre e che a lui manca. Ma dove, cosa, ha sbagliato?
Vincono tutto e poi perdono tutto, i Florio. Eppure questa non è che una parte della loro incredibile storia. Perché questo padre e questo figlio, così diversi, così lontani, hanno accanto due donne anche loro molto diverse, eppure entrambe straordinarie: Giovanna, la moglie di Ignazio, dura e fragile come cristallo, piena di passione ma affamata d’amore, e Franca, la moglie di Ignazziddu, la donna più bella d’Europa, la cui esistenza dorata va in frantumi sotto i colpi di un destino crudele.
Sono loro, sono queste due donne, a compiere la vera parabola – esaltante e terribile, gloriosa e tragica – di una famiglia che, per un lungo istante, ha illuminato il mondo. E a farci capire perché, dopo tanti anni, i Florio continuano a vivere, a far battere il cuore di un’isola e di una città. Unici e indimenticabili.
Recensione
“Anche i ricchi piangono”, questo è il mio sottotitolo.
Essendo siciliana, la storia della famiglia Florio mi ha sempre affascinata, per questo motivo ho accolto con grande entusiasmo la pubblicazione di questi romanzi. Ho letto il primo volume, “I leoni di Sicilia”, e pur non apprezzando particolarmente lo stile asciutto e quasi cronistico, ho trovato comunque piacevole il modo di raccontare. Mi sono piaciute molto le introduzioni ai capitoli, ricche di belle descrizioni, ed ho apprezzato i racconti in cui l’ambizione di questi uomini li spingeva a inventarsi nuovi modi per creare lavoro. Tuttavia, tutto ciò sembra essere venuto meno in questo secondo capitolo della saga.
Il focus della narrazione si è spostato quasi esclusivamente sulle disgrazie della famiglia Ho aspettato il momento del racconto della nascita della targa Florio, che mi incuriosiva parecchio, ma tutto è stato un accenno superficiale. Sicuramente questa famiglia ha vissuto tante tragedie, ma raccontare solo quelle ha creato un’atmosfera di una pesantezza insopportabile.
Ho trovato difficoltà nel portare a termine la lettura: manca un equilibrio emozionale, che invece nel primo volume era ben gestito, con i drammi che si alternavano ai momenti di euforia legati alle nuove sfide che questi uomini affrontavano. Comprendo che in questo volume si narra il declino della famiglia, ma manca una vera rappresentazione di questo declino: tutto accade come se i personaggi stessi non ne fossero pienamente consapevoli, e quando se ne accorgono, tentano di rimediare vendendo qualche gioiello.
C’era tanto da approfondire, e forse la storia avrebbe meritato una trilogia, per dare più spazio alle vicende imprenditoriali e ai salotti palermitani, raccontati in modo più coinvolgente. Invece, mi ha lasciato la sensazione di una narrazione chiusa, quasi claustrofobica, come un film girato interamente in stanze ricostruite in studio, simile agli sceneggiati di una volta. Non si respira. Da sconsigliare a chi soffre di depressione.
“Il tempo non ha rispetto per il dolore. Lo afferra, lo macina, lo plasma attraverso i giorni, trasformandolo in un fantasma, più ingombrante e visibile di un corpo di carne e sangue. Lo conficca nel respiro perché ogni soffio ricordi la pena del vivere.”
Donna Franca Florio
Non credo nemmeno sia stata esaltata a dovere la figura di Franca, la donna più bella d’Europa, che subisce una profonda evoluzione nel corso della sua vita, segnata da gioie effimere e tragedie strazianti. Inizialmente, come baronessina vive nell’ombra, con pochi che notano la sua bellezza. L’arrivo di Ignazio Florio sconvolge il suo mondo, proiettandola sotto i riflettori dell’intera Palermo. Il matrimonio con Ignazio la trasforma in “donna Franca Florio,” un titolo che porta con orgoglio e che la eleva a un nuovo status sociale.
Le relazioni di Franca con gli altri personaggi sono complesse e sfaccettate. Il suo rapporto con Ignazio è inizialmente passionale, ma destinato a sgretolarsi sotto il peso delle infedeltà di lui e della tragedia. Nonostante i continui tradimenti, Franca cerca di preservare l’immagine di un matrimonio felice, almeno in pubblico, celando il suo dolore e la sua frustrazione dietro una maschera di indifferenza e di eleganza.
Il rapporto con la suocera, Giovanna, è inizialmente teso e caratterizzato da diffidenza. Giovanna, rigida e legata alle tradizioni, la sottopone a continue prove, scrutandola con attenzione per valutare se possiede le qualità per essere una vera Florio. Tuttavia, la scoperta della relazione extraconiugale di Ignazio e la nascita della figlia Giovannuzza gettano le basi per un’inaspettata complicità tra le due donne. Giovanna diventa una sorta di mentore per Franca, insegnandole a sopravvivere alle sofferenze e alle umiliazioni che derivano dall’essere sposata a un Florio.
“L’amore, donna Franca, è una bestia ingrata: morde la mano che lo nutre e lecca quella che lo picchia. Amare per sempre, amare davvero, significa non avere memoria”
La Palermo dei Florio
La società palermitana è un mondo complesso e stratificato, caratterizzato da forti contrasti e da un’identità in continua evoluzione, tra la nobiltà tradizionale e la nuova classe emergente, rappresentata dai Florio. I nobili palermitani, fieri del loro lignaggio e della loro storia, osservano con un misto di ammirazione, invidia e disprezzo l’ascesa sociale dei Florio, che, da parte loro, cercano di conquistarsi un posto in questa società chiusa ed esclusiva, aprendo le porte della loro dimora a pittori, scrittori e all’aristocrazia stessa.
Una società presentata anche come un ambiente competitivo e spietato, dove il successo genera nemici e dove l’invidia è un sentimento diffuso. Il pettegolezzo è un’arma subdola, usata per screditare e mettere a tacere chi osa sfidare le convenzioni sociali. Nonostante le apparenze, Palermo è una città in fermento, segnata da profonde trasformazioni economiche e sociali, la modernità si fa strada, sorgono nuovi edifici, come il Politeama e il Teatro Massimo, simboli di un’epoca nuova.
Tuttavia, la povertà e le disuguaglianze rimangono una realtà drammatica, acuite dalla mancanza di lavoro e dalle ingiustizie sociali. La nascita dei Fasci Siciliani dei Lavoratori testimonia il crescente malcontento popolare e la difficoltà del governo centrale di comprendere le esigenze del Sud. Una questione mai risolta.
Il mare resta una costante nella vita dei palermitani, una forza che incute rispetto e che plasma il loro carattere. I Florio, con le loro attività legate al commercio marittimo, incarnano il legame profondo tra la città e il suo mare.
“U’ mari unn’avi né chiese né taverne, dicono i pescatori anziani. Non ha luoghi in cui ci si può rifugiare, il mare, perché di tutto il creato è l’elemento più maestoso e sfuggente. L’essere umano non può che inchinarsi al suo volere.
Da sempre, i siciliani hanno capito una cosa: il mare porta rispetto solo a chi lo rispetta. È generoso: dà il pesce e il sale per il nutrimento, dà il vento per le vele delle barche, dà il corallo per i gioielli di santi e di re. Ma è anche imprevedibile e, in ogni istante, può riappropriarsi con violenza di quei doni. Per questo i siciliani lo rispettano, per questo lasciano che definisca la loro stessa essenza: che forgi il loro carattere, che segni la loro pelle, che li sostenga, che li sfami, che li protegga.
Il mare è confine aperto, in continuo movimento. Ecco perché chi vive in Sicilia è inquieto, e cerca sempre la terra oltre l’orizzonte e vuole scappare, cercare altrove ciò che spesso, alla fine della propria vita, scopre di avere sempre avuto accanto a sé.
Per i siciliani, il mare è padre. E se ne accorgono quando ne sono lontani, quando non possono sentire quell’odore forte di alghe e sale che li avvolge nel momento in cui il vento si alza, portandolo fin nei vicoli delle città.
Per i siciliani, il mare è madre. Amato e geloso. Imprescindibile. Talvolta crudele.
Per i siciliani, il mare è forma e confine della loro anima.
Catena e libertà.
Chi erano i Florio?
I Florio erano una famiglia di imprenditori originari di Bagnara Calabra. Nel 1799, i fratelli Paolo e Ignazio Florio si trasferirono a Palermo con l’obiettivo di fare fortuna. Iniziarono come commercianti di spezie, ma la loro ascesa fu rapida e inarrestabile. Ben presto, espansero le loro attività al commercio dello zolfo all’acquisto di terreni.
Oltre al commercio di spezie e zolfo, i Florio si distinsero in diversi settori. Vincenzo, figlio di Paolo, trasformò il Marsala, un vino da poveri, in un nettare apprezzato in tutto il mondo. A Favignana, Ignazio Florio rivoluzionò l’industria del tonno, introducendo il metodo di conservazione sott’olio in lattina. La famiglia investì anche nella navigazione, fondando la compagnia di navigazione Florio e successivamente acquisendo la Rubattino, creando la Navigazione Generale Italiana (NGI).
Dal primo volume è stata tratta l’omonima serie tv, diretta da Paolo Genovese e sbarcata su Disney+ il 25 ottobre.
Qui trovate il post dedicato I Leoni di Sicilia: recensione tra serie TV e Libro
Incipit – L’inverno dei Leoni
I FLORIO
1799 – 1868Originari di Bagnara Calabra, i fratelli Paolo e Ignazio Florio sbarcano a Palermo nel 1799, decisi a fare fortuna. Sono aromatari – commerciano in spezie – e la concorrenza è spietata, ma la loro ascesa appare subito inarrestabile e ben presto le loro attività si espandono: avviano il commercio di zolfo, acquistano case e terreni dagli spiantati nobili palermitani, creano una compagnia di navigazione… E questo impulso – nutrito da una caparbia determinazione – non si ferma neppure quando Vincenzo, figlio di Paolo, prende le redini di Casa Florio: nelle cantine di famiglia, un vino da poveri – il marsala – viene trasformato in un nettare degno della tavola di un re; a Favignana, un metodo rivoluzionario per conservare il tonno – sott’olio e in lattina – ne rilancia il consumo… In tutto ciò, Palermo osserva il successo dei Florio con un misto di ammirazione, d’invidia e di disprezzo: quegli uomini rimangono comunque «stranieri», «facchini» il cui sangue «puzza di sudore». Ed è proprio un bruciante desiderio di riscatto sociale che sta alla base dell’ambizione dei Florio e segna nel bene e nel male la loro esistenza pubblica e privata. Perché gli uomini della famiglia sono individui eccezionali ma anche fragili e – sebbene non lo possano ammettere – hanno bisogno di avere accanto donne altrettanto eccezionali: come Giuseppina, la moglie di Paolo, che sacrifica tutto – compreso l’amore – per la stabilità della famiglia, oppure Giulia, la giovane milanese che entra come un vortice nella vita di Vincenzo e ne diventa il porto sicuro, la roccia inattaccabile.
Vincenzo muore nel 1868, a neanche settant’anni, lasciando il destino di Casa Florio nelle mani dell’unico figlio maschio, il trentenne Ignazio, che ha sposato due anni prima la baronessa Giovanna d’Ondes Trigona, portando finalmente «sangue nobile» in famiglia. Ignazio è cresciuto nel culto del lavoro, nella consapevolezza che i Florio devono sempre guardare oltre l’orizzonte. E si appresta a scrivere un nuovo capitolo della storia della sua famiglia…
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