Incastrati. Storie vere e incredibili di condanne ingiuste è un libro scritto da John Grisham, insieme al fondatore di Centurion Ministries, Jim McCloskey, pubblicato in Italia il 19 novembre 2024, da Mondadori, tradotto da Luca Fusari e Sara Prencipe. In questo libro i due autori condividono dieci strazianti storie vere di condanne ingiuste, offrendo uno sguardo dall’interno all’ingiustizia affrontata dalle vittime del sistema giudiziario penale degli Stati Uniti, il tutto raccontato con la suspense avvincente che solo Grisham sa regalare, soprattutto nelle storie dove si superano le avversità quando la battaglia sembra già persa e le carte sono truccate.
“La nostra speranza è che troviate questo libro interessante e istruttivo, e che leggerlo possa darvi un nuovo punto di vista sulla fallibilità della giustizia penale americana: una prospettiva che forse, prima, non avevate.”
Centurion Ministries è un’organizzazione senza scopo di lucro, la cui missione è quella di scagionare persone innocenti che sono state ingiustamente condannate all’ergastolo o alla pena di morte. A tutt’oggi l’associazione ha liberato settanta persone condannate per crimini commessi da altri.
Trama del libro Incastrati
Immaginate di vivere in un incubo da svegli. Una cella, sbarre alle finestre, un letto troppo stretto. E, soprattutto, il peso di una condanna che non meritavate. Non è il plot di un romanzo noir, ma la realtà di molte persone innocenti che si ritrovano in carcere, accusate di crimini mai commessi. È un tema che John Grisham conosce bene e che, insieme a Jim McCloskey, ha deciso di affrontare in Incastrati.
Un principio fondamentale del nostro sistema legale americano è la presunzione di innocenza, ma una volta che qualcuno è stato dichiarato colpevole, c’è ben poco spazio per provare dubbi. Eppure, Incastrati racconta proprio questo: Dieci storie, dieci vite spezzate. Dieci vite costrette a sacrificare amici, famiglie, mogli e decenni in prigione, mentre i colpevoli rimanevano liberi. Storie che sembrano uscite dalla mente di uno scrittore, tanto sono assurde e tragiche, ma che purtroppo sono vere. E quando le leggi, ti rimane addosso quell’amaro in bocca, quel senso di incredulità che ti fa chiedere: com’è possibile? Com’è possibile che qualcuno perda decenni della sua vita, rischiando perfino la pena di morte, mentre i veri colpevoli sono là fuori, liberi?
“Spesso i veri assassini erano sotto gli occhi della polizia sin dal principio, e in due casi si trattava di testimoni chiave dell’accusa. Il DNA ha un ruolo importante in diversi casi, ma non nella maggior parte. Un elemento fisso sono invece le false dichiarazioni rese dalla polizia o dai civili in aula. “
Grisham e McCloskey non si fermano ai fatti. Indagano, scavano. Perché la domanda è sempre la stessa: da cosa nascono queste condanne ingiuste? La risposta non consola: razzismo, negligenza, collusioni, testimonianze false. E poi la corruzione, quella che serpeggia tra forze dell’ordine e tribunali, trasformando la giustizia in un gioco al massacro dove gli innocenti sono le vittime designate.
Ogni pagina di Incastrati è un pugno allo stomaco. Non solo per la crudeltà del sistema giudiziario americano, ma anche per il coraggio e la determinazione di chi lotta per restituire la libertà a chi l’ha persa senza motivo. È un racconto documentato con precisione chirurgica e narrato con il ritmo incalzante di un thriller, ma con un’umanità che ti entra dentro.
“Al contrario, le ingiuste condanne che vi stiamo per raccontare sono figlie della negligenza e dei raggiri architettati da inquirenti decisi a risolvere un caso o a ottenere una condanna ricorrendo a ogni mezzo, anche illecito”
E alla fine rimani lì, con una domanda che ti ronza in testa: se la libertà può vincere anche quando tutto sembra perduto, quanto costa davvero questa vittoria? E soprattutto, quante vite innocenti dovranno essere distrutte prima che qualcosa cambi davvero?
Incipit del libro Incastrati
Prefazione
John Grisham
Nel 2006 pubblicai Innocente, in cui raccontavo la vicenda di Ron Williamson, vittima di un’ingiusta condanna a morte, a cui riuscì a scampare per un soffio. Prima di allora non avevo mai preso in considerazione di scrivere non fiction – con i romanzi mi divertivo troppo –, ma la storia di Ron mi colpì molto. Da un punto di vista puramente narrativo era una vicenda irresistibile che chiedeva soltanto di essere scritta, un tragico racconto di sofferenza, corruzione, perdita, morte sfiorata, con un pizzico di redenzione e una conclusione che non si poteva certo considerare un lieto fine, ma che avrebbe potuto essere di gran lunga peggiore. Non mi ci volle molto per capire che ogni condanna ingiusta meriterebbe un libro tutto per sé.
Da allora ho conosciuto tante persone condannate ingiustamente e poi prosciolte, e le loro famiglie, i loro avvocati e patrocinatori, i loro compagni di cella. Le considero persone fantastiche, perché hanno saputo sopravvivere a incubi che noi non riusciamo nemmeno a concepire. Alla maggior parte di loro fa piacere raccontare la propria storia. Sono disposte a fare tutto il possibile pur di cambiare una giustizia penale corrotta ed evitare altre condanne ingiuste. A decine hanno scritto delle proprie traversie. In molte hanno chiesto a me di scriverne.
Dopo Innocente non ho mai smesso di pensare a una raccolta dei casi giudiziari più clamorosi, ma ci si è sempre messa di mezzo la ricerca. È sconfortante l’idea di dover leggere migliaia di pagine di atti processuali, verbali di polizia, deposizioni di testimoni che cambiano versione in ogni grado di giudizio, precedenti penali, rapporti dei rilievi scientifici e poi ricorsi, mozioni, memorie e ordinanze, scritti e depositati da avvocati e giudici un tanto al chilo, o così parrebbe. Nei romanzi, che sono quasi sempre opere di fantasia, gli autori si possono concedere di essere più pigri. La non fiction invece è brutale, perché richiede una ricerca meticolosa. Non puoi permetterti errori.
Conobbi Jim McCloskey una quindicina di anni fa, quando mi chiese di intervenire alla festa annuale della Centurion a Princeton. Dopo i primi dieci minuti di convenevoli e strette di mano, cominciammo a scambiarci aneddoti sulle vittime di condanne ingiuste. Le storie di Jim sono sempre le migliori, perché le ha vissute in prima persona. Ne fa parte. Ha reso possibili diverse assoluzioni setacciando le strade da costa a costa in cerca della verità. La Centurion ha contribuito al proscioglimento di una settantina di imputati, e Jim era quasi sempre presente quando i suoi assistiti sono usciti di prigione per tornare tra le braccia dei loro cari. Era presente quando hanno assaporato la libertà, e ne è stato l’artefice.
Qualche anno fa cominciammo a parlare di questa raccolta. L’idea era semplice: selezionare cinque casi a testa, i nostri preferiti, e raccontarli. Di per sé, sceglierne soltanto dieci tra i moltissimi candidati fu già un’impresa, e altrettanto lo fu imporci un limite di settantamila battute per racconto. Un compito impegnativo, perché ogni singola vicenda avrebbe potuto riempire una biblioteca. Infine stabilimmo che ciascuno dei due avrebbe scritto per conto proprio, consultandosi il meno possibile con l’altro.
Così ci mettemmo a scrivere, con l’intento di sensibilizzare i lettori riguardo a certe storture della giustizia penale americana e, nel nostro piccolo, di contribuire a evitarle. Questo libro è un tentativo di portare alla luce i terribili stratagemmi illeciti a cui le autorità hanno fatto ricorso pur di condannare persone innocenti.
E vorremmo che fosse anche uno stimolo allo spirito d’iniziativa politico di cui la società avrebbe bisogno per cambiare le leggi, le prassi e le procedure inique che sono alla base di ogni condanna ingiusta.
Jim McCloskey
Come ha scritto John, la nascita del nostro sodalizio e della nostra amicizia risale a quindici anni fa. Ci accomunavano l’interesse e la compassione nei confronti degli americani e delle americane che, caduti vittime di una giustizia penale profondamente fallace, avevano subito un’ingiusta condanna all’ergastolo o alla pena di morte. Nel 2020 John si offrì generosamente di scrivere la prefazione al mio libro When Truth Is All You Have, pubblicato da Doubleday, in cui racconto non soltanto la storia quarantennale degli scontri fra la giustizia penale americana e i membri della Centurion, portavoce di persone condannate a pene ingiuste, ma anche il viaggio personale che mi ha portato a fare questo lavoro.
Naturalmente è stato un onore sentirmi chiedere da John di scrivere questo libro a quattro mani. Abbiamo stabilito subito che ciascuno di noi avrebbe raccontato cinque storie vere di casi in cui persone innocenti, incredule e sgomente, erano state giudicate colpevoli di reati con cui non avevano assolutamente nulla a che fare. I cinque descritti da me sono casi a cui ho lavorato personalmente come coordinatore e investigatore capo. Selezionarli tra la settantina di persone scagionate dalla Centurion è stata una sfida degna di Salomone. Ho avuto la fortuna di poter attingere ai voluminosi archivi interni dell’associazione e ai moltissimi documenti raccolti in anni e anni di lavoro. Intendo, tra le altre cose, i verbali della polizia e dei procedimenti legali, gli atti processuali, le motivazioni delle sentenze, i rapporti dei nostri investigatori.
Il sottotitolo che abbiamo scelto è Storie vere e incredibili di condanne ingiuste. Posso garantirvi che, a prescindere da quanto conosciate l’argomento, la vostra reazione dopo aver letto queste storie sarà: “Ma è tutto vero?”. Domanda alla quale noi autori rispondiamo: “Sì, è tutto vero e succede molto più spesso di quanto immaginiate”. La nostra intenzione e la nostra speranza sono che per voi non sia soltanto una lettura avvincente, ma che rappresenti uno spaccato di quello che succede in tanti tribunali americani. Il nostro intento è portare alla luce gravi irregolarità radicate nel sistema della giustizia penale, che costringono decine di migliaia di anime innocenti ad agonizzare in prigione per un tempo incalcolabile.
Prima di essere scagionati e di tornare in libertà, i ventitré imputati caduti nella rete delle dieci condanne ingiuste che raccontiamo sono stati incarcerati senza ragione per decenni. Quattro erano nel braccio della morte, due di loro sono arrivati a pochi giorni dall’esecuzione, uno è stato tragicamente giustiziato. Forse vi sorprenderà leggere che la composizione razziale dei ventitré è più o meno equamente divisa tra dieci bianchi e tredici neri, a riprova del fatto che il colore della pelle non protegge da questo genere di ingiustizie.
Spesso i veri assassini erano sotto gli occhi della polizia sin dal principio, e in due casi si trattava di testimoni chiave dell’accusa. Il DNA ha un ruolo importante in diversi casi, ma non nella maggior parte. Un elemento fisso sono invece le false dichiarazioni rese dalla polizia o dai civili in aula. La nostra non è la cronaca di errori commessi in buona fede dalle forze dell’ordine, da testimoni oculari animati dalle migliori intenzioni o da consulenti legali che effettuano analisi oneste ma imprecise.
Al contrario, le ingiuste condanne che vi stiamo per raccontare sono figlie della negligenza e dei raggiri architettati da inquirenti decisi a risolvere un caso o a ottenere una condanna ricorrendo a ogni mezzo, anche illecito: istigazione a giurare il falso, accordi sottobanco con criminali in cambio di testimonianze concordate a tavolino, dichiarazioni e confessioni false estorte con la forza a testimoni e sospettati, utilizzo di periti giudiziari incapaci o privi di credibilità, soppressione di elementi probatori scagionanti presentati dalla difesa, o altri atti mirati a ostacolare la giustizia, e che finiscono per rovinare vite innocenti a vantaggio dei veri colpevoli.
Ciascun racconto è un vero e proprio giro sulle montagne russe che si conclude quasi sempre con la vittoria della verità e della giustizia; tuttavia, gli assolti e i loro cari la ottengono pagando un prezzo inimmaginabile a livello personale. Riottenuta la libertà, bisogna affrontare la durissima sfida di ricominciare da capo. A riprova di quant’è forte lo spirito umano, tanti reduci del carcere dopo un’ingiusta condanna hanno la volontà e la capacità di farlo, liberi dalla rabbia e dall’odio degli anni passati e in grado di perdonare, di apprezzare ancora di più le piccole cose della vita che la maggior parte di noi dà per scontate e di desiderare un’esistenza tranquilla e pacifica.
La nostra speranza è che troviate questo libro interessante e istruttivo, e che leggerlo possa darvi un nuovo punto di vista sulla fallibilità della giustizia penale americana: una prospettiva che forse, prima, non avevate.
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