Lettera alla Rowling che mi ha insegnato ad amare la diversità.
C’è una Rowling che porto con me.
Quella che, anni fa, scrisse di un bambino con una cicatrice in fronte e con il cuore più grande del destino che lo attendeva. Quella che ci ha insegnato che la vera magia è scegliere la gentilezza, che l’amicizia può essere una forma di ribellione e che le differenze, tutte, sono ponti non barriere.
È quella Rowling che io continuo ad amare.
E continuerò a farlo.
C’è una frase che mi accompagna da tempo:
ogni lettore, quando apre un libro, porta con sé l’autore che desidera.
Io porto quella Rowling.
Non quella che oggi festeggia una sentenza che esclude, che difende un’idea di donna che taglia fuori altre donne.
Non quella che brandisce la visibilità come un’arma politica, dimenticando quanto può essere fragile la pelle di chi si sente già ai margini.
Perché c’è una dissonanza, sì.
E non è solo tra parole e azioni: è tra ciò che ci hai insegnato e ciò che oggi difendi.
Un cortocircuito. Una frattura.
Ma vedi, i tuoi libri non ti appartengono del tutto.
Appartengono a chi li ha letti con il cuore spalancato.
A chi ci ha trovato rifugio, forza, consolazione.
I valori che hai seminato in quelle pagine hanno messo radici altrove, nel cuore dei lettori e sono cresciuti, hanno preso vita propria.
Come se la magia, una volta evocata, non potesse più essere rinchiusa. Nemmeno da chi l’ha creata.
E forse, Rowling, dovresti rileggerli.
Riascoltare le parole di McGranitt, che protegge gli studenti e si oppone all’autorità ingiusta.
Rivedere i draghi, i mezzosangue, gli elfi liberi, ricordare che la vera giustizia non esclude, non seleziona, non difende i diritti di alcuni a scapito di altri.
Perché no, Minerva McGranitt non potrà mai diventare Dolores Umbridge.
E se oggi qualcuno, anche in buona fede, rischia di assomigliarle,
allora è giusto sollevare lo sguardo e nominarlo.
Con chiarezza e coscienza.
Io continuerò ad amare Harry Potter.
Continuerò a portare con me quella Rowling che parlava con la lingua del cuore.
Anche se oggi il suo volto pubblico mi appare distante, quasi irriconoscibile.
Perché i libri, quando ci entrano dentro, resistono persino agli errori dei loro autori.
E perché la magia più grande, quella vera, resta sempre il coraggio di credere nella luce, anche quando non la si vede.
Scritto da Mariangela Galletta, trovate i suoi interessanti scritti su Substack