La vita a volte capita è un romanzo di Lorenzo Marone, pubblicato il 5 novembre 2024, da Feltrinelli. Rompiscatole e beffardo, ma con un cuore d’oro: è tornato Cesare Annunziata, il personaggio che ha conquistato il cuore dei lettori nel romanzo La tentazione di essere felici.
“Perché così va a finire: passiamo la prima metà della vita a costruirci gabbie e la seconda metà a tentare
di distruggerle.”
Trama del libro La vita a volte capita
Brontolone, cinico, pigro e bugiardo: ecco la scheda di presentazione di Cesare Annunziata. Pensateci un attimo: un uomo che, per fare colpo sulla sua futura moglie, ha inventato di avere una collezione di scatolette di fiammiferi, e si è ritrovato a doverle collezionare davvero per oltre cinquant’anni. Adesso, vedovo e ottantenne, con mille dolori e giornate che si trascinano vuote, Cesare si ritrova a vivere un agosto in una città che pare deserta.
Nel suo condominio al Vomero, gli inquilini sono un gruppo selezionato: la dirimpettaia gattara, sempre attaccata alla telecamera che punta verso il pianterreno; l’amico storico, con cui Cesare è bloccato da anni nella stessa partita di scacchi; e Lady Blonde, l’adolescente che non si stacca mai dal suo smartphone. E poi ci sono i ricordi, quelli insidiosi che si infilano dappertutto, come se avessero un abbonamento per entrare nel suo cervello. Proprio lui, che si è sempre vantato di essere immune ai sensi di colpa, si ritrova a fare i conti con mille domande. E se nella vita avesse avuto il coraggio di essere più risoluto, più dolce, più accogliente? E se avesse osato lasciare la moglie? E se avesse speso più tempo con i figli? E se, alla fine, avesse completamente sbagliato tutto?
Poi, un giorno, al parco dove porta a spasso Batman, il cane che gli è stato affidato dalla figlia, Cesare nota una ragazza dai capelli corti e spruzzati di viola. Si chiama Iris e nei suoi occhi c’è una fragilità che sembra familiare. Inizia così una goffa ma tenera amicizia, e Cesare scopre, con stupore, di trovare conforto in questa nuova connessione. Improvvisamente, si rende conto che ci sono persone di cui deve, e vuole, prendersi cura, e questa scoperta lo fa sentire vivo. Non c’è più spazio per rimuginare, ma solo per agire, per aiutare. Perché la vita, a volte, si presenta quando meno te lo aspetti, e sta a noi trovare il coraggio di afferrarla al volo.
“Significa che nel nostro piccolo viaggio dobbiamo cercare la bellezza, la minuscola poesia, l’amore, e condividerli. Dobbiamo arrivare a fioritura, come il mio ulivo un giorno, si spera. Non c’è altra strada, nessun trucco; non stare a sentire chi ti dirà il contrario, non cercare più del pane quotidiano, non aspettare sempre qualcosa, che mentre aspetti ti perdi.”
Incipit del libro La vita a volte capita
Stanco
“Pensi mai a quante altre vite avresti potuto vivere?”
Fu mia moglie a chiedermelo, una mattina piovosa. Era distesa sul letto, io le ero seduto accanto e come ogni giorno a quell’ora sfogliavo il giornale. Tolsi lo sguardo dalle notizie e la sbirciai di sottecchi, con le lenti sulla punta del naso: le ritrovai il volto ceruleo, le borse sotto gli occhi, le guance scavate e piene di grinze. Si era fatta davvero bruttina, pensai.
“Hai sentito che ti ho chiesto?” incalzò lei, la voce rauca e afona.
“No.”
“Se pensi mai a quante altre vite avresti potuto vivere. Se credi di aver speso bene il tuo tempo.”
Sospirai, quindi poggiai il quotidiano sulle ginocchia, mi sfilai gli occhiali. “Vuoi bere?” le chiesi.
Lei fece di no col capo, restò a guardarmi. Io non seppi che dire, e tornai a leggere.
Il ticchettio della sveglia sul comodino scandiva i secondi.
“Bravo, non controbattere, come hai fatto per tutta la vita…”
Sospirai di nuovo, non riuscivo a terminare l’articolo. Lei sistemò le lenzuola con gesti nervosi, voleva litigare. Dopo quasi mezzo secolo, desiderava ancora litigare.
“La verità, Cesare Annunziata, è che tu per più di settant’anni hai dormito.”
Sbuffai, nascosto dietro le pagine. Avrei solo voluto finire di leggere il pezzo sulle Antille Olandesi che, dopo vari referendum, avevano cessato di esistere come entità unitaria.
“Cesare…”
“Eh…”
“Mi ascolti?”
“Vuoi bere?”
“No, per Dio!” urlò lei tra i denti, e con una manata colpì il materasso.
Aveva conquistato la mia attenzione.
Deglutì e riprovò: “Per più di settant’anni hai dormito”.
Restò a squadrarmi, e non capii se la sua espressione tradiva più odio o disistima. Ripresi a leggere.
“Perché?” proseguì lei, imperterrita.
“Perché cosa?” chiesi, sfatto, chiudendo il giornale.
“Perché hai dormito per tutta la vita?”
Ci pensai su più del dovuto. E alla fine risposi: “Stavo stanco”.
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