
Miss Bee e il fantasma dell’ambasciata è un romanzo giallo mistery a tinte chiare, scritto da Alessia Gazzola, pubblicato il 18 marzo 2025 da Longaresi. Terzo capitolo delle avventure di Beatrice Bernabò, per gli amici Miss Bee, l’irresistibile detective improvvisata nella Londra degli anni Venti con imperdibili atmosfere alla Agatha Christie.
“Beatrice si stava accorgendo che quello stato di cose, quel trovarsi in faccende che come minimo erano strane per non dire peggio, le induceva un senso di eccitazione, leggero ma nondimeno conturbante.”
Trama del libro Miss Bee e il fantasma dell’ambasciata
Londra, 1925. Per cercare di evitare ulteriori disastri, Leonida Bernabò ha finalmente trovato la soluzione perfetta per la sua scapestrata e irrequieta secondogenita, Beatrice: un impiego sicuro e di prestigio presso l’ambasciata italiana. Così, Miss Bee si ritrova a destreggiarsi tra compiti segretariali e incontri mondani, come il ricevimento organizzato in onore di una delegazione proveniente da Firenze, la sua città natale. Il direttore degli Uffizi e la sua collega archeologa sono accolti insieme a Edoardo, il figlio dell’ambasciatore, accompagnato dalla fidanzata Elisa. Non mancano nemmeno il visconte Julian Lennox, verso il quale Beatrice nutre sentimenti che, sebbene non lo ammetta nemmeno a se stessa, sono più forti e confusi di quanto vorrebbe , e la sua fidanzata, Lady Octavia.
“«Lady Charteris sposerà Julian Lennox, il visconte di Warthmore.» Dirlo ad alta voce riusciva quasi a non farle più male, non più del constatare che d’inverno fa freddo e d’estate fa caldo.”
Ma durante le notti successive, nell’ambasciata iniziano a verificarsi strani fenomeni: rumori misteriosi, sussurri nel buio, presenze che inquietano. L’unica spiegazione che sembra dare un senso a tutto questo è quella più incredibile: un fantasma. Ma le cose peggiorano, e l’ombra di una minaccia sempre più concreta si fa sentire. È necessario l’intervento della polizia, in particolare dell’ispettore capo Archer Blackburn, un volto che Beatrice conosce bene e che porta con sé un’aura di fascino e mistero.
“L’ispettore capo Archer Blackburn si era appena seduto alla scrivania con una sigaretta accesa tra le labbra. I tasti della sua Underwood erano pronti a essere elegantemente strapazzati dalle sue dita lunghe per stilare un rapporto, quando alla porta bussò l’agente Shelby.
«Al telefono, capo.»
«Chi è?»
«Una ragazza. Miss Barnaby? O forse Miss Barnabow?»
Impassibile, Archer diede un tiro alla sua sigaretta come se fosse l’ultima della sua vita e la spense. Si avviò quindi verso il telefono, posto nel corridoio di fronte al suo ufficio.
«Blackburn.»
«Ispettore capo…»
«Buongiorno, Miss Bernabò» esordì lui, poggiando una spalla alla parete dall’intonaco lievemente crepato come per farsene abbracciare. «Come posso servirvi?»”
C’è davvero un fantasma nell’ambasciata? O dietro a questi eventi si cela qualcosa di più tangibile e pericoloso? Tra emozioni represse e inquietudini notturne, sarà proprio Beatrice, la giovane e intraprendente Miss Bee, a scoprire la verità, ben oltre ciò che il padre aveva immaginato.
Chi è Beatrice Bernabò, nota come Miss Bee
Beatrice Bernabò, conosciuta da tutti come Miss Bee, è la protagonista di una deliziosa serie di romanzi ambientati nei ruggenti anni Venti del Novecento, scritta da Alessia Gazzola. Beatrice è una giovane italiana dalla personalità vivace e dal temperamento curioso, trasferitasi a Londra con le sue sorelle e il padre Leonida, un illustre professore di italianistica.
Tra atmosfere eleganti e intrighi dal sapore britannico, Miss Bee si muove con disinvoltura in un mondo sospeso tra tradizione e modernità, affrontando misteri intricati e, inevitabilmente, situazioni che sfiorano il romanticismo.
Il primo capitolo della serie, “Miss Bee e il cadavere in biblioteca”, prende il via durante una sontuosa cena nella residenza di Mrs. Ashbury, un’eccentrica aristocratica. Beatrice, che non si accontenta mai di osservare senza agire, si ritrova coinvolta in un mistero che intreccia omicidi e sentimenti, complicando ulteriormente il suo rapporto con due uomini altrettanto enigmatici.
Nel secondo romanzo, “Miss Bee e il principe d’inverno”, l’azione si sposta nella suggestiva cornice del Derbyshire. Qui, tra le stanze austere e gelide di Alconbury Hall, Beatrice veste i panni di segretaria per Lady Millicent Carmichael, ma si imbatte presto in un nuovo enigma da risolvere.
Nel terzo romanzo, “Miss Bee e il fantasma dell’ambasciata“, Beatrice Bernabò, impiegata presso l’ambasciata italiana, si ritrova coinvolta in strani fenomeni, tra cui rumori misteriosi e presenze inquietanti. Con l’aiuto dell’ispettore Archer Blackburn, dovrà scoprire se c’è davvero un fantasma o una minaccia concreta.
Ogni libro è una finestra su un’epoca affascinante, dove l’ironia e il gusto per il dettaglio convivono con la voglia di scoprire, di esplorare e, ovviamente, di innamorarsi.
Incipit del libro Miss Bee e il fantasma dell’ambasciata
LONDRA, MARZO 1925
1 Afrodite pudica
Beatrice Bernabò doveva cambiare due omnibus per arrivare da South Kensington a Grosvenor Square, dove si trovava l’ambasciata d’Italia in Gran Bretagna. Andavano altresì aggiunte varie tratte a piedi, per un totale di quasi un’ora di tragitto.
Eppure, lei amava la vita da ragazza di città: era un rituale quotidiano di libertà.
Era appena salita sul grosso veicolo marrone sovrastato dalla grande targa della Mazawattee – uno degli omnibus considerati abusivi, ma era comodo quindi andava bene – quando scorse Emily Jenkins, una ragazza che aveva iniziato da poco, come lei, a lavorare in ambasciata in qualità di cameriera a ore. A Beatrice capitava spesso di incontrarla. Doveva avere anche lei suppergiù vent’anni; il viso era punteggiato di lentiggini, le ciglia erano lunghe in modo naturale e in quanto tali assai invidiabili, i capelli erano del luminoso colore di una bella mietitura, il sorriso furbetto grazie a un lieve disallineamento della dentatura ben lontano dall’essere di disturbo.
«Vi ho tenuto il posto libero perché ho visto che salite a Piccadilly» le spiegò la ragazza, indicando il sedile.
A Beatrice parve un delizioso gesto di cortesia e la raggiunse, trovandola intenta a mangiare dei biscottini che prendeva da una piccola scatola di latta. Emily era incurante delle briciole che le si raccoglievano in grembo.
«Miss Bernabò, sapete quando arriveranno gli ospiti?» le domandò Emily.
«Domani» replicò Beatrice.
Il giorno successivo, infatti, l’ambasciata italiana si sarebbe animata. Due membri del comitato scientifico della Galleria degli Uffizi sarebbero giunti in visita per richiedere, in nome del Regno d’Italia, la restituzione dell’Afrodite pudica, una statua di epoca ellenistica che, a dire dell’Italia, era stata trafugata nel Settecento da Lord Robert Charteris, quarto conte di Durrington, un diplomatico inglese in visita a Roma. La statua si trovava oggi a Waterford House, di proprietà dell’odierno Lord Durrington, il padre di Lady Octavia Charteris.
«Ah, sì. La teniamo nella sala da bagno» aveva detto quest’ultima, quando Beatrice le aveva telefonato. Beatrice aveva quindi appreso che la trattativa tra Italia e Regno Unito era avviata già da qualche tempo e che il padre di Octavia, Lord Durrington, era appunto invitato presso l’ambasciata per conferire con i membri del comitato scientifico, e la figlia lo avrebbe accompagnato.
Era, quella, proprio un’incantevole casualità.
«Domani» ripeté quindi Emily Jenkins, «arriverà anche il figlio di Sua Eccellenza con la sua fidanzata. Mrs. Taylor non ci fa avvicinare alle stanze, dice che solo Mildred è all’altezza.»
Edoardo Verduno Conti era figlio unico, aveva ventisei anni, aveva studiato Scienze economiche a Londra ed era stato a Firenze per una lunga visita alla signorina Elisa Cavaciocchi, con cui era fidanzato dalla nascita se non già da prima.
Nei quasi cinque anni vissuti a Londra, Beatrice lo aveva incrociato soltanto in occasione di alcune cene, poche volte, considerando i rapporti di antica amicizia tra Leonida Bernabò e Gianandrea Verduno Conti. Secondo sua sorella Clara, l’ambasciatore e la moglie Margherita preferivano evitare che il figlio incontrasse troppe volte le ragazze Bernabò: l’amicizia tra loro non era da incoraggiare.
L’omnibus percorreva intanto Regent Street verso Oxford Street. La giornata era soleggiata e Beatrice pensava: manca poco e sarà primavera.
«Come si arriva fin qui dall’Italia, Miss Bernabò?»
Beatrice ricordava bene il suo viaggio di cinque anni prima. Quando era stata ufficializzata la nomina come docente di Italianistica in Gran Bretagna, suo padre Leonida, lei e le sue sorelle Clara e Lucilla avevano preso un primo treno da Firenze a Milano e lì erano saliti sul Simplon Orient Express che dal 1919 passava attraverso il traforo del Sempione.
Raccontò il tragitto con dovizia di particolari a Emily, che li bramava perché non era mai uscita dall’Inghilterra. A Beatrice fece piacere rievocare la carrozza in cui aveva dormito, decorata come un salottino vittoriano, la sosta a Parigi («Oddio, Parigi!!!» esclamò Emily), la mareggiata tra Calais e Dover – Lucilla aveva vomitato tutta la torta che aveva mangiato, una colata calda e acida di cioccolata che aveva rovinato per sempre il bel cappottino nuovo – e poi il treno fino a Londra. Era stato un viaggio lungo, faticoso e costoso, per le loro modeste economie, ma Beatrice era consapevole di quanto dovesse risultare desiderabile per una ragazza come Emily, che sognava l’avventura.
«Quindi, insomma, il figlio di Sua Eccellenza e la sua fidanzata arriveranno ben stanchi.»
«Ci puoi giurare» commentò Beatrice, che riteneva di non essersi ancora ripresa da allora.
O probabilmente no: avrebbero viaggiato in prima classe con tutti i comfort del caso. C’era da aspettarsi che la signorina Cavaciocchi avesse una cameriera personale che le portava i bauli, cosa importava se poi alla malcapitata fosse venuta la sciatica.
«Miss Bernabò, posso farvi un’ultima domanda?»
«Certo» replicò Beatrice, con uno sguardo su Berkeley Square, una delle sue piazze preferite di tutta Londra.
«Lo sentite mai, voi, il fantasma?»
Beatrice abbandonò il finestrino e si voltò verso Emily. «Fantasma?» ripeté, perplessa.
«C’è un fantasma che infesta l’ambasciata, lo sanno tutti!»
«È la prima volta che ne sento parlare! Che storia c’è dietro?» incalzò quindi Beatrice, che aveva una certa inclinazione verso le storie gotiche (non a caso divorava i romanzi di Carolina Invernizio).
«Una storia tristissima, come tutte le storie di fantasmi» rispose Emily, con aria cospiratoria.
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