L’uomo vestito di marrone è un romanzo di Agatha Christie, pubblicato per la prima volta nel 1924, e rappresenta una delle opere meno conosciute ma altrettanto affascinanti della scrittrice. A differenza dei suoi romanzi più celebri con Hercule Poirot o Miss Marple, questo libro non è incentrato su un investigatore professionista, ma su una giovane donna, Anne Beddingfeld, che si ritrova coinvolta in una serie di misteri.
“Questi i particolari pubblicati dal “Daily News”, e “cercate l’uomo vestito di marrone” divenne il grido di guerra del giornale. Circa cinquecento persone al giorno scrivevano di essere sulla buona traccia dell’assassino e molti giovanotti alti e abbronzati dal sole ebbero tutte le ragioni di maledire il momento in cui si erano lasciati persuadere dal loro sarto a farsi confezionare un vestito marrone.”
La trama del libro “L’uomo vestito di marrone”
Il romanzo prende il via con un incidente che potrebbe sembrare uno dei tanti avvenimenti tristi che accadono nelle metropolitane affollate, ma questo è diverso. Un uomo cade sui binari nella stazione di Hyde Park, e non è una semplice caduta. Il suo volto è un misto di terrore e smarrimento, come se avesse visto qualcosa che nessun altro può immaginare. Qualcosa che lo ha fatto scivolare in quella morte improvvisa e violenta.
A osservare la scena, c’è una giovane donna, Anne Beddingfeld. È appena arrivata a Londra, lasciando alle spalle il suo piccolo paese inglese, con la speranza di una vita nuova, ma si trova subito a fare i conti con qualcosa di molto più oscuro. Non c’è tempo per le lacrime. Un uomo vestito di marrone che dice di essere un medico accorre subito sulla scena, dà un rapido esame al corpo e pronuncia la sentenza: morte, poi si allontana velocemente e, distrattamente, lascia cadere un piccolo foglietto di carta. Anne lo raccoglie e ci legge sopra: “17.1.22 Kilmorden Castle”. Una data, un nome. E un dubbio che si fa largo nella sua mente.
Perché quell’uomo era così spaventato? Cosa ha visto prima di cadere? Quando la polizia non sembra dare peso alle sue domande, Anne comincia a indagare. Un invito trovato nelle tasche del defunto a visitare una casa da affittare, un dettaglio insignificante per gli altri, ma che per Anne sembra l’indizio di una verità nascosta. Così come la stessa casa, Mill House a Marlow, dove verrà ritrovato il corpo di una donna strangolata, un altro tassello che spinge la sua curiosità a superare il confine dell’ovvio.
La polizia non presta attenzione, ma il suo istinto le dice che c’è qualcosa di più. Decide di rivolgersi all’editore del Daily Budget, che le promette una ricompensa per ogni altra informazione utile. È il via per una lunga avventura, un cammino che la porta a scoprire che la Kilmorden Castle non è solo un nome, ma una nave in partenza per il Sud Africa. La sua indagine, nata da una curiosità quasi infantile, è ormai un richiamo a un mistero che non si può ignorare.
“Per la prima volta cominciavo a perdere il sangue freddo. Ero il granellino di sabbia che impedisce il perfetto funzionamento della macchina potente e m’immaginavo che la macchina non avrebbe tardato molto a liberarsi dei granellini di sabbia. “
Recensione
Questo romanzo merita un posto di rilievo nella vastissima produzione di Agatha Christie, qui non c’è il solito detective, il metodo logico, l’investigazione scientifica. C’è una giovane donna, Anne Beddingfeld, la protagonista del romanzo, che ha sete di avventura e, dopo la morte dell’amato padre, il professor Beddingfeld, famoso paleontologo, si getta allo sbaraglio e si trova a fronteggiare un mistero che si dipana tra omicidi, inganni e ombre minacciose, ma senza l’aiuto di un esperto in crimini.
“Era un genio, e i geni, si sa, dimostrano la più grande indifferenza per le necessità della vita quotidiana. Papà mangiava quello che gli veniva messo davanti, ma appariva leggermente irritato quando si trattava di dover pagare quello che aveva mangiato. Il fatto è che eravamo sempre a corto di denaro: la sua celebrità non era di quelle che vengono riconosciute in moneta sonante.”
La trama è un gioco sottile, quasi un tentativo di comprendere quanto l’intrigo sia spesso nelle mani di chi, per caso, si ritrova protagonista di una storia più grande di sé. Una storia dove la verità è sempre a un passo, ma sfugge, come il passo silenzioso di quell’uomo misterioso vestito di marrone. A differenza di tanti altri personaggi dell’autrice, che rimangono più simboli che persone, Anne non è una figura congelata nel tempo, si sviluppa, cresce, cambia, è uno dei personaggi più vivaci e moderni creati da Christie, con una forte volontà, spirito di osservazione e desiderio d’indipendenza
La storia è narrata non solo attraverso gli occhi di Ann ma anche di sir Eustace Pedler con estratti dal suo diario, con il suo punto di vista l’intera vicenda acquista un’altra sfumatura, un nuovo angolo di osservazione.
Questo romanzo offre un’interpretazione originale del giallo e dell’avventura, mescolando con maestria mistero, azione e spionaggio e anche un pizzico di romanticismo, merita di essere riscoperto, senza dubbio.
Curiosità
Qualche tempo prima di accingersi alla stesura del giallo, Agatha Christie aveva avuto modo di compiere un lungo viaggio attorno al mondo, durato dieci mesi, in compagnia del marito.
Lei stessa scrive:
“L’entusiasmo con cui ero partita, tuttavia, si smorzò ben presto. A bordo del Kildonan Castle tutto sembrava perfetto finché il mare non cominciò a gonfiarsi. Il golfo di Biscaglia era estremamente agitato. Rimasi sdraiata nella mia cabina, gemendo, prostrata dal mal di mare. Per quattro giorni giacqui profondamente abbattuta, senza riuscire a trattenere niente. Alla fine Archie chiamò il dottore perché mi visitasse. Non credo che questi avesse mai dato molto peso al mal di mare, perché mi propinò qualcosa tanto per calmare un po’ lo stomaco. Ma il rimedio non ebbe il minimo effetto, perché non faceva in tempo a entrare che veniva immediatamente respinto. Continuai così a lamentarmi, sentendomi più di là che di qua, e forse avendone anche l’aspetto, perché una vicina di cabina, che mi aveva lanciato qualche occhiata attraverso la porta, chiese con molto interesse all’assistente di bordo se per caso fossi già morta. Una sera affrontai apertamente Archie “se sono ancora viva, quando arriveremo a Malera, lascerò per sempre questa nave”.”
In questo romanzo compare per la prima volta, quasi in silenzio, ma con quella presenza che non si dimentica, il Colonnello Johnny Race. Non è il protagonista, ma è uno di quei personaggi che sembrano stare sullo sfondo, e invece sono ovunque. Si trova spesso a partecipare alle indagini ma solo parzialmente. E’ un ex colonnello dell’esercito estremamente intelligente che ha ricoperto il ruolo di capo della divisione di controspionaggio dell’agenzia di spionaggio britannica MI5. È immensamente ricco, avendo ereditato la fortuna. Il colonnello lo ritroviamo in quattro libri dell’autrice, in particolare nel ruolo del caro amico di Hercule Poirot in Carte in tavola e Assassinio sul Nilo e poi in Giorno dei morti. È noto per la sua pazienza, compostezza e capacità di individuare rapidamente i fatti senza che nessuno se ne accorga.
“un individuo alto, dal piglio militaresco e con il viso abbronzato… Era un uomo sulla quarantina, con i capelli leggermente brizzolati sulle tempie. Era l’uomo più bello che ci fosse a bordo.”
“Il colonnello è un uomo strano. In mezzo alla gente, nessuno se ne accorge, ma, trovandosi soli con lui, la sua potente personalità finisce quasi per incutere un senso di oppressione. Spesso, poi, diventa più taciturno che mai, eppure il suo silenzio dice molte cose.”
Incipit del libro “L’uomo vestito di marrone”
1
Tutti mi stanno dietro, da un pezzo, perché scriva questo racconto. Ammetto di possedere alcuni requisiti necessari per assolvere il compito: mi sono trovata in questa faccenda fin dall’inizio e sono stata trionfalmente presente alla “morte”. Per colmo di fortuna, le lacune della mia conoscenza diretta saranno riempite dal diario di Sir Edward Pedler, che mi ha dato il permesso di farne l’uso che credo.
Attenzione: Ann Beddingfeld inizia il racconto delle sue avventure.
Avevo sempre avuto la smania della vita avventurosa. Mio padre, il professor Beddingfeld, era considerato una delle maggiori autorità viventi nello studio delle origini dell’uomo. Il suo intelletto spaziava intorno all’età paleolitica, e l’unico suo guaio era di esser costretto a vivere con il corpo in questo nostro mondo moderno.
Disgraziatamente non è sempre possibile fare a meno dei mezzi della vita moderna. Siamo costretti ad avere rapporti con il macellaio, il fornaio, il lattaio, l’ortolano. E poiché mio padre era immerso nel passato, e la mamma era morta quando io ero piccola, toccava a me occuparmi del lato pratico della vita. Devo dire, onestamente, che odio l’uomo paleolitico. Tuttavia ero costretta a dattilografare e correggere quasi tutto il libro di mio padre su L’uomo di Neanderthal e i suoi antenati.
Non so se il professore indovinava la mia opinione a questo proposito: è probabile di no e in ogni modo se ne sarebbe curato poco, allo stesso modo in cui dimostrava la più grande indifferenza per le necessità della vita quotidiana. Mangiava quello che gli veniva messo davanti, ma appariva leggermente irritato quando si trattava di dover pagare quello che aveva mangiato. Il fatto è che eravamo sempre a corto di denaro: la celebrità di mio padre non era di quelle che vengono riconosciute in monete sonanti.
Come ho già detto, desideravo una vita avventurosa, e sembrava, invece, che fossi condannata a una meschina esistenza.
Eppure, sebbene non lo sospettassi neppure lontanamente, il momento dell’avventura si avvicinava a grandi passi. Una mattina scesi dalla mia camera per cercare mio padre nel suo studio. Lo trovai così eccitato da farmi temere per lui un colpo apoplettico.
– Comprendi, Ann? Esistono senza dubbio delle rassomiglianze tra il cranio rinvenuto a Broken Hill, nella Rhodesia, e il cranio di Giava, ma superficiali solo superficiali. No, qui ci troviamo di fronte a ciò che ho sempre sostenuto la forma ancestrale della razza di Neanderthal. Ammetti che il cranio di Gibilterra sia il più primitivo tra tutti quelli neanderthalesi la culla della razza era in Africa, da dove passò poi in Europa –
– La marmellata non va mangiata con le aringhe, papà – lo interruppi in fretta, fermando in tempo la mano del mio distratto genitore. – Stavi dicendo? –
– Passò in Europa nel… Non poté proseguire, colpito da un improvviso attacco di tosse.
– Ma dobbiamo partir subito – dichiarò alzandosi da tavola, appena ebbe finito di fare colazione. – Non bisogna perdere tempo. Dobbiamo essere subito sul posto. Vuoi scrivere oggi stesso a Cook, Ann?-
– E per il denaro come facciamo, papà? – azzardai io.
– Scrivi ai miei editori. –
Acconsentii senza entusiasmo: i libri del professor Beddingfeld procuravano più gloria che denaro.
Pochi minuti dopo mio padre uscì di casa. Ritornò a sera inoltrata e, con mio grande sgomento, mi accorsi che era senza soprabito e senza sciarpa.
– Me li sono tolti per entrare nella caverna. Ci si insudicia tanto, là dentro! –
Mio padre tossì tutta la sera; la mattina dopo, accorgendomi che aveva la febbre, mandai a chiamare il medico.
Il professor Beddingfeld, mio padre, è sempre stato sfortunato: fu colpito da una polmonite doppia e quattro giorni dopo morì.
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